Page 4 - Teologia Mistica
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gloria  mi  schiacciasse.  Ho  poi  avuto  paura  delle  conseguenze  della  mia  superba
                  presunzione: chi infatti si appresta a fare cose grandi rischia di esserne contestato. Per
                  ultimo  ho  temuto  di  venir  accusato  di  curiosità  indiscreta,  cosa  che  io  stesso  avevo
                  condannato nelle due ultime lezioni.
                     Tutti  questi  timori  avrebbero  potuto  turbarmi  e  farmi  retrocedere  dalla  ricerca,  se
                  confidassi nelle mie sole forze e non in colui che dice: «Cercate sempre il Signore» [Sal
                  104,3]; mi avrebbero inoltre turbato se io, gravato da un duplice pubblico ufficio, non
                  guardassi con paura alla dannazione del servo pigro, che aveva nascosto il talento del
                  suo signore, e non ascoltassi l’angelo che nel libro di Tobia dice: «È grande onore far
                  conoscere e confessare le opere di Dio» [Tb 12,7]. Infine: se il Sapiente avesse avuto
                  timore di tutto quel che abbiamo appena ricordato, non avrebbe detto della sapienza:
                  «La imparai senza secondi fini, senza invidia la comunico e non tengo nascosta la sua
                  bellezza» [Sap 7,13]. Per quanto poi proviene da iattanza o dalla iattanza è aggiunto,
                  speriamo che «chi si gloria, si glorii nel Signore» [1Cor 1,31]. Qual uomo che vive sulla
                  terra potrà mai essere sicuro, pur se avesse posto il suo nido sopra le stelle del cielo, pur
                  se avesse dormito nel letto della contemplazione, pur se avesse gustato la manna segreta
                  della devozione?
                     Sono davvero una garanzia tutti questi privilegi? Chi non inorridisce dallo spavento
                  al pensiero che Lucifero fu cacciato dal palazzo del cielo, e dal luogo delle pietre di
                  fuoco  fu precipitato nel letamaio della dannazione; al pensiero che, in die illa, di due
                  che staranno nel medesimo letto l’uno sarà preso e l’altro lasciato; al pensiero che i figli
                  d’Israele,  i  quali  pur  si  nutrivano  del  pane  del  cielo,  perirono  nel  deserto,  mentre  il
                  Signore «nutrì con fiore di frumento e saziò con miele di roccia» i suoi nemici che gli
                  avevano mentito [Sal 80,17]?
                     Guai  a  me  se  cercherò  la  mia  gloria.  Essa  è  proprio  un  nulla,  ma  nondimeno  mi
                  condannerà. Guai a me se mi glorierò della mia dannazione, se mi glorierò del nulla.
                     Mi  atterrisca  la  tromba  dell’Apostolo:  «Se  avessi  la  profezia  e  conoscessi  tutti  i
                  misteri e tutta la scienza, e avessi una fede tale da trasportare le montagne, ma non ho la
                  carità, sono  un niente»  [1Cor  13,2].  Ora,  chi  mai può essere certo, se  non gli venga
                  rivelato per miracolo, di possedere la carità? Che cosa pensi mai di sapere tu, povero
                  omuncolo,  pur se ti fosse stato donato  un qualche lume di  intelligenza  o un qualche
                  insignificante tepore di devozione? Semmai questi doni sono stati concessi a te, servo
                  inutile, a vantaggio degli altri, affinché ne restino illuminati e scaldati, mentre tu, come
                  una candela che si consuma alla propria fiamma, andrai a finire in nulla.
                     Allontanaci da questo orgoglio, Dio di misericordia. Se di te dobbiamo parlare, se in
                  te dobbiamo esultare, esultiamo con tremore e parliamo con umiltà, cercando soltanto la
                  gloria del tuo nome nel giovare ai tuoi servi, i miei signori e fratelli, ai quali intendo
                  parlare dei  segreti della  tua sapienza solo  perché essi,  mettendo frattanto da parte lo
                  studio  improduttivo  di  cose  che  distraggono  l’animo  verso  il  molteplice,  si  lascino
                  infiammare  dalla  Parola  del  tuo  Spirito  a  cercarti  in  semplicità  di  cuore,  e  dunque  a
                  capire il senso di queste parole: «Siate liberi [dalle altre cose] e vedete quanto è soave il
                  Signore» [Sal 44,11 e 33,9].
                     Esortiamo  dunque  questi  stessi  tuoi  servi  a  non  attendere  soltanto  all’erudizione
                  dell’intelletto, al punto da far inaridire il sentimento o addirittura da abbandonarlo alle
                  passioni  che  lo  abbrutiscono.  Infatti  non  troveranno  altri  maestri,  o  piuttosto
                  nessun’altra scuola in cui si insegni questa dottrina della teologia mistica.
                     Se  poi  non  riuscirò  ad  attuare  questo  mio  intento,  Dio  perdoni  i  nostri  peccati  e
                  rimuova da me quel pio desiderio che mi par di nutrire, se è empio e se m’inganno;
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