Page 12 - Teologia Mistica
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frazionata: così in Dio la sapienza è più perfetta nella sua identità con le altre perfezioni
(come afferma Agostino in diversi passi del De Trinitate) — giacché è fortezza,
giustizia e bontà ecc. — che non nella sua ipotizzabile distinzione da esse.
Coloro che la pensano diversamente, vedano se pensano in modo giusto, giacché io
non riesco a seguirli. Tuttavia ora procediamo come se le potenze dell’anima fossero del
tutto distinte. Per quanto riguarda le potenze cognitive, nell’anima razionale
distinguiamo: 1) l’intelletto semplice, 2) la ragione, 3) la sensazione o animalità o
facoltà conoscitiva sensibile. Per quanto riguarda le potenze affettive distinguiamo
analogamente: 1) la sinderesi, apice della mente, 2) la volontà o tendenza [= appetito]
razionale, 3) la tendenza animale. Di queste potenze esporremo qui di seguito le
rispettive caratteristiche.
[CONSIDERAZIONE X]
La decima considerazione è dedicata all’intelletto semplice
— chiamato luce dell’anima, tale da farci
assomigliare agli angeli, capace di Dio —
ed elenca i nomi con cui viene chiamato nelle scritture.
L’intelletto semplice è la facoltà conoscitiva dell’anima che senza mediazione riceve
da Dio una luce naturale nella quale e tramite la quale, una volta colti i termini, si
conoscono come veri e certissimi i princìpi primi.
I princìpi primi sono chiamati a volte assiomi, a volte nozioni comuni dell’animo, a
volte regole prime immutabili, e ciò che dicono non può non essere vero: ad esempio
che su ciascuna cosa è possibile un’affermazione o una negazione; che il tutto è
maggiore della parte; che ciò che è dotato di intelletto è migliore di ciò che ne è privo;
che lo spirituale è superiore al temporale, a parità di condizioni; che se l’uomo
comprende è vivo, e simili.
Circa la natura di quella luce naturale, si può dire o che è una certa disposizione
connaturata e concreata dell’anima (che alcuni chiamano habitus dei princìpi), oppure
— meglio — che l’anima stessa è una luce di natura intellettuale derivante dalla luce
infinita dell’Intelletto primo, che è Dio, di cui Giovanni dice: «Era la luce vera, che
illumina ogni uomo che viene in questo mondo» [Gv 1,9], e il salmista: «Sopra di noi è
impressa la luce del tuo volto, o Signore» [Sal 4,7].
Poiché secondo Dionigi (capitolo settimo dei Nomi divini) nella discesa delle cose da
Dio c’è una sorta di concatenazione — tale che il più basso tra gli elementi superiori è il
più elevato di quelli inferiori — l’angelo (di cui l’uomo è un poco inferiore), avendo un
intelletto più semplice di quello dell’uomo, possiede come elemento quasi infimo della
sua natura quello che l’uomo ha come supremo nella propria, per cui, quanto a questa
facoltà intellettuale, i due intelletti, quello angelico e quello umano, sarebbero congiunti
senza mediazione di altra specie. Ma secondo noi questo fatto [che cioè l’intelletto
umano sia direttamente congiunto a quello angelico] non va inteso nel senso che tra
l’anima razionale e Dio vi sia qualcosa di mezzo; infatti Agostino non è d’accordo, ed
afferma che non c’è niente di superiore alla nostra mente, all’infuori di Dio. Tuttavia
nessuno negherà che l’angelo è superiore alla nostra anima e più vicino a Dio, in quanto
più perfetto. Diciamo perciò che entrambi ricevono con eguale immediatezza da Dio tre