Page 48 - Teologia Mistica
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[CONSIDERAZIONE I]
La prima considerazione della teologia mistica pratica
parla delle tre vocazioni, corrispondenti
ai tre modi in cui l’anima si converte a Dio
e ai tre stati di coloro che tendono a Lui ecc.
Ciascuno deve prestare attenzione alla chiamata di Dio, che chiama a salvezza tutti
gli uomini. Infatti, come dice l’Apostolo, egli «vuole che tutti siano salvi» [lTm 2,4]. Di
qui il desiderio naturale e insopprimibile di tutti alla beatitudine. Nondimeno sulla via
tracciata dalla chiamata divina l’uno cammina in un modo, l’altro in un altro, a seconda
della grazia che ha ricevuto e dei compiti e delle opere che gli sono state assegnate,
come dice l’Apostolo: «Dallo Spirito ad uno è dato il linguaggio della sapienza, ad un
altro il linguaggio della scienza; ad uno la fede, ad un altro il dono di operare miracoli;
ad uno la profezia, ad un altro il discernimento degli spiriti; ad uno la diversità delle
lingue, ad un altro l’interpretazione dei discorsi: ma tutto ciò lo compie un solo e
medesimo Spirito, distribuendolo a ciascuno secondo il suo volere, come il corpo è uno
ed ha membra» [1Cor 12,8-12] diverse con diversi compiti. Così il linguaggio della
sapienza, che è assai simile alla grazia della contemplazione o addirittura è quella stessa
grazia, dallo Spirito viene concesso a questo o a quello, ma non a tutti; e così la grazia
di operare guarigioni, o la fede — cioè, io ritengo, la «pace nel credere» [Rm 15,13] —
o la capacità di fare miracoli, o la profezia, e così via. Perciò, come non conviene che
tutti i chiamati cerchino di acquisire indifferentemente qualsiasi grazia direttiva o
operativa, così non è bene che tutti si dedichino allo studio della sapienza o della
contemplazione. La stessa cosa ha insegnato Aristotele in rapporto alle altre scienze o
arti, e dopo di lui Cicerone affermò che i governanti devono ricordarsi che «non tutti
possiamo tutto». Ciò è tanto chiaro che non c’è bisogno di spiegarlo nei dettagli.
Ma la soluzione da adottare nei casi specifici può variare, e spesso è difficile
decidere quando si tratta di pronunciarsi su qualcuno [e di dirgli]: Tu sei chiamato a
questa opera nel Corpo Mistico, tu a quell’altra, sforzati di comprendere la tua chiamata
alla salvezza. Allora giova non poco chiedere il consiglio — e poi seguirlo — di uomini
esperti e spirituali, poiché essi giudicano tutto.
Inoltre è utile fare attenzione alle circostanze personali, ad esempio quale carattere
uno abbia, quale posto occupi nella vita pubblica; e poi alle circostanze di luogo, di
tempo, di età; vedere infine di quali forze di ingegno, di memoria, di giudizio l’anima
sia dotata, e come essa stia quanto alla facoltà irascibile, alla concupiscibile, alla
razionale.
Ne consegue che non tutti possono con la propria volontà elevarsi una volta o l’altra
a una più alta grazia di contemplazione, e neppure intravvederne il modo.
Alcuni sono stati educati ad accostarsi a Dio trepidanti e ansiosi in guisa di servi,
come se Egli fosse un severissimo giudice e un austero maestro la cui condanna è
irrevocabile. Spesso «sfogano in ruggiti il gemito del loro cuore» [Sal 37,9] e si lagnano
con Dio: «Chi può conoscere la potenza della tua ira, e misurare la tua indignazione,
temibile come sei?» [Sal 89,11]. E ancora: «Se guardi alle iniquità, o Signore, o
Signore, chi potrà reggere?» [Sal 129,3]. E ancora: «Non entrare in giudizio col tuo