Page 52 - Teologia Mistica
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Non ignoriamo che vi è tra gli ecclesiastici un amplissimo ventaglio di stati e di età,
                  e  perciò  l’età  dei  fanciulli,  quella  degli  adolescenti,  quella  dei  giovani,  quella  degli
                  adulti e quella degli anziani richiedono normative diverse. Nondimeno è necessario che
                  tutto quel che si fa, si insegna o si impone a costoro sia orientato al fine di conseguire la
                  pace della contemplazione, sia pure tardi.
                     Si  deve  provvedere  con  sollecitudine  a  che  i  bambini  e  i  fanciulli,  benché  poco
                  recettivi, non vengano danneggiati da discorsi osceni o da dipinti o esempi cattivi, ma
                  piuttosto li si educhi con pii discorsi di religione e con dipinti ed esempi pudichi: «il
                  vaso mantiene a lungo l’odore di ciò che una volta lo aveva riempito». Guai a chi dà
                  scandalo a questi piccoli, o a chi non li istruisce debitamente. Agli adolescenti invece
                  vanno imposti maggiormente quegli esercizi anche fisici  che servono a reprimere le
                  passioni  violente  insorgenti  alla  loro  età;  una  volta  poi  che  questi  moti  siano  stati
                  imbrigliati  con  l’allenamento  e  per  il  passare  degli  anni,  ci  si  potrà  abbandonare  al
                  godimento tranquillo dell’otium della contemplazione.



                                                [CONSIDERAZIONE IV]

                                      La quarta considerazione afferma che ciascuno
                                           è obbligato a tendere alla perfezione
                                 sotto pena di essere condannato nel presente e in futuro,
                              e spiega quanto la vita contemplativa sia superiore alla attiva.

                     Molti ragionano così: Mi basta vivere come tutti gli altri; è sufficiente ch’io possa
                  salvarmi  con  gli  ultimi;  non  voglio  la  gloria  degli  apostoli  o  dei  martiri;  non  voglio
                  volare sulle alte cime, mi accontento di  camminare nella pianura.  Stiano attenti: non
                  voler  esser  perfetto  costituisce  già  imperfezione,  e  non  progredire  sulla  via  di  Dio
                  significa regredire. E ricordino: il servo pigro, che si accontentò di conservare il talento
                  senza porlo a frutto, fu poi condannato.
                     Chiariamo  la  cosa  con  un  esempio  tratto  dalla  vita  di  famiglia.  Un  padre  ricco  e
                  nobile  ha  diversi  figli,  ciascuno  dei  quali  è  in  grado  di  ampliare  onestamente  il
                  patrimonio  familiare  col  proprio  lavoro.  Mentre  gli  altri  si  affaticano,  uno  se  ne  sta
                  seduto in casa pigro e ozioso, di null’altro preoccupato fuorché di vivere ignobilmente,
                  senza pensare ad alcunché di alto, di bello o di degno del proprio ingegno o della nobiltà
                  paterna; a lui bastano — va dicendo — i beni già ottenuti, a lui basta condurre una vita
                  qualsiasi. Il padre lo incita, lo ammonisce, lo stimola a impegnarsi in imprese più nobili
                  e ardue. Non è chi non veda come un figlio del genere, se presta ascolto senza obbedire,
                  diventerà odioso al padre.
                     Così  di  fronte  al  Padre  celeste  saranno  accusati  di  colpa  quei  figli  che  egli  attira
                  verso  «carismi  migliori»  [1Cor  12,31]  e  incita  ad  imprese  più  divine,  e  nondimeno
                  rimangono  intorpiditi,  attaccati  alle  cose  più  basse;  se  non  tendono  alla  perfezione
                  saranno condannati. Ciò però va inteso di coloro che non sono legati ad alcuno stato e
                  ufficio talmente basso che non consenta loro di elevarsi a cose più alte senza trasgredire
                  un  precetto  —  poiché  in  ogni  caso  va  considerato  altissimo  per  merito  quel  che  si
                  compie  in  obbedienza  al  comandamento  divino.  Bisogna  poi  tener  presente  questo:
                  benché  Maria  avrebbe  potuto  servire  insieme  a  Marta  l’ospite  Cristo,  nondimeno  la
                  Divina  Sapienza  la  lodò  perché,  intenta  all’unica  cosa  [necessaria],  aveva  scelto  «la
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