Page 68 - Teologia Mistica
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libro silente, la sua predica, altrimenti gli succederà di «star sempre a imparare, senza
mai giungere» alla sapienza [2Tm 3,7].
Alcuni ribatteranno lamentandosi di non essere capaci, di non riuscire a concentrarsi
spiritualmente nel silenzio e nella meditazione. Diranno che il loro spirito svolazza
continuamente di qua e di là e scorre via veloce, se non è costretto entro certi limiti
dalla lettura o dal sermone. È appunto quello che stiamo dicendo: stare con se stessi,
tenere raccolto lo spirito nel silenzio,
questo è ardua fatica.
Ma proprio verso questa meta noi esortiamo a tendere con tutte le forze dei sentimenti.
Siedi solitario, elevandoti al di sopra di te, se puoi. E se, dopo averlo tentato più e più
volte, non vi sarai riuscito, non per questo cercherai subito rifugio nella lettura e nel
colloquio consolanti, abbandonando senz’altro ogni tentativo. Ti disgusta il silenzio e
«sei diventato un peso per te stesso» [Gb 7,20]: perciò ritieni che a te non serva stare in
ritiro. Ma [prima di rinunciare al silenzio] aspetta; potrai vincere questo disgusto con
una attesa tenace, poiché l’abitudine a interrompere subito il silenzio alimenta il
fastidio, anziché dar sollievo. Credimi, [quando interrompi il silenzio] può essere che il
disgusto scompaia per un poco, ma poi riapparirà più forte, come un cane allontanato da
un osso molto appetibile.
E, ahimè, perché tanta scarsità di spiriti contemplativi, anche tra uomini di Chiesa
istruiti e dediti alla religione, anzi tra teologi, se non perché quasi nessuno sopporta di
stare da solo, di fare lunghe meditazioni solo con se stesso? Allora, prima che l’animo
quasi si intiepidisca riguardo alla meditazione, si ritorni alla lettura, o al colloquio, o a
un esercizio del genere: basterà questo per non peccare e per riposare in qualche modo
dalla stanchezza, e così l’animo non si sarà affaticato invano. — Del resto,
diversamente da quanto tu credi, l’animo non si affatica mai invano, perché alla fine
Dio avrà compassione di te, se sarai stato perseverante, se avrai pregato, se chiedi e
bussi.
Abbiamo parlato del silenzio; passiamo ora alle pie meditazioni. Vediamo quali
siano le più idonee a produrre buoni sentimenti. Io dico che non lo si può stabilire con
una regola generale. Infatti, come dice il poeta comico, «tante teste, tanti pareri»;
analogamente ci sono tanti modi di fare meditazione, giacché non si vive secondo un
unico progetto. Nondimeno fra i tantissimi modi di meditare scegliamone qualcuno che
serva a generare il sentimento del timore.
È stato detto con verità divina: «Il timore del Signore è l’inizio della sapienza» [Sal
110,10; cfr. Eccli 1,16], cioè di una scienza che ha sapore. E poiché il timore potrebbe
degenerare subito nella disperazione, è necessario che gli diamo come compagna la
speranza. Così Bernardo nel Commento al Cantico, così Riccardo nei Dodici patriarchi,
così Ugo nel Modo di pregare, così hanno iniziato i loro scritti quasi tutti gli altri; e non
meraviglia, perché «il Signore si compiace di chi lo teme, di chi spera nella sua
misericordia» [Sal 146,11] e canta il suo amore e la sua giustizia.
Ma subito qualcuno obbietterà: Sopra si è detto che l’amore è inizio e radice di ogni
altro sentimento ": se dunque non precede l’amore, come faranno a subentrare il timore
e la speranza? Ma altro è l’amore di Dio iniziale e imperfetto, quale può essere generato
anche solo dalla credenza nell’esistenza di Dio (e questo amore precede ogni affetto,
anzi precede la stessa fede, e la radica nella sua certezza; a riguardo di questo amore
iniziale alcuni hanno sostenuto che esso può dirigersi al bene quale oggetto primo che si