Page 65 - Teologia Mistica
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C’è  ancora  qualcosa  da  dire  sulla  diversità  dei  tempi.  Infatti  c’è  un  tempo  per
                  piangere  e  un  tempo  per  ridere,  cioè  il  tempo  dell’avversità,  che  spesso  la  Scrittura
                  chiama notte, e il tempo della prosperità, che chiama invece giorno.
                     Non parliamo dei perfetti, che sanno utilizzare entrambi i tempi «con le armi della
                  giustizia  nella  destra  e  nella  sinistra»  [2Cor  6,7]  quasi  fossero  ambidestri,  e  con
                  l’Apostolo dicono: «So vivere nell’abbondanza, so vivere nelle ristrettezze» [Fil 4,12],
                  «gioire  con  chi  gioisce,  piangere  con  chi  piange»  [Rm  12,15].  Anche  in  mezzo  alle
                  lacrime, per essi talora si verifica quel che dice Virgilio:

                  La mente rimane immobile, le lacrime scorrono vane.

                  La loro mente infatti permane fissa nell’unico centro dell’eternità, come un asse intorno
                  al quale gira la ruota volubile della temporalità, come un ago influenzato dal magnete
                  che si orienta sempre verso il polo.
                     Ma per quanto riguarda gli incipienti  e i proficienti, l’esperienza e l’autorità della
                  Scrittura insegnano che per loro è più giovevole il tempo dell’avversità, specialmente se
                  non  è  eccessiva  e  tale  da  fare  impazzire:  allora,  per  grazia  di  Dio,  la  sopportazione
                  produce un guadagno. Un’avversità del genere li ammonisce per così dire con mano più
                  potente ad uscir fuori da questa «voragine di fango» [Sal 68,3] ed a sollevarsi da terra.
                  Poiché  in  tale  avversità  proveranno  «tribolazione  e  dolore»  [Sal  114,3],  faranno  con
                  maggiore intensità quel che aggiunge il profeta: «Ho invocato il nome del Signore» [Sal
                  114,4]. Avvertiranno pure che «il Signore è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto»
                  [Sal  33,19]  e  «viene  in  aiuto  proprio  nel  tempo  della  tribolazione»  [Sal  9,10],  onde
                  potranno  dar  conferma  a  quanto  è  scritto:  «Invocami  nel  giorno  della  sventura:  io  ti
                  libererò e tu mi darai gloria» [Sal 49,15]. [Si comporta] così la «colomba» della ragione,
                  la quale, non sapendo dove «posare il piede» [Gn 8,8-9] del desiderio, ritorna all’arca
                  della contemplazione. Allo stesso modo la medesima arca, al montare delle acque delle
                  tribolazioni, viene sollevata in alto. Così pure i tribolati «salgono nella parte superiore
                  della  casa»  del  loro  spirito,  come  Giuditta  e  Pietro,  allorché  sono  colpiti  da  qualche
                  sventura, o da morte di congiunti, o da sciagura della patria, o da povertà.
                     L’avversità è una sorta di circostanza spirituale contraria che rende forti; è la cote
                  che affila il ferro; è l’assenzio che divezza i bambini allontanandoli dalle mammelle; è il
                  martello  che,  appiattendo,  dilata,  come  dice  il  salmista:  «Nella  tribolazione  mi  hai
                  allargato» [Sal 4,2]; è la lima che leviga, pulisce, toglie la ruggine, rende splendente; è il
                  fornello, che purifica l’oro fino a renderlo rifulgente; è la verga che solleva dall’abisso
                  coloro  che  percuote  —  onde  il  tribolato,  a  motivo  della  grazia  ricevuta,  esclama:
                  «Signore, se tale è la vita, se in tali cose è posta la vita del mio spirito, correggimi e
                  rendimi la vita; ecco, la mia più grande amarezza è cambiata in pace» [Is 38,16-17], ed
                  anche: «Entri la putredine nelle mie ossa ed esca fuori di me, perché io abbia riposo nel
                  giorno della tribolazione e possa salire al nostro popolo armato» [Ab 3,16], cioè fra i
                  cittadini del cielo.



                                                [CONSIDERAZIONE X]

                                 La decima considerazione istruisce circa la moderazione
                                      nel sonno e nel cibo adducendo diversi esempi,
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