Page 24 - Teologia Mistica
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piange, tacciono le furie infernali delle passioni carnali, non si ode più il latrato di
Cerbero, perché col passar del tempo non si pensa più alle cose [terrene]. Inoltre
l’animo, che prima era oppresso dalla macina della curiosità mondana come Sisifo, o
tormentato dalla ruota volubile delle occupazioni temporali come Issione, o lacerato
dagli avvoltoi della mordace voluttà come Tizio, o affamato e assetato pur trovandosi in
un frutteto o in mezzo alle acque come l’avido Tantalo, ora ritorna a una certa pace con
se stesso, insieme a colui che diceva: «Ritorna, anima mia, alla tua pace, perché il
Signore ti ha beneficato» [Sal 114,7]. Sullo sfondo di questi lamenti e canti efficaci, si
impartisce l’ordine che Euridice venga restituita ad Orfeo, a condizione però che
[questi] non rivolga nuovamente lo sguardo verso gli inferi. Ma aggiunge Boezio:
Ohimè, ormai quasi fuori dalla dimora tenebrosa,
Orfeo guardò la sua Euridice,
e così la perse e lui stesso perì.
Questo mito allude a chiunque di voi
aspira ad elevare lo spirito
verso la luce del mondo celeste;
chi, infatti, vinto, volge gli occhi
a riguardare l’antro del Tartaro,
perde quel che reca di più prezioso
mentre sta a guardare il mondo inferiore.
A questa interpretazione si possono facilmente ricondurre anche i miti del virgiliano
Enea e di Ercole e Perseo, che scendono agli inferi e ne risalgono. Ma per ora basti
questo come spogliazione degli egiziani ed arricchimento dei cristiani.
[CONSIDERAZIONE XXIV]
La ventiquattresima considerazione mostra
con l’aiuto di vari esempi come nasca e si sviluppi
la contemplazione, e dove propriamente risieda.
La contemplazione è facilitata sia da habitus acquisiti attraverso la meditazione, sia
dallo sforzo dell’intelletto di astrarre e separarsi dalle cose sensibili, sia, più spesso,
dall’illuminazione derivante dalla grazia che eleva il nostro sguardo alle realtà divine.
La meditazione, qualora si faccia nel modo giusto, passa nella contemplazione, come
la riflessione passa nella meditazione. Una volta infatti che si sia compiuta una diligente
ricerca della verità e che, grazie a un ardente studio, si siano spogliate le essenze delle
cose dalle circostanze accidentali, si generano per ripetizione degli habitus e il lume
dell’intelletto si purifica e diviene tanto più splendente quanto più prima era immerso
nella tenebra dei pensieri legati ai sensi. Per illustrare la cosa in modo concreto,
figuriamoci col divino Agostino nel suo De Trinitate che un uomo si trovi su una
montagna molto alta, alla cui vetta non giungano né venti né nubi (come Aristotele
afferma dell’Olimpo), mentre al di sotto, quanto più la discesa verso il basso diventa
facile, tanto più inquietante è la tenebra a motivo di una commistione e di una sorta di
assorbimento dei raggi solari in fenomeni turbolenti come i venti, le piogge, la neve, la