Page 42 - Teologia Mistica
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cresci e mi mangerai, e non io sarò assimilato a te come cibo della tua carne, ma tu sarai
assimilato a me». Ricordo di aver letto che una donna pia, avendo ascoltato in una
predica questo paragone sull’unione dell’anima con Dio, tanto s’infiammò, tanto arse
interiormente, che non riuscendo più a contenersi per lo Spirito che aveva ricevuto,
come mosto nuovo cui manchi sfogo, le si ruppero le vene e i nervi e perse, insieme col
sangue, la vita.
Alcuni interpretano le parole di Bernardo nel De praecepto et dispensatione:
«l’anima è più propriamente là dove ama che non là dove è animatrice», come se
nell’amare l’anima abbandonasse se stessa e il corpo e passasse tutta nel suo Dio.
Questa interpretazione è lontana dal vero e si discosta totalmente dalla realtà, perché
viene a coincidere con l’errore sopra menzionato. Infatti nell’unione di cui parliamo
l’anima non perde il suo essere proprio — al contrario di quanto succede alla goccia
d’acqua: questa cessa di essere tale in forza di quella corruzione cui fa seguito la
generazione di qualcos’altro. Per lo stesso motivo l’esempio della transustanziazione,
che avviene nel Santo Sacramento, non è abbastanza idoneo a spiegare la
trasformazione dell’amante nel Dio amato.
Altri adducono l’esempio del ferro incandescente o del carbone infuocato: il carbone
o il ferro rimangono sempre tali, ma assumono certe proprietà del fuoco o del calore
incorporato e in un certo senso perdendo le loro (la freddezza, la rigidità, il colore nero),
sì che quel ferro incandescente sembra essere completamente fuoco. Allo stesso modo
l’aria illuminata incorpora in sé la luce del sole, sì che l’aria e la luce sembrano formare
una cosa sola. Così pure il ferro sotto l’influsso del magnete riveste le proprietà del
magnete, al punto da esser capace di attrarre a sé un altro ferro. Ed anche il vapore, che
nella sostanza è acqua, riceve la leggerezza e il suo modo d’essere dal calore dell’aria.
Altri, per spiegare la predetta unione, adducono generalmente l’esempio dell’unione
della materia con la forma, o di una realtà perfettibile con ciò che la rende perfetta. È
chiaro infatti che la materia, prima di ricevere una forma, è imperfetta e priva di
bellezza, di vigore, di azione. Ma non appena le viene data una forma, subito essa
giunge a perfezione secondo la proprietà della forma che le si è unita. Così l’anima,
prima di unirsi a Dio nell’amore vivificante, sta in una sorta di morte spirituale, è priva
di bellezza, di capacità di compiere atti vivificanti, è morta alla vita eterna. Quando
invece si congiunge a Dio come a principio fontale di ogni vita, le viene data una vita in
certo modo divina, non già in forza di una adesione formale di Dio con l’anima (ciò che
ripugna alla perfezione di Dio), ma in forza di una certa più intima penetrazione
spirituale [di Dio nell’anima] escludente ogni ombra d’imperfezione: ciò avviene grazie
alla disposizione qualitativa e armonizzatrice prodotta dall’amore, che qui svolge una
funzione analoga a quella svolta dalla materia come prerequisito necessario (ma non
sufficiente) per l’assunzione della forma umana.
Dagli esempi addotti deduciamo che l’amore, come il calore, ha per natura la
capacità di accostare e unire le realtà omogenee e di separare e dividere quelle
eterogenee. È chiaro infatti che le realtà spirituali hanno tra di loro una certa omogeneità
o somiglianza, mentre sono dissimili dalle realtà corporee o terrene. Perciò tutto quel
che nell’uomo vi è di spirituale o divino, l’amore vivificante in certo qual modo lo
separa da quel che in lui è terrestre o corporeo. È così che nell’uomo avviene la
divisione tra lo spirito e l’anima, ovvero tra lo spirituale e il sensibile e lo psichico; è
così che l’elemento prezioso viene separato da quello vile. E poiché «Dio è Spirito» [Gv
4,24] e la somiglianza è causa di unione, si comprende perché lo spirito razionale così
purificato si unisca allo Spirito di Dio: perché è reso simile a quello.