Page 11 - Teologia Mistica
P. 11
e delle sue sei potenze. La nona considerazione mostra
come si procede in questa impresa:
lasciando da parte ciò che meno serve allo scopo,
ci si sofferma sulle proprietà dell’anima.
Per acquisire una conoscenza speculativa della teologia mistica è necessario
conoscere la natura dell’anima razionale e delle sue potenze, tanto cognitive quanto del
sentimento.
Questa tesi è chiara di per sé, dal momento che, se si ignora la natura [dell’anima], si
ignorano le sue possibili modificazioni. Dunque, dopo aver mostrato che esiste una
teologia mistica, e dopo aver spiegato in generale quanto e a chi ne sia utile lo studio,
vogliamo tentare di far comprendere a tutti — se Dio vorrà — quale sia questa teologia
mistica e in quale potenza dell’anima si situi, per qual motivo se ne vada in cerca e con
qual frutto o per qual fine la si affronti: un obiettivo che non si può assolutamente
raggiungere se non si conosce la natura dell’anima. E dato che il metodo migliore nella
scienza è quello che procede per astrazioni risolutive, svolte fino a giungere o ai princìpi
primi noti di per sé o alle essenze semplici delle cose, spogliandole dalla confusione
degli accidenti e dal rivestimento delle circostanze estrinseche, vogliamo qui distinguere
le varie denominazioni dell’anima, sostanza semplice, a seconda dei molteplici effetti
che può produrre, dicendo ad esempio che l’anima è la tal cosa perché produce tali
effetti, la tal altra cosa perché produce tali altri effetti.
In questo campo mi sembra si muovano in modo lodevole, dotto ed acuto i filosofi
che formalizzano, in quanto giustamente si comportano come i matematici, che
astraggono dal movimento e dalla materia — ed anche dalle dimensioni: ad esempio il
punto da tre dimensioni, la linea da due, la superficie da una.
Ma quando i formalizantes vanno oltre e affermano che quelle essenze, a prescindere
da ogni operazione dell’intelletto, sono in realtà proprio così come se le figura
l’intelletto che le astrae, cioè universali, distinte, eterne ecc., io non posso non dissentire
completamente da loro, giacché non comprendo con quale argomentazione possano
sostenere secondo verità e correttamente un’affermazione del genere, soprattutto [se
intendono dire che quelle essenze esistono nel modo suddetto] in Dio, che è semplice.
E tuttavia non è sbagliato astrarre, perché la natura delle cose è tale che l’intelletto
che indaga su di esse ha bisogno di simili astrazioni per comprendere meglio.
Nondimeno occorre tener presente che la tal cosa non è divisa in se stessa come riesce a
dividerla l’intelletto, altrimenti una medesima cosa differirebbe da se stessa per
distinzione reale. L’intelletto ad esempio è in grado di concepire che la volontà
esecutrice di ciò ch’è stato voluto differisca realmente dalla volontà produttrice dell’atto
di volizione, oppure che l’intelletto stesso e la volontà siano in qualche modo distinti
realmente dall’essenza dell’anima.
Ma questa tematica è di scarsa utilità [per il nostro scopo] e non merita che ci
dilunghiamo a controbattere l’una o l’altra opinione; inoltre è di competenza dei
filosofi, dei logici e dei metafisici più che dei teologi, specialmente di quelli, come noi,
che si occupano di teologia mistica.
Diremo dunque che l’anima razionale è dotata di potenze distinte a seconda della
diversità dei compiti e delle azioni, ma distinte non realmente, bensì solo nel nome.
Infatti essa, pur restando sempre la medesima, è così dotata di potenze, ne è così
feconda, che sembra contenerle distinte realmente o comechessia effettivamente, anzi è
tanto più [feconda] in quanto, ad esempio, la virtù unica è più forte della virtù