Page 44 - Teologia Mistica
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Se poi si cerca la conoscenza della verità, dove trovarla se non nel Verbo divino, che
                  è la scienza prima sul cui modello è vero ogni vero?
                     Se infine si ricerca la potenza, la gloria, la ricchezza, l’onore, tutto questo lo è Dio
                  per  l’anima  che  lo  ama,  giacché  egli  è  la  sua  grandissima  ricompensa;  ed  anche
                  l’Apostolo  si  gloria di  poter fare ogni  cosa in  Lui:  «Tutto posso  in  Colui che mi dà
                  forza» [Fil 4,13]. Dio è come il centro e il luogo naturale di tutti i suoi desideri.
                     Quando  dunque  l’anima  «viene  meno  nell’attesa  dell’aiuto»  di  Dio  [Sal  118,81],
                  quasi fosse ridotta a nulla, non si appoggia più a nessun altro, neppure a se stessa, ma
                  soltanto  a  Dio  come  sua  dolcezza,  sua  verità,  sua  gloria,  e  per  quanto  riguarda  la
                  dolcezza dice: «L’anima mia rifiuta ogni consolazione; mi ricordo di Dio e trovo gioia»
                  [Sal 76,3-4]; e per quanto riguarda la verità: ho ritenuto di «non sapere nulla, se non
                  Gesù Cristo» [1Cor 2,2], sono diventato stolto per lui; e per quanto riguarda la gloria:
                  «Chi  si  gloria,  si  glorii  nel  Signore»  [1Cor  1,31].  Perciò,  non  avendo  altra  meta  cui
                  tendere  o  altra  cosa  da  cercare,  l’anima  trova  pace  e  stabilità  in  Dio,  poiché  in  lui
                  possiede ogni cosa e tutto il resto lo disprezza e lo tiene in scarsa considerazione.
                     Per spiegare queste cose si potrebbero moltiplicare all’infinito le parole. Per chi ne
                  ha esperienza queste poche sembrano bastare, mentre per chi non ne ha esperienza, per
                  chi ha uno spirito rozzo, per chi solo a fatica può essere spinto con incitamenti umani ad
                  esercitare  la  propria  anima  nell’amore,  nessuna  parola  basterà  mai  a  fargliele
                  comprendere appieno.



                                              [CONSIDERAZIONE XLIII]

                             La quarantatreesima considerazione tratta dell’orazione amorosa
                                    e delle sue proprietà, e la definisce con molta cura
                                         secondo la tradizione dei grandi maestri.

                     Le proprietà dell’amore e le condizioni della teologia mistica indicate in precedenza
                  possono  essere  attribuite  appropriatamente  anche  all’orazione  perfetta.  Eccone  il
                  motivo:  nell’anima  contemplativa  l’amore  e  la  teologia  mistica  o  si  identificano  con
                  l’orazione perfetta, oppure si presuppongono a vicenda.
                     Come  è  chiaro  da  quanto  affermato  in  precedenza,  la  teologia  mistica  è  una
                  conoscenza  sperimentale  di  Dio  ottenuta  grazie  all’unione  dell’affetto  o  sentimento
                  spirituale  con  Lui,  secondo  quanto  dice  l’Apostolo:  «Chi  si  unisce  a  Dio,  è  un  solo
                  spirito con Lui» [1Cor 6,17]; e questa unione avviene nell’amore estatico, come attesta
                  il beato Dionigi. Inoltre questa stessa teologia mistica, che rientra nel novero dei doni, si
                  chiama sapienza, essendo per così dire una scienza che ha sapore. Il divino Dionigi la
                  chiama anche sapienza irrazionale e fuori di sé, perché va al di sopra della ragione e
                  della  mente  e  passa  nel  sentimento  o  affetto:  ma  non  in  un  affetto  qualsiasi,  bensì
                  nell’affetto o sentimento puro che sta sullo stesso piano dell’intelletto, ed è con questo
                  affetto  che  i  puri  di  cuore  vedono  Dio.  Dico  «vedono»  —  secondo  la  promessa  di
                  Cristo: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» [Mt 5,8], ed anche secondo quel
                  passo dell’omelia di Gregorio: «L’amore è un prender conoscenza» — nel senso che lo
                  sentono e lo gustano.
                     Ora,  ritornando  al  punto  da  cui  prese  inizio  questa  considerazione,  che  altro  è
                  l’orazione  perfetta  se  non  una  siffatta  presa  di  conoscenza  sperimentale  e  affettiva?
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