Page 62 - Teologia Mistica
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dato scoprirvi, allude o alla nostra miseria, o alla malvagità dei nemici, o alla maestà di
Dio quale si esplica nella sua potenza, sapienza e bontà.
Se invece [di fermarsi a considerare la potenza, la sapienza e bontà di Dio] i tuoi
pensieri saranno altri e proverranno dalla terra; se la sorgente dell’amore si sarà corrotta
in te, ti nasceranno dentro passioni simili [a quelle buone menzionate], ma perverse e
malvagie, come sarebbero un timore vano e una compunzione ingiustificata per il
sopraggiungerti della miseria o per l’improvvisa morte inflitta [a qualcuno dei tuoi] da
un tiranno, un’ammirazione [fuori posto] per l’astuzia di qualcuno che inganni il
prossimo, una falsa gioia per aver provato una bassa voluttà, una autoglorificazione
peggiore dalle pessime azioni [di cui ti vanti].
Vuoi dunque che nascano in te solo sentimenti lodevoli? Mantieni pura la sorgente
dell’amore, e preoccupati nel contempo che questa fonte scaturisca dalla terra sincera
della tua buona fede e dei pensieri santi. Perciò l’Apostolo ci esorta a rinnovare i nostri
sensi, cioè a purificarli dalla corruzione di un amore febbricitante, in modo che l’occhio
si diriga a ciò che è sommamente bello e luminoso, l’udito a ciò che è sommamente
armonico e risonante, il gusto a ciò che è sommamente sapido, l’olfatto a ciò che è
sommamente profumato, il tatto a ciò che è sommamente dolce e gratificante, in uno
sforzo di totale conformazione a Dio.
Possiamo trasportare in altro campo questa nostra riflessione, e dire che i pensieri o i
sentimenti e le passioni traggono origine vuoi dai mutevoli oggetti esterni, vuoi da
fantasie e immaginazioni interne, vuoi dalla ragione raziocinante, vuoi dalla mente e
dallo spirito illuminati da Dio, vuoi dall’intervento degli angeli buoni, vuoi
dall’intervento degli angeli cattivi, «contro i quali dobbiamo lottare» più che contro «la
carne e il sangue» [Ef 6,12] — al punto che anime purissime e sante anche in vecchiaia
e nella solitudine talvolta sono costrette a subire gli assalti molestissimi di stimoli a
proferir bestemmie e a compiere innominabili turpitudini, quali non avevano mai
provato neppure in gioventù, quando vivevano nel mondo in mezzo alle tentazioni della
carne e del mondo stesso.
La nostra riflessione avrebbe potuto utilmente allargarsi anche a spiegare da quali
radici nasca questa o quella passione, sulla scia di quanto insegna il Filosofo nella
Retorica, dove, parlando delle passioni, ne addita le varie cause: donde derivi la
vergogna, la voglia di gloriarsi, la tendenza ad arrossire, la disperazione, lo stupore,
l’ammirazione, l’ira, l’invidia, l’inclinazione all’adulazione e alla detrazione, il tremore
reverenziale, la detestazione, e in generale donde nascano le quattro passioni: speranza,
timore, tristezza, gioia.
Agostino, che seppe analizzare con tanta acribia i pensieri umani, notò nelle sue
Confessioni che non ci si abbandona ad alcun vizio se non perché si vuole scimmiottare
la grandezza divina. Ed è proprio così, giacché «la superbia è all’origine di ogni
peccato» [Eccli 10,15]. Cosa è infatti il peccato, se non un affetto disordinato e senza
misura? La superbia dunque è la radice di ogni affetto empio, mentre, al contrario,
l’umiltà è la matrice di ogni sentimento pio.
Per distinguere tra i sentimenti buoni e i sentimenti cattivi diamo qui la brevissima
ma efficacissima regola di rifarsi a questa doppia origine, perché — se fai bene
attenzione — alla radice di ogni sentimento si avverte sempre la presenza dell’una o
dell’altra radice. Perché uno è invidioso? Perché vuole eccellere impunemente lui solo.
Uno si adira perché vuole eccellere impunemente senza incontrare ostacoli. Uno è avido
perché vuole emergere impunemente sugli altri senza essere coartato dall’indigenza.
Uno è accidioso perché vuole eccellere impunemente senza doversi affaticare nel