Page 59 - Teologia Mistica
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e  di  irrigare:  la  crescita  però  la  donerà  Cristo  come  una  grazia  vivificante  infusa
                  dall’alto; a lui bisogna chiederla con umiltà, da lui bisogna attenderla con fiducia.
                     Nessuno che abbia rinunciato a tendere faticosamente alla vetta della contemplazione
                  pensi che gli sia lecito cullarsi nella negligenza o in un inerte torpore. Lo confuta la
                  precedente [quarta] Considerazione che parla dell’obbligo di «tendere alla perfezione».
                  E nessuno abbandoni la strada della perfezione già intrapresa, qualora si accorga, come
                  è facile, che «nella via in cui cammina» [Sal 141,4] si nascondono innumerevoli lacci di
                  tentazioni. Anche se spesso si vedrà respinto, non si sgomenti. Né si spaventi se deve
                  faticare molto e se a suo giudizio non fa progressi. Si sforzi, si appoggi al forte bastone
                  della protezione dell’Altissimo, e non al fuscello della sua fatica.
                     Chi  può  comprendere  comprenda  come  la  fatica  sia  necessaria,  anzi  sia  un
                  prerequisito per [ottenere] la grazia della contemplazione, giacché la fatica stessa non
                  può darla. Lo vediamo nella generazione fisica dell’uomo: i padri generano, le madri
                  alimentano nell’utero — altrimenti come potrebbe nascere il bambino? E tuttavia ciò
                  non  serve  a  niente,  se  dall’alto  non  viene  infusa,  per  pura  decisione  del  Creatore,
                  l’anima che vivificherà quella materia fino ad allora informe e quasi inutile. Similmente
                  l’uomo  apre  le  finestre,  alza  il  capo,  spalanca  gli  occhi  —  altrimenti  come  potrebbe
                  vedere?  Ma  se  il  sole  nasconde  i  suoi  raggi,  sarebbe  inutile  compiere  simili  gesti.
                  Ritengo lo stesso valga per il sole di giustizia, che è Cristo.
                     Infine, se niente Dio ha mai dato ai mortali che non costasse grande fatica, come dice
                  il poeta; se nessuno verrà proclamato campione «se non avrà lottato secondo le regole»,
                  come dice l’Apostolo [2Tm 2,5]; se gli uomini mettono tanto impegno, spendono tanto
                  tempo e tanto si affannano nell’imparare scienze di minore importanza (che qui è inutile
                  enumerare)  allo  scopo  di  uscire  dalla  povertà,  o  per  aumentare  le  ricchezze,  o  per
                  ottenere vuoti titoli di lode o comunque cose periture, caduche e labili — tanto che il
                  poeta fu indotto a scrivere al riguardo:

                  Tutto vince il lavoro continuo
                  e nell’aspra giornata l’urgente miseria  —,

                  ci si vergogni di essere meno solleciti, meno magnanimi ed animosi per una realtà così
                  bella, grande e divina.
                     Tu,  valente  scalatore  di  questo  monte,  sii  preparato  per  ascendere  alla
                  contemplazione;  slanciati  con prontezza e pieno di  gioia  «come un  gigante  nella sua
                  corsa»  [Sal  18,6];  poggia  il  piede  sul  sicuro  per  non  scivolare  indietro;  rialzati
                  rapidamente dopo la caduta; libera il tuo collo dalla pietra dei pensieri terreni: impara
                  almeno  questo  dal  mitico  Sisifo.  Fino  a  quando  ti  accontenterai  di  questa  landa  di
                  miseria che sta nella valle di lacrime, nella voragine di melma e nel pantano di fango?
                  Tendi dunque verso l’alto, dove ricchezza, pace, gioia dello spirito si librano nell’aria
                  pura. Fino a quando la tua anima se ne starà intirizzita come per il rigore del freddo?
                  Perché  in  lei  non  «arde  il  fuoco»  [Sal  38,4]  della  devozione?  Soffiavi  dentro  con
                  insistenza, non smettere mai di leggere, di meditare, di pregare, fino a che non vi si
                  accenda almeno una piccola scintilla di devozione. All’inizio ti tormenterà il fumo tetro
                  e  fuligginoso  delle  tentazioni  che  vi  si  infiltrerà.  Esso  irrita  l’occhio  della  ragione  e
                  rende corrugato il volto interiore, sì che ora più di prima ti sembrerà fastidioso l’agire, e
                  chiamerai  felici  quelli  che  si  accontentano  di  condurre  una  vita  come  tutti.  Ma  non
                  temere le ondate di fumo, insisti nel soffiare [nell’anima] fino a che la fiamma non [vi]
                  brilli  più  forte  e  più  pura,  fino  a  che  una  luce  chiarissima  e  tersa,  come  quella  del
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