Page 23 - L’Amicizia Spirituale
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iniziare un’amicizia per poi vederla tramutata in odio. Per questo
pensano che sia meglio legarsi ad una persona, mantenendo la libertà di
poterla abbandonare in ogni momento; insomma, “tenere sciolte le briglie
dell’amicizia in modo da poterle tirare o allentare a piacere”.
Luca: Avremmo proprio faticato per niente allora, tu a parlare e noi ad
ascoltare, se il nostro desiderio di amicizia svanisse con tanta facilità,
dopo che tu in tanti modi ce l’hai raccomandata come cosa estremamente
utile e santa, tanto gradita a Dio e tanto vicina alla perfezione. Lasciamo
pure questa opinione a chi desidera amare oggi in modo tale da esser
libero di odiare domani; a chi vuole essere amico di tutti senza essere
fedele a nessuno; a chi oggi è pronto alla lode e domani all’insulto; oggi a
coccolare e domani a mordere; a chi un giorno regala baci e il giorno
dopo insulti: questa amicizia si compra per pochissimo, e basta un’offesa
da niente per farla svanire.
Marco: Credevo che le colombe fossero prive di fiele. Comunque, spiegaci
come si può confutare questa opinione che dispiace tanto a Luca.
Aelredo: C’è una magnifica risposta in Cicerone: “Tolgono il sole dal
mondo quelli che tolgono l’amicizia dalla vita, poiché non abbiamo da
Dio niente di meglio, niente che ci renda più felici”. Non è per niente
saggio rifiutare l’amicizia per evitare le sollecitudini e gli affanni e
liberarsi dal timore, quasi che ci sia una qualche virtù che possa essere
acquistata e conservata senza impegno. Forse che in te la prudenza riesce
a lottare contro gli errori, o la temperanza contro l’impurità, o la giustizia
contro la malizia senza che tu debba fare una grande fatica? Dimmi chi,
soprattutto nell’adolescenza, riesce a custodire la sua purezza, o a frenare
l’istinto che fa follie dietro tante voglie, senza grande sofferenza? Sarebbe
stato stolto dunque l’apostolo Paolo, visto che non volle vivere libero
dalla sollecitudine per gli altri, ma, spinto dalla carità, che era per lui la
virtù più grande, si fece debole con i deboli, e sofferente con chi soffriva.
E in più aveva nel cuore una grande tristezza, una pena continua per
quelli che erano suoi fratelli secondo la carne.
Avrebbe dovuto abbandonare la carità se avesse voluto vivere senza tanti
dolori e paure, ora per partorire di nuovo quelli che aveva generato alla
fede; curando i suoi come una madre, rimproverando come un maestro;
ora con la paura che la loro mente si potesse corrompere e allontanare
dalla fede; ora lottando per la loro conversione con tanto dolore e
piangendo per quelli che non volevano convertirsi. Vedete dunque come
eliminano dal mondo le virtù quelli che vogliono evitare la fatica che le
accompagna. Forse fu stolto Cusai l’Archita quando, fedele fino in fondo
all’amicizia che aveva nei confronti di Davide, preferì l’affanno alla
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