Page 71 - Teologia Mistica
P. 71

[CONSIDERAZIONE XII]

                                  La dodicesima considerazione insegna ad allontanare
                                    lo spirito dalle rappresentazioni sensibili e mostra
                                   metafisicamente come ciò si possa fare in varii modi.
                                    Inoltre rimanda alle autorità, che a mo’ di esempio
                                                 introduce nel testo ecc.

                     Bisogna  qui  richiamare  quanto  abbiamo  detto  sull’essenza  della  teologia  mistica.
                  Abbiamo infatti affermato che la teologia mistica consiste nell’amore estatico, il quale
                  fa  séguito  all’intellezione  dello  spirito,  intellezione  che  ovviamente  non  è  disturbata
                  dalle nubi delle rappresentazioni sensibili. Perciò colui che vuole dedicarsi alla teologia
                  mistica deve sforzarsi di giungere [previamente] a questa intellezione pura; altrimenti
                  non potrà procurarsi l’amore che le fa séguito.
                     Sarebbe  inoltre  utile  riflettere,  se  dovessimo  qui  parlare  a  dei  metafisici,  come
                  l’intero  mondo  sensibile  penetri  nell’anima  razionale  attraverso  i  sensi  del  corpo,  e
                  come  lo  stesso  mondo  uscito  da  Dio  ritorni  a  lui  in  una  circolarità  intelligibile  e
                  bellissima. Le cose che escono da Dio, quanto più sono imperfette e se ne distanziano,
                  tanto più risultano materiali e corpose per una sorta di densificazione: lo si vede chiaro
                  negli  elementi  [semplici]  e  nei  composti;  ed  anche  nella  luce  del  sole,  che  diventa
                  sempre più opaca quanto più si fonde con un «mezzo» maggiormente denso e si incarna
                  per così dire nei colori. Invece nel ritorno a Dio avviene l’opposto: gli elementi si vanno
                  spiritualizzando sempre più. Quando ad esempio la luce giunge agli occhi sotto forma di
                  colori,  negli  occhi  si  producono  quelle  forme  colorate  che  poi  vengono  condotte  al
                  senso comune; questi a sua volta le giudica e, dopo averle rese più spirituali e più pure,
                  le  conduce  alla  facoltà  immaginativa;  quindi  la  ragione,  lavorando  intorno  alle
                  rappresentazioni sensibili, costruisce le specie intelligibili, con le quali ormai formula i
                  concetti delle cose senza più servirsi delle rappresentazioni; infine la facoltà conoscitiva
                  più elevata, che chiamiamo spirito o mente, conduce la cosa conosciuta dalla ragione
                  dentro la luce dell’intelletto puro e semplice,  grazie al  quale essa entra senza alcuna
                  mediazione in rapporto con la conoscenza angelica.
                     Ancora: se avremo la bontà di leggere il divino Dionigi — istruito da quel Paolo che
                  conosceva i segreti del cielo — in quei passi dove lui e i suoi commentatori trattano di
                  mistica,  troveremo  che  egli  insegna  il  modo  di  allontanarsi  dalle  rappresentazioni
                  corporee, sì che lo spirito, dopo aver rimosso tutto quel che si può cogliere [coi sensi
                  esterni], immaginare [coi sensi interni], comprendere [con la facoltà cognitiva], possa
                  finalmente  entrare,  grazie  all’amore,  nella  divina  caligine,  là  dove  si  conosce  Dio  in
                  modo ineffabile, superiore ad ogni sapere. Egli adduce l’esempio dello scultore, il quale
                  crea  una  bellissima  effigie,  una  statua,  semplicemente  asportando  dal  legno  o  dalla
                  pietra dei frammenti, cioè soltanto rimuovendo qualcosa. Allo stesso modo lo spirito,
                  dopo aver rimosso per negazione tutto ciò che è in grado di conoscere, e che comporta
                  sempre una imperfezione per il fatto o di essere in potenza, o di essere dipendente da
                  qualcosa, o di essere privo di qualcosa, o di essere mutevole, alla fine — appunto dopo
                  aver rimosso tutto ciò — trova l’effigie di Dio, prende cioè conoscenza di una cosa che
                  è del tutto in atto senza alcuna potenzialità, che è suprema e non dipende da nessuno,
   66   67   68   69   70   71   72   73   74   75   76