Page 67 - Teologia Mistica
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necessità. Come dicono i medici e i teologi, danneggia di più un digiuno scriteriato che
un mangiare smodato: questo è sanabile, quello invece è spesso senza rimedio — per
quanto la natura si accontenti di poco, se la gola non la lusinga. Possiamo prendere un
esempio dalle piante. Ad alcune è giovevole un’irrigazione frequente e abbondante;
altre invece ne marciscono. Alcune crescono e fruttificano solo se siano state piantate
«lungo il corso delle acque» [Sal 1,3] o anche nel fango palustre. Altre invece, se
vogliamo che siano sempre verdeggianti, dovremo piantarle su montagne alte, rocciose,
secche. Ad alcune pianticelle va data una frequentissima irrigazione, anche se in piccola
quantità, perché comincino a crescere, mentre poi è sufficiente un’irrigazione diradata;
altre invece hanno bisogno di una innaffiatura costante.
Teniamo infine presente che la facoltà superiore, avendo per natura sua o per
assuefazione o per qualche altro rafforzamento proveniente dall’alto un maggior vigore,
può governare con maggiore facilità le facoltà inferiori e strumentali — anche se per
una certa loro pesantezza o corruttela queste oppongono resistenza, come dice il
sapiente: «Il corpo, che si corrompe, è di peso all’anima» [Sap 9,15]. E questo peso
aumenta se si aggiungono la crapula, l’ubriachezza, le cure mondane, giacché anche il
corpo di un uomo dallo spirito valente, reso forte dalla grazia di Dio e da un lungo
esercizio, deperisce quando viene gravato da cibi, bevande o cure mondane — se poi si
tratta di uno dallo spirito meno valente ed esercitato, viene radicalmente distrutta od
oltremodo turbata la sua stessa ragione. Il nocchiero inesperto perde il controllo della
nave quando avverte che essa, in balia della tempesta, ora viene come portata in cielo,
ora precipitata nell’abisso, mentre il pilota esperto ed esercitato rimane saldo e continua
con animo costante a navigare senza abbandonare il timone.
A proposito del cibo, giustamente l’Apostolo ordina: «Colui che non mangia non
disprezzi colui che mangia» [Rm 14,3]. In modo analogo regolati riguardo alle altre
cose, che possono essere sia buone sia cattive, a seconda del variare delle circostanze.
[CONSIDERAZIONE XI]
L’undicesima considerazione insegna a dedicarsi in silenzio
alle pie meditazioni che generano buoni sentimenti,
e con una ragione plausibile mostra che ciò vale più dell’attendere
con assiduità alle letture o ai colloqui.
Inoltre suggerisce un modo di fare meditazione nato dal confronto
con i turbamenti, e addita molti altri beni necessari all’impresa.
Sbagliano coloro che vogliono sempre leggere, o fare preghiera vocale, o ascoltare
parole devote, se pensano che così facendo la grazia della contemplazione diventerà per
loro come una compagna familiare. Tali pratiche sono utili, ma non sufficienti.
Supponiamo pure che costoro talvolta siano spinti da compunzione alla lettura o
all’ascolto di un sermone: togli loro il libro o privali della predica e subito se ne andrà la
compunzione concomitante; essa ritornerà soltanto quando riprenderanno in mano il
libro o andranno di nuovo a sentire la predica.
Perciò è necessario «attendere in silenzio il soccorso di Dio» [Lam 3,26]; è
necessario che l’uomo si abitui a pregare con lo spirito e con la mente, anche senza
emettere alcun suono e senza compulsare alcun libro. Sia la meditazione stessa il suo