Page 58 - Teologia Mistica
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chiave della devozione, riservandosi di aprire e di chiudere.
Perché si sperino cose migliori e più dolci. Dio si allontana per spingere l’anima ad
imprese migliori, «come l’aquila spinge gli aquilotti a volare» [Dt 32,11] — come la
madre spinge il figlio a camminare. Talvolta la madre lascia appositamente solo il figlio
affinché egli, abbandonato, la invochi, e affinché, quando essa torna, si preoccupi di
starle vicino e di tenerla d’occhio per non cadere; e dopo averla cercata e trovata le vada
incontro con gioia maggiore, la abbracci più teneramente con baci e carezze.
Perché si conservi la pazienza anche quando si è privati dei doni. Dio si allontana
perché ci si eserciti nella pazienza, che «compie perfettamente l’opera» [Gc 1,4]. Si dà
mai una tribolazione più acerba, un’occasione più grande di pazienza per un’anima, che
quella di scivolare e cadere nei «tormenti dell’inferno», «nell’ombra della morte» [Sal
17,6; 22,4; 43,20; 87,7 ecc.], nella miseria di questo esilio, dopo aver pregustato le
delizie del paradiso?
Da tutto ciò si può intuire quanto sarebbe amaro restar separati da Dio in eterno.
Tu, dunque, che sei stato condotto sulla soglia della contemplazione, chiunque tu sia,
datti assiduamente da fare per acquistarla, ma come se dovesse discenderti dall’alto,
umilmente disposto a praticarla con gratitudine, se arriva, ma ugualmente ben disposto a
restarne privo, se non arriva. Ama quelli che l’hanno in dono, ma non giudicare o
disprezzare quelli che non l’hanno ricevuta, ricordando sempre che il regno di Dio
consiste solo nell’amore di Dio.
Del resto anche sulla nostra terra spirituale, come sulla terra materiale, pesa una
maledizione, perché neppure essa produce frutti senza triboli e spine, e neppure l’anima
gravida partorisce la prole della verità senza dolore.
[CONSIDERAZIONE VII]
La settima considerazione insegna a diventare magnanimi,
se si vuole giungere alla soddisfazione interiore.
Sempre bisogna cercarla e perseverare nella ricerca,
anche se si è respinti, e non bisogna stancarsi mai [di cercarla],
fino a meritare di essere misericordiosamente esauditi
ed ammessi [a goderla].
Un animo devoto forse potrebbe essere indotto dalla precedente considerazione a
trascurare gli utilissimi e dolcissimi frutti della contemplazione, e a dire: Perché
affaticarmi invano, perché sforzarmi di acquisire quel che la mia anima ignora, quando
non so se mi sarà utile per la salvezza o se invece mi meriterà la dannazione? Sia fatta la
volontà di Dio. Se Dio vuole, mi conceda ora una pregustazione della sua dolcezza;
oppure me la neghi. «Il cuore è pronto» [Sal 56,8] a entrambe le cose.
Ma ascolta, tu che parli così. Non sai che, come dice l’Apostolo, né chi pianta è
qualcosa e nemmeno chi irriga? Nondimeno Dio vuole che noi piantiamo con perizia e
che irrighiamo (che tu lo intenda in senso materiale o in senso spirituale, poco importa):
altrimenti come potremmo essere cooperatori di Dio? Come possiamo adempiere il
precetto: «Non tentare il Signore Dio tuo» [Mt 4,7; Dt 6,16], se trascuriamo di lavorare
e di essere umanamente diligenti, limitandoci a stare in attesa dell’aiuto divino? Non
manchi dunque la nostra fatica, non manchi l’impegno, non manchi lo sforzo di piantare