Page 47 - Teologia Mistica
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[TRATTATO SECONDO, PRATICO]


                                    INIZIA IL PROLOGO ALLA SECONDA PARTE,
                                       PRATICA, DELLA TEOLOGIA MISTICA
                                   SCRITTA DAL MEDESIMO GIOVANNI GERSON
                                    SOTTO FORMA DI DODICI CONSIDERAZIONI
                                                  O ACCORGIMENTI


                     Nelle  lezioni  che  teniamo  ormai  da  molto  tempo,  anche  se  con  interruzioni,  sulla
                  teologia  mistica,  abbiamo  seguito  l’ordine  che  si  osserva  nelle  altre  discipline,  nelle
                  quali si spiega prima la parte speculativa e poi quella pratica. Ma la nostra disciplina,
                  rispetto a molte altre, ha questo di proprio, che in essa la speculazione non può essere né
                  perfettamente esposta né pienamente  compresa,  se non è  preceduta dall’esercitazione
                  pratica. Perciò d’ora in poi varrà la pena esporre, sotto forma di alcune considerazioni,
                  in quali modi e per quali vie si possa accedere alla teologia mistica. Infatti il cristiano, e
                  soprattutto  l’ecclesiastico,  non  può  accontentarsi  di  indagare  che  cosa  sia  la  teologia
                  mistica,  in  quale  facoltà  [dell’anima]  risieda,  come  si  distingua  dalla  teologia
                  speculativa  ecc.,  tutte  questioni  su  cui  ci  siamo  soffermati  nelle  [considerazioni]
                  precedenti. Bisogna che egli si eserciti concretamente [nella teologia mistica], per cui
                  giova  non  poco  aver  chiaro  davanti  agli  occhi  quel  che  è  necessario  o  serve  per
                  cominciare  e  portare  avanti  tale  esercizio,  onde  tenerne  conto,  ed  anche  quel  che
                  solitamente lo ostacola, onde evitarlo. L’illustrazione di questi punti ci dispenserà dal
                  ritornare  su  tutte  quelle  questioni  che  abbiamo  affrontato  in  precedenza  trattando
                  l’argomento.
                     Diciamo dunque come prima cosa che Gesù Cristo ha riservato a sé solo e alla sua
                  volontà il magistero sulla teologia mistica e sull’orazione estatica o perfetta, e che per
                  poterla  ricevere  in  dono  non  basta  l’attività  umana,  anche  se  non  bisogna  affatto
                  tralasciarla. Infatti se «ogni grazia eccellente e ogni dono perfetto discende dall’alto, dal
                  Padre della luce» [Gc 1,17], è chiaro che il dono dell’orazione perfetta scaturisce dalla
                  divina volontà che tiene «la luce in mano», come nota il beato Giobbe [36,32]; cioè che,
                  come interpreta Gregorio, «se vuole illumina, se vuole rende oscuro».
                     Che l’attività umana non basti, lo chiariremo più avanti. Ma che non vada affatto
                  tralasciata lo insegna l’Apostolo, il quale ci chiama «collaboratori di Dio» [1Cor 3,9]:
                  gente che collabora con lui, non gente che lo costringe o lo previene; affinché non ci
                  sogniamo di dire: «Tutto questo non lo ha fatto il Signore, ma la nostra eccelsa mano»
                  [Dt 32,27].
                     Si  possono  additare  dodici  accorgimenti  per  una  [congrua]  pratica  della  teologia
                  mistica,  presupposto  ovviamente  il  primato  dell’ispirazione  divina:  li  esporremo  in
                  altrettante  considerazioni.  La  prima  insegna  a  rivolgere  l’attenzione  alla  vocazione
                  divina;  la  seconda  a  conoscere  il  proprio  carattere;  la  terza  a  considerare  il  proprio
                  ufficio o stato; la quarta a tendere alla perfezione; la quinta a fuggire le occupazioni
                  superflue;  la  sesta  a  lasciar  perdere  la  curiosità;  la  settima  a  diventare  magnanimi;
                  l’ottava a riconoscere l’origine delle passioni e degli affetti; la nona a cercare il tempo e
                  il luogo adatti; la decima a indulgere con moderazione al sonno e al cibo; l’undicesima a
                  dedicarsi in silenzio a pie meditazioni, che generano buoni sentimenti; la dodicesima ad
                  allontanare lo spirito dalle rappresentazioni [mentali].
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