Page 43 - Teologia Mistica
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Ma spieghiamo anche perché questa unione coinvolga lo stesso corpo. Lo spirito reso
                  simile a Dio nel modo suddetto, così determinato e influenzato dall’amore, influenza e
                  determina a sua volta il corpo, che funge da elemento materiale suscettibile di ricevere
                  una  forma,  per  la  sua  ridondanza  sul  corpo  stesso.  Allora  succede  che  il  corpo  così
                  influenzato  e  determinato  rivesta  e  assuma  certe  proprietà  dello  stesso  spirito,
                  abbandonando  o  mantenendo  quasi  del  tutto  inattive  le  proprie.  Di  qui  il  detto  di
                  Aristotele: «Nell’uomo virtuoso tutto è in accordo con la ragione». Così il nostro spirito,
                  attratto da Dio, a sua volta attrae a sé quel che appartiene al corpo, onde consegue la
                  mirabile unione dello spirito con Dio e del corpo con lo spirito.



                                               [CONSIDERAZIONE XLII]

                                La quarantaduesima considerazione mostra come l’anima
                                    trovi pace in Dio secondo la sua triplice tendenza,
                                         in quanto si conforma in certo qual modo
                              all’immagine della santa Trinità che ha preso dimora in lei ecc.

                     Nell’unione amorosa con Dio, in cui sembra consistere la teologia mistica, l’anima
                  trova pace, soddisfazione e stabilità.
                     Questa  [terza  proprietà  dell’amore]  è  facilmente  deducibile  da  quanto  abbiamo
                  appena detto. Poiché infatti ogni  cosa entra in quiete quando ha raggiunto la propria
                  perfezione  e  vi  si  è  congiunta,  necessariamente  anche  il  nostro  spirito  trova  quiete,
                  soddisfazione  e  stabilità  quando  nell’amore  perfetto  si  unisce  e  congiunge  all’Essere
                  sommamente perfetto. Allo stesso modo la materia trova quiete nel ricevere la forma, la
                  pietra nel venir posta al centro della terra, qualsiasi cosa nel conseguire il proprio fine.
                  Ora  l’anima  razionale,  quando  si  congiunge  e  si  unisce  a  Dio,  aderisce  al  suo  bene
                  sommo:  Dio  infatti  è  il  suo  sommo  bene,  il  suo  centro,  il  suo  fine  e  tutta  la  sua
                  perfezione.  Cosa  dunque  potrebbe  cercare  d’altro,  a  cos’altro  potrebbe  ulteriormente
                  aspirare?
                     Nell’anima vi sono tre tendenze principali, corrispondenti alla sua triplice potenza o
                  facoltà: la prima la chiamiamo concupiscibile, la seconda razionale, la terza irascibile.
                  La concupiscibile tende al bene, la razionale al vero, la irascibile all’arduo. Orbene, con
                  queste tre facoltà l’anima tende verso la santa e benedetta Trinità, e la cosa non stupisce,
                  perché essa è fatta a sua somiglianza, anzi è costituita sua immagine. Se attribuiamo allo
                  Spirito santo la bontà, a questa tende la facoltà concupiscibile. Se attribuiamo al Figlio
                  la  verità,  a  questa  tende  la  facoltà  razionale.  Se  attribuiamo  al  Padre  la  potenza,  la
                  maestà e la gloria, a queste tende la facoltà irascibile.
                     Una  volta  dunque  che  queste  facoltà  siano  state  soddisfatte  per  essersi  congiunte
                  ciascuna  con  il  proprio  supremo  oggetto  di  desiderio,  l’anima  razionale  troverà
                  necessariamente soddisfazione, pace e stabilità complete. Se infatti si cerca la gioia nel
                  bene  adeguato e nella dolcezza del  piacere,  cosa dire della suprema beatitudine  [che
                  prova] l’anima [nell’essere unita a Dio]? Ascoltiamo quel che il profeta dice al Signore:
                  «Li disseterai al torrente delle tue delizie» [Sal 35,9]. Invece il poeta satirico dice che
                  ogni piacere assaporato nella ricerca delle realtà più basse «sa più di aloe che di miele»,
                  in quanto va leccando il miele su pruni e ortiche. Giustamente perciò Boezio dice al
                  riguardo: «Questa è la caratteristica di ogni piacere: punge coloro che ne godono».
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