Page 26 - Teologia Mistica
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[CONSIDERAZIONE XXV]

                                        La venticinquesima considerazione espone
                                        cosa significhi propriamente contemplare
                                           e come si possa errare in proposito.

                     L’astrazione  richiesta  dalla  contemplazione  non  può  essere  compiuta  con
                  l’immaginazione, né con la sola ragione.
                     Come  la  ragione  è  una  facoltà  superiore  e  più  astratta  rispetto  alla  sensibilità  o
                  immaginazione,  giacché  può  astrarre  l’essenza  delle  cose  dalla  confusione  degli
                  accidenti  e  formare  concetti  specifici  e  generali  assoluti  (il  che  è  impossibile
                  all’immaginazione), così quella facoltà che consideriamo superiore alla ragione e che
                  chiamiamo  intelletto  è  ancor  più  astratta  della  ragione,  giacché  passa  dagli  atti  della
                  ragione astratti dalle rappresentazioni [dei sensi] alla conoscenza delle realtà eterne ed
                  incorporee,  le  quali  sono  del  tutto  immuni  dalla  fallacia  delle  [suddette]
                  rappresentazioni.  (Naturalmente  l’intelletto  compie  questo  passaggio  quando  viene
                  irraggiato dalla luce inferiore, poiché quando è pervaso dalla luce superiore e divina non
                  ce n’è bisogno).
                     È evidente allora che si cerca invano la contemplazione con la sola immaginazione, e
                  in modo imperfetto con la sola ragione, per quanto entrambe le facoltà siano di aiuto, se
                  rimangono  nei  loro  limiti.  Se  uno  volesse  oltrepassare  tali  confini,  diventerebbe  o
                  fantasioso  e  sciocco  nell’uso  dell’immaginazione,  o  incapace  di  giudicare  con  la
                  ragione. Lo si è potuto constatare in alcuni i quali, mentre credono di seguire le orme di
                  uomini elevatissimi e capaci di grandissima astrazione nei loro modi di conoscere, di
                  fatto  trascurano  di  adottare  la  loro  condotta  nel  vivere  distaccati,  nell’attendere  allo
                  studio di  utili  dottrine, nel  rientrare in  se stessi e nell’elevarsi al  di  sopra di  sé:  non
                  fanno altro che riferire fantasie ed errori, pur sembrando imbevuti delle parole di grandi
                  maestri. Per ciascuno di costoro vale quel che Virgilio dice della profetessa invasata:
                     «Emette parole senza significato». Molti dei cosiddetti filosofi formalizzanti vanno a
                  finire  nel  ridicolo  con  le  loro  ciance  e  astrusità,  perché  cercano  con  la  sola
                  immaginazione  e  con  la  sola  ragione  quel  che  doveva  essere  scoperto  tramite  la
                  purificazione  dell’intelletto.  Come  avvenga  e  in  che  cosa  consista  la  purificazione
                  dell’intelletto, lo si mostrerà più avanti, a Dio piacendo.


                                                  [PARTE QUINTA
                             I TRE OCCHI DELL’ANIMA E I TRE SENTIMENTI
                                                CORRISPONDENTI]



                                              [CONSIDERAZIONE XXVI]

                                   La quinta parte principale tratta, nelle considerazioni
                                  ventiseiesimo e ventisettesima, dei tre occhi dell’anima
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