Page 66 - Teologia Mistica
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ma soprattutto rimanda al beato Gerolamo, che potrai leggere
nelle epistole a Rustico, a Paolino e Furia, ad Eustochio
sulla custodia della verginità, ad Aleta e a Salvina,
e in molte altre.
Per ben comprendere quel che si è detto e quel che si dirà, bisogna innanzitutto tener
presente che altre sono le regole da osservarsi da parte di coloro che sono incipienti
nella contemplazione, altre quelle cui sono tenuti i proficienti, altre quelle riservate ai
perfetti. Questi ultimi «in forza dell’abitudine, hanno ormai i sensi esercitati» [Eb 5,14],
e come l’Apostolo «sanno vivere nell’abbondanza e nelle ristrettezze» [Fil 4,12] e «in
ogni luogo» elevare [a Dio] «mani pure» [1Tm 2,8]. Diverso è il caso degli incipienti,
per i quali, essendo più fragili, bisogna trovare dei sostegni fino a che in loro non si sia
formata una più solida struttura [spirituale]. Per quanto riguarda costoro abbiamo già
detto dell’osservanza dei luoghi e dei tempi; ora parleremo della moderazione nel cibo e
nel sonno.
Se teniamo conto che questi passi iniziali sulla via della contemplazione richiedono
un impegno dell’animo forte e quasi ininterrotto, onde gli spiriti vitali e animali si
consumano più rapidamente, [va detto che qui] c’è maggior bisogno di reintegrarli col
cibo e col sonno, o almeno di mangiare e dormire più spesso. Tu obbietti che una
refezione abbondante appesantisce l’animo, lo lega e lo invischia: infatti «quando si
gusta la carne, perde di sapore lo spirito». Ma tu parli di refezione abbondante, mentre
noi stiamo parlando di refezione moderata — anche se un pasto che sembra abbondante
e pesante per il breve tempo in cui lo si prende può essere considerato moderato per il
lungo arco di tempo cui deve servire. Alcuni [di questi incipienti], per guadagnarsi la
grazia della contemplazione o della profezia, hanno tentato di imitare Elia, o Giovanni
Battista, o Daniele, o qualcuno dei Padri egiziaci nell’astinenza e nell’austerità. Ma,
divenuti degli esaltati invece che profeti, hanno mostrato coi fatti che non è da tutti
volare alto insieme ai perfetti — ai quali certe grazie furono concesse più ad
edificazione dei posteri che non per spingere i posteri stessi a cercarle.
Se poi alla debilitazione del corpo, dovuta ai digiuni e alle veglie eccessive, si
aggiunge l’affaticamento dell’animo, gli spiriti vitali e animali vanno ad esaurimento,
come abbiamo detto, e allora che altro può seguirne se non il disastro di una malattia
grave, oppure una lesione della facoltà immaginativa e del cervello? Si nutra il corpo
secondo il bisogno, non lo si opprima con l’obesità e non lo si deprima con la magrezza.
Uno stomaco sempre affamato e convenientemente nutrito è preferibile, secondo
Gerolamo, a digiuni di due giorni.
Se dunque uno, in forza della professione monastica, è tenuto a sottostare all’autorità
di un precettore senza criterio, che non gli permetta di indulgere [sufficientemente] al
sonno e al cibo, io consiglio questo principiante di non darsi a una meditazione intensa e
a una contrizione accompagnata da lacrime, altrimenti si rovinerà la salute e finirà con il
trovarsi piuttosto insipiente — quando venisse lesa la sua facoltà razionale — invece
che incipiente. A costui potrà bastare adeguarsi alla vita del convento, se così facendo
riesce più rapidamente a sottomettere l’asino del suo corpo, di cui deve aver cura.
Né mi sfugge che, quanto al sonno e al cibo, quel che per uno è poco per un altro è
troppo. Perciò la tradizione dottrinale o l’esperienza non possono dare determinazioni
quantitative al riguardo, ma bisogna che ciascuno si stabilisca una norma sulla base di
una lunga sperimentazione personale. Ciascuno inoltre presti umilmente fede al parere
dei sapienti, e così, con l’aiuto anche dell’unzione, si troverà istruito secondo le sue