Page 31 - Teologia Mistica
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ragionamenti, come succede nelle discipline filosofiche. Per questo alcuni la chiamano
                  teologia  scolastica  o  logico-letteraria.  Ma  simili  esercitazioni  scolastiche  non  sono
                  sufficienti  [per  formare  un  buon  teologo],  se  l’interessato  non  si  sforza  con  ardente
                  studio di assimilare intimamente e con precisione ciò che hanno insegnato i massimi
                  maestri:  altrimenti  farà  teologia  con  le  sole  orecchie  corporee,  come  i  bambini  o  le
                  gazze, senza comprendere davvero ciò di cui si parla o che si afferma. E tuttavia spesso
                  si dà il nome di teologi anche a chi si comporta così.
                     Invece la teologia mistica, che non si interessa di tali conoscenze logico-letterarie,
                  non  ha  bisogno  di  siffatta  scuola  —  che  potremmo  chiamare  scuola  dell’intelletto.
                  Piuttosto essa si acquisisce con la scuola dell’affetto e con l’ardente esercizio nelle virtù
                  morali,  che  predispongono  l’anima  alla  purificazione;  nelle  virtù  teologiche,  che  la
                  predispongono  a  ricevere  illuminazioni;  nelle  virtù  dei  beati,  che  rendono  l’anima
                  perfetta in corrispondenza ai tre atti gerarchicamente scanditi del purificare, illuminare,
                  rendere  perfetti.  Questa  scuola  si  può  chiamare  scuola  della  religione  o  dell’amore,
                  come l’intelletto va chiamato scuola della scienza e del sapere.
                     Ma siccome per lo più succede che l’affetto sia maggiore proprio là dove il sapere è
                  scarso  (lo  si  vede  anche  negli  animali),  per  acquisire  la  dottrina  di  questa  teologia
                  mistica  non  v’è  bisogno  di  grande  scienza,  soprattutto  acquisita.  Quando  uno  abbia
                  appreso per fede che Dio è desiderabilissimo e amabilissimo, perché la parte affettiva
                  della sua anima — se purificata, se illuminata, se disposta ed esercitata — non dovrebbe
                  venire  tutta  quanta  elevata  e  rapita  in  Colui  che  è  desiderabilissimo  e  amabilissimo,
                  anche se egli non ha studiato molto sui libri?
                     Da ciò deriviamo la [quinta] differenza: la teologia mistica, pur essendo il sapere più
                  alto e perfetto, può essere posseduta da qualsiasi fedele, anche da una donnetta o da un
                  uomo semplice. Quanto alla teologia speculativa, invece, è evidente che le cose stanno
                  diversamente: per acquisirla — come succede per la metafisica — sono necessarie la
                  grammatica, la logica, la fisica, insieme a un grande esercizio e a un ingegno acuto;
                  bisogna poi che la grazia proveniente dall’alto si fonda con quelle discipline, come è
                  avvenuto  per  gli apostoli  e come avviene per i  puri di  cuore,  ai  quali è promessa la
                  visione di Dio, e come avviene anche per gli umili amici di Dio ", ai quali Dio stesso fa
                  conoscere «i segreti della sua sapienza» [Sal 50,8] e tutto quel che ha udito dal Padre
                  suo. È in tal modo che al grande Antonio e a molti altri uomini illetterati fu donata la
                  cosiddetta teologia logico-letteraria.
                     Da quanto detto concludiamo, insieme a san Bernardo nella sua Epistola ai certosini
                  di Mont-Dieu, che la teologia speculativa non può giungere a perfezione in alcuno che
                  non possegga la teologia mistica, mentre è vero il contrario. Questa appunto è la sesta
                  differenza. Mai nessuno infatti comprenderà le parole dell’Apostolo e dei profeti — per
                  quanto altamente esse risuonino all’esterno — se non sarà imbevuto del sentimento di
                  chi  le  ha  scritte:  non  c’è  altro  modo  per  generare  nell’animo  il  significato  di  quelle
                  parole. Un cieco che senta spesso parlare dei colori potrà sì discuterne diffusamente ed
                  acutamente,  ma  nel  libro  segreto  del  cuore  non  riuscirà  mai  a  scrivere  alcuna  idea
                  precisa di quello di cui discute.




                                              [CONSIDERAZIONE XXXI]
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