Page 33 - Teologia Mistica
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invece la carità edifica» [1Cor 8,1]. Nella [prima] lettera a Timoteo, là dove parla
dell’uomo che non si attiene alla dottrina che è secondo la pietà, Paolo dice ancora che
costui è «superbo, ignorante, preso dal malanno delle questioni oziose e dei cavilli di
parole, donde nascono invidie, contese, maldicenze, cattivi sospetti, controversie di
uomini corrotti di mente» perché «privi della verità» [lTm 6,4-5]. E infine Giacomo, là
dove parla delle due sapienze, afferma: «Questa sapienza non viene dall’alto, ma è
terrena, carnale, diabolica» [Gc 3,15]. E prosegue: «Invece la sapienza che viene
dall’alto in primo luogo è pura, poi pacifica, indulgente, conciliante, piena di
misericordia e feconda di buoni frutti, aliena da parzialità e da ipocrisia» [Gc 3,17].
Questo è detto non perché la scienza o sapienza, che è la perfezione dell’intelletto, sia in
sé cattiva, ma perché un suo cattivo uso da parte di uomini perversi è tanto più nocivo e
pericoloso quanto più essi se ne servono per combattere contro le virtù e a favore dei
vizi.
E allora ecco che molti, tratti in inganno da cattive suggestioni, vanno alla ricerca dei
fini più svariati, e così, essendosi allontanati da Dio, che è il nostro vero fine,
necessariamente si disperdono in mille cose. L’uno si proporrà per fine la ricchezza,
l’altro la bassa voluttà; questo gli splendidi onori, quest’altro la potenza che presto
scompare ed è fonte di inquietudine. E poiché è secondo le esigenze del fine vero o
ritenuto tale che si pianifica tutto il resto, una volta sovvertito o pervertito il fine ne
sentiranno necessariamente il contraccolpo anche le cose pianificate in ordine al fine.
Non meraviglia perciò che la scienza, quando venga abbassata al servizio
dell’acquisizione di ricchezze, si chiami terrena; quando ricerchi vergognosamente i
piaceri, prenda il nome di carnale; quando serva alle invidie, alle sètte, alle eresie, alle
contese e a consimili nequizie spirituali, venga giustamente considerata diabolica.
Quindi la scienza degli uomini perversi riceve tanti nomi quanti sono i vizi che se ne
appropriano, per cui viene detta superbia, arroganza, presunzione ecc. Di tali individui
la Scrittura dice: «Sono sapienti per fare il male» [Ger 4,22]. Ecco perché dei greci si
diceva: hanno leggi buone e pessimi ingegni. Invece la sapienza che viene dall’alto e di
cui parliamo, poiché persegue la carità e le altre virtù, viene chiamata col nome di
queste ultime, per cui è detta «paziente», «benigna», «non invidiosa», «non ambiziosa»
[1Cor 13,4-5] ecc.
Noi dunque non diciamo che ogni teologia speculativa è perversa o propria dei
perversi, e neppure che è sempre accompagnata da vizio, bensì che sono viziosi coloro
che ne usano male. Nella teologia mistica invece non vi può essere abuso alcuno, se non
forse a causa della superbia, come poco sopra si è accennato.
[CONSIDERAZIONE XXXIII]
La trentatreesima considerazione espone la differenza
che c’è tra i buoni fedeli nel modo di rapportarsi
alla teologia mistica, e lo illustra con un esempio.
Restringendoci ora all’ambito [dei buoni fedeli, cioè] di coloro che non si sono
pervertiti né allontanati da Dio loro fine, possiamo notare un’altra differenza tra il
teologo speculativo e il teologo mistico: il primo si distingue dal secondo come l’artista
soltanto speculativo, privo di strumenti adeguati e di habitus acquisiti, differisce