Page 8 - Teologia Mistica
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[CONSIDERAZIONE V]

                                     La quinta considerazione biasima la presunzione
                               degli indotti, e a tutte le altre antepone l’esperienza interiore
                                      per la sua piacevolezza, sapidità e perspicacia.

                     Dato che nessuno conosce le cose dello spirito «se non lo spirito, che è in lui» [1Cor
                  2,11],  sono  impertinenti  ed  affatto  inidonei  allo  studio  della  teologia  mistica  quegli
                  uditori che non vogliono credere per poter poi comprendere. Questa verità si dimostra
                  da sola, è sostenuta dall’autorità dei profeti: «Se non credete non capirete» [Is 7,9] ed è
                  sufficientemente chiara da quanto detto nella considerazione precedente.
                     Viceversa coloro che prestano fede alle asserzioni fatte oralmente o per iscritto da
                  uomini  santi,  possono  imparare  per  tradizione  molte  cose  che  costoro  hanno
                  sperimentato. E si rifletta quant’è contrario al vivere civile, impertinente, empio, non
                  credere  a  tali  uomini.  Che  essi  vogliano  ingannare  non  lo  si  può  assolutamente
                  sospettare a motivo della loro onestà santissima ed amantissima del vero, la quale non
                  cerca alcun lucro ed alcun onore né è affetta da odio o altra passione viziosa. Che poi
                  possano  ingannarsi  riguardo  a  un’esperienza  tanto  certa  come  quella  di  cui  abbiamo
                  detto, non lo pensa nessuno.
                     Si aggiunga che non è solo l’uno o l’altro ad affermare, ma piuttosto disponiamo di
                  mille, anzi di innumerevoli affermazioni di uomini del genere assolutamente concordi
                  nel dire che la teologia mistica si coglie con l’esperienza interiore ed è di gran lunga più
                  sublime,  oltre  ogni  dire  più  piacevole,  più  sapida  e  più  penetrante  di  tutte  le  altre
                  conoscenze provenienti dall’esterno, poiché queste si diffondono strisciando come serpi
                  tra  gli  esseri  deboli  di  mente  e  intorpiditi,  mentre  quella  vola  con  ali  libere  da  ogni
                  impaccio, si leva in alto e sta al di sopra di tutto.
                     Se nessuno sopporta di buon grado di non esser creduto quando descrive le proprie
                  esperienze  interiori,  considerino  quelli  stessi  che  non  credono  quanto  sia  incivile  ed
                  irrazionale, anzi distruttivo di ogni convivenza sociale, non prestar fede a tanti e tali
                  personaggi di somma probità e valore.



                                                [CONSIDERAZIONE VI]

                                  La sesta considerazione mostra che i sentimenti interni
                                    non possono essere pienamente espressi in parole.

                     Le operazioni interiori, soprattutto quelle del sentimento, non possono essere esposte
                  così  chiaramente  né  esser  messe  per  iscritto  così  come  sono  percepite.  Ecco  perché
                  l’Apostolo disse di aver udito «parole arcane che non era lecito all’uomo pronunziare»
                  [2Cor 12,4]. Infatti al beato Dionigi poté comunicare meno di quel che aveva ricevuto, e
                  questi a sua volta dalle parole dell’Apostolo ricavò assai più di quanto fu poi capace di
                  lasciare per iscritto.
                     Per illustrare la cosa pensiamo a una serie di specchi posti l’uno di fronte all’altro
                  secondo un certo ordine. L’immagine riflessa nel primo specchio è meno chiara della
                  cosa stessa, l’immagine della prima immagine presente nel secondo specchio è ancora
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