Page 64 - Teologia Mistica
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fiumi o del mare, o soprattutto, infine, dall’eco che si diffonde dolcemente da una
chiesa, dove l’armonia dei canti corali si alterna al suono delle campane e dell’organo
— onde quello che per i primi è occasione di distrazione, per i secondi è di aiuto al
raccoglimento. Si può anche constatare come in alcuni (ma pochi e da non prendere
indiscriminatamente come modello) tutto quell’apparato nuziale fatto di danze, di cetre,
di inchini, di belle donne «dalle vesti intessute d’oro e coperte di ornamenti» [Sal 44,14]
si risolva in vere e proprie estasi mentali contemplative, mentre i malvagi vi cercano
pasto per la loro vanissima e bassissima libidine. Così «tutto coopera al bene per quelli
che amano Dio» [Rm 8,28]; essi trovano dell’utile in ogni cosa, come le api il miele in
ogni fiore: essendosi innalzati da terra, traggono tutto a sé.
Cosa dovremo poi dire sulla diversità dei tempi, quando cioè sia «tempo di piangere
e tempo di ridere, di darsi agli amplessi e di astenersene» [Ec 3,4-5], e così via?
Quando, gloriandosi nel Signore, il salmista dice: «Sette volte al giorno io ti ho dato
lode per i tuoi giusti giudizi»; ed anche: «A mezzanotte io mi levo a lodarti» [Sal
118,164.162]; e quando ancora afferma che «a mattutino» ha ucciso «tutti i malvagi
della terra» [Sal 100,8] — ovvero ha respinto le tentazioni che inducono al peccato —,
certamente vuol dire che [in quei tempi] è stato sveglio e ha pregato. Inoltre dice, rivolto
al Signore: «Tu riempi di allegrezza la soglia del mattino e della sera» [Sal 64,9]. E chi
oserà assegnare a Dio un tempo ben preciso [in cui debba agire], invece di attendere di
buon grado e vigilando il tempo della sua grazia? «Tu lo visiti al mattino presto, dice
Giobbe afflitto, e subito lo metti alla prova» [Gb 7,18].
Nondimeno, per quanto attiene agli accorgimenti umani circa il tempo, riteniamo che
sia meglio darsi alla contemplazione quando si è già digerito e si sono allontanate le
preoccupazioni mondane, e quando inoltre non c’è nessuno che possa avvertire i gemiti
del doglio, i sospiri erompenti dal profondo del cuore, le grida alte e amare, i lamenti
scomposti; nessuno che possa notare le prostrazioni a terra, gli occhi gonfi di lacrime, il
pallore o il rossore del volto, le mani e gli occhi alzati al cielo; nessuno che ti possa
vedere batterti ripetutamente il petto, lanciare baci alla terra o agli altari e compiere altri
gesti di supplica e imprimere segni sulle tue membra. Alla fin fine, però, aiuta di più [a
raggiungere lo scopo] quella disposizione o atteggiamento del corpo che meglio
contribuisca a creare la pace della mente. Così quando si è seduti e in stato di riposo
l’anima diventa prudente, mentre non riesce a trovare una pace stabile se il corpo non ha
imparato a restare fermo nella stessa posizione. Aggiungiamo che, a parità di
condizioni, è preferibile un luogo sacro, che la santissima presenza di Cristo, la solenne
consacrazione, le preghiere dei fedeli, le gesta dei santi ivi raffigurate o descritte, le
tombe dei defunti rendono più adatto.
Analogamente, chi potrà dubitare che le grazie divine non vengano effuse più
abbondantemente su questo grande ostello dei viventi e sul carcere delle anime purganti
nei giorni delle sacre celebrazioni? È allora infatti che possiamo dire: «Siamo venuti» a
Dio «in una buona giornata» [1Re 25,8]; è allora che diciamo con maggior fiducia a
questo o a quel santo: Rendi illustre il giorno del tuo trionfo; è allora che dalla
ricchissima mensa dei beati convitati cadono più abbondanti le briciole dei doni
destinati ai poveri e ai mendicanti che chiedono e bussano. Non canta forse la Chiesa,
per l’unione e le nozze di Ester, cioè per la congiunzione della nostra umanità con la
divinità: «Oggi su tutta la terra i cieli stillano dolcezza» ? Impariamo dai mendicanti di
questo mondo, dai deboli e dai malati, a cogliere i momenti giusti per chiedere aiuto.
Impariamo da quelli che sono rinchiusi nelle carceri tenebrose a sfruttare i giorni propizi
per ottenere gli avanzi dei cibi squisiti della mensa del giudice.