Page 25 - Teologia Mistica
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grandine, i fulmini ecc. Questo esempio fa capire come l’uomo rivolga più
limpidamente, liberamente e speditamente il proprio sguardo verso la pura luce del sole
e del cielo quando si trovi più in alto, situato in una sorta di regione pura e tranquilla,
mentre avviene il contrario quando scivola verso il basso. A questo esempio si
riferiscono le parole del salmo: «Chi salirà sul monte del Signore, o chi starà nel suo
luogo santo?» [Sal 23,3]. Un’immagine abbastanza adeguata è anche quella dei
discepoli condotti sull’alta montagna, dove Gesù fu trasfigurato davanti a loro; come
anche quella della salita di Mosè sul monte Sinai, dove fu chiamato dal mezzo della
caligine.
Da questa immagine materiale riportiamo ora la nostra considerazione alle tre
potenze dell’anima di cui abbiamo parlato, cioè all’intelletto, alla ragione e alla
sensibilità o immaginazione, e paragoniamo la sensibilità alla parte più bassa del monte,
la ragione a quella mediana e l’intelletto a quella più alta. Se l’anima riuscirà a stare
nella rocca dell’intelletto senza cadere verso il basso, potrà volgersi con libero sguardo
da ogni parte: ora in alto ora in basso, ora avanti ora dietro, ora a destra ora a sinistra. E
questo è l’occhio della contemplazione, che era molto vivido, purissimo e liberissimo in
Adamo prima della caduta. Ora — purtroppo per noi! — è quasi del tutto spento, come
l’occhio della ragione è quasi del tutto ottenebrato e quello della sensazione quasi del
tutto corrotto.
Consideriamo ancora, nell’immagine succitata, come l’uomo, stando sulla cima di un
monte del genere, veda liberamente, quando lo vuole, non solo le cose che stanno in alto
o quelle che gli stanno vicino, ma anche quelle che avvengono in basso, e le vede molto
più liberamente e molto più chiaramente di coloro che si trovano in basso; anzi, può
distinguere il puro dall’impuro, il chiaro dal tenebroso — cosa che per chi si trova in
basso non succede mai, o solo raramente. Non diversamente l’anima che abbia meritato
di essere innalzata alla rocca dell’intelletto e che lì rimanga stabilmente, vedrà come
dall’alto tutte quelle cose che si compiono nella ragione o nella sensazione; inoltre
giudicherà tutto nella e tramite la luce dell’intelletto, giacché si appoggia su regole
astratte ed eterne, cui devono conformarsi tutte le altre cose.
Esempi al riguardo li troviamo in ogni disciplina dotata di proprie regole: secondo
queste regole gli esperti dell’una o dell’altra disciplina giudicano le singole cose che
appartengono alla loro — ciò che agli inesperti certamente non riesce. Inoltre chi abbia
una conoscenza chiara e compiuta dei princìpi, in essi e grazie ad essi vede le
conclusioni da essi deducibili più chiaramente di quanto quelle medesime conclusioni
non vengano viste in se stesse da coloro che non ne abbiano ottenuto conoscenza
tramite i princìpi.
Così abbiamo chiarito da che cosa l’occhio della contemplazione, quando lo si
possegga, sia facilitato e reso spedito, anche se acquisirlo è molto difficile. È chiaro
inoltre in quale potenza dell’anima esso risieda: in quella potenza cognitiva superiore
che si chiama intelletto. Questo occhio infatti vede non solo le realtà intelligibili e
incorporee, ma anche quelle che avvengono nella ragione e nel senso, però in modo
diverso da come le vede la ragione e in modo diverso da come le vede il senso o
immaginazione. Ritengo che la pensino così coloro che dicono esservi due specie di
contemplazione nell’immaginazione, due nella ragione e due nella luce dell’intelletto.
Con tali affermazioni non intendono certo negare che ogni contemplazione avvenga
nella e tramite la luce dell’intelletto, ma vogliono dire che si danno diverse specie di
contemplazione a seconda della varietà degli oggetti — giacché sappiamo che questi
sono vari.