Page 10 - L’Amicizia Spirituale
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stesse cose, rifiutare le stesse cose”, ritenendo così di obbedire alle leggi
                  dell’amicizia. Un’amicizia del genere non nasce da una scelta deliberata,
                  non  è  messa  alla  prova  dal  giudizio,  non  è  diretta  dalla  ragione,  ma  è
                  spinta qua e là sotto l’urgenza disordinata del semplice sentimento. Una
                  simile amicizia non osserva misura alcuna, non cerca cose oneste, non si
                  sforza di prevedere ciò che è utile e ciò che non lo è, ma si butta su tutto
                  in modo sconsiderato, imprudente, superficiale ed eccessivo. Così, come
                  agitata dalle furie, si autodistrugge e, con quella stessa leggerezza con cui
                  era nata, prima o poi si spegne.
                  L’amicizia mondana, invece, quella che nasce dal desiderio di cose o beni
                  temporali, è sempre piena di frodi e inganni. In essa niente è certo, niente
                  è costante, niente è sicuro, proprio perché tutto cambia col volgere della
                  fortuna  e...  della  borsa.  Per  questo  sta  scritto:  “C’è  infatti  chi  è  amico
                  quando gli fa comodo, ma non resiste nel giorno della tua sventura” (Sir
                  6,8).  Se  togli  la  speranza  di  guadagnare,  subito  sparirà  anche  l’amico.
                  Questa  amicizia  è  stata  ridicolizzata  con  versi  eleganti:  “Non  della
                  persona, ma della prosperità è amico colui che la dolce fortuna trattiene,
                  ma quella amara mette in fuga”. Però, a volte, ciò che fa nascere questo
                  tipo di amicizia viziosa conduce alcuni a un certo grado di amicizia vera:
                  mi  riferisco  a  quelli  che  all’inizio,  in  vista  di  un  guadagno  comune,
                  contraggono un legame di fiducia reciproca che resta sì basato sul denaro
                  iniquo,  ma almeno  nelle  cose umane raggiungono una grande  sintonia.
                  Però questa  amicizia non può  in alcun  modo essere  ritenuta vera, dato
                  che nasce e rimane fondata solo sulla base di un vantaggio temporale.
                  L’amicizia spirituale, infatti, quella che noi chiamiamo vera, è desiderata
                  e cercata non perché si intuisce un qualche guadagno di ordine terreno,
                  non  per  una  causa  che  le  rimanga  esterna,  ma  perché  ha  valore  in  se
                  stessa, è voluta dal sentimento del cuore umano, così che il “frutto” e il
                  premio che ne derivano altro non sono che l’amicizia stessa. Proprio come
                  dice  il  Signore  nel  Vangelo:  “Io  ho  scelto  voi  e  vi  ho  costituiti  perché
                  andiate e portiate frutto” (Gv 15,16), cioè perché vi amiate a vicenda (cfr.
                  Gv  15,17).  È  infatti  nell’amicizia  stessa,  quella  vera,  che  si  progredisce
                  camminando,  e  si  coglie  il  frutto  gustando  la  dolcezza  della  sua
                  perfezione. L’amicizia spirituale nasce tra i buoni per una somiglianza di
                  vita,  di  abitudini,  di  aspirazioni,  ed  è  una  sintonia  nelle  cose  umane  e
                  divine, piena di benevolenza e di carità. Mi pare che questa definizione
                  basti a esprimere l’idea di amicizia, purché intendiamo il termine “carità”
                  in  senso  cristiano,  cosicché  si  escluda  dall’amicizia  ogni  vizio,  e  con

                  “benevolenza”  si  intenda  lo  stesso  sentimento  d’amore  che  proviamo
                  interiormente  insieme  a  una  certa  dolcezza.  Dove  c’è  un’amicizia  di
                  questo genere, vi è certamente “il volere e il rifiutare le stesse cose”; cioè




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