Page 27 - Teologia Mistica
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e dei tre sentimenti corrispondenti. La considerazione
ventiseiesimo parla dei tre modi di conoscere,
corrispondenti a tre generi di uomini.
Vi sono tre modi di conoscere. Il primo si chiama animale, e si serve soprattutto
dell’occhio della carne; il secondo è detto razionale, ed usa prevalentemente l’occhio
della ragione; il terzo è quello spirituale, ed usa l’occhio della contemplazione. Nello
stesso modo gli uomini divini hanno distinto tre occhi e tre tipi di vista.
Di ciò tratta Agostino nel De vera religione; Bernardo nella Epistola ai monaci di
Mont-Dieu, certosini; Ugo nel suo De Sacramentis e nelle Omelie sull’Ecclesiaste.
Alcuni uomini vivono in modo non più elevato di quello degli animali: usano solo i
sensi o seguono solo i sensi. Altri seguono di più la ragione e riescono a capire le regole
astratte delle arti e delle scienze. Un terzo gruppo, andando oltre tutto ciò, si eleva al di
sopra della ragione, in una sorta di regione dell’eternità e della chiarezza: essi si
innalzano al di sopra di ogni fluttuazione e dell’infinita confusione dei desideri e dei
pensieri, e si librano per così dire in una pura aura di libertà; ormai la loro vita sembra
differire da quella degli altri uomini quasi quanto gli uomini distano dalle bestie. «E chi
è quest’uomo», o buon Dio, «e ci feliciteremo con lui?» [Eccli 31,9]. È soltanto colui
che tu avrai tratto dalle tenebre e dall’ombra di morte e di cui avrai spezzato le catene
— le catene delle passioni nocive.
[CONSIDERAZIONE XXVII]
La ventisettesima considerazione espone
quelli che sembrano essere sentimenti o affetti della mente,
ma non lo sono, e perciò indica come discernere
i veri dai falsi.
Ai tre suddetti modi di conoscere, che sono la riflessione [cogitatio], la meditazione,
la contemplazione, corrispondono tre tipi di sentimento o affetto: la bramosia o
desiderio o concupiscenza, la devozione o contrizione, ovvero compunzione o orazione,
l’amore — ma non qualsiasi, bensì quello estatico ed anagogico, cioè che conduce verso
l’alto e rapisce nelle realtà divine.
Se siamo d’accordo sulla cosa, chiedo che non si sottilizzi troppo sui termini. Infatti
non ho ripreso da altri autori questa distinzione terminologica dei sentimenti, mentre
quella relativa ai modi di conoscere l’ho trovata anche altrove.
Diciamo comunque che alla riflessione, che è uno sguardo trascurato dell’anima
esposto al fuorviamento, consegue — se la riflessione stessa riguarda un oggetto che
attrae — un sentimento trascurato e instabile, senza utilità e senza frutto, che mi sembra
potersi chiamare abbastanza opportunamente desiderio o bramosia o concupiscenza.
Alla meditazione, che è uno sguardo accorto dell’anima potentemente rivolto alla
ricerca della verità e alla scoperta delle realtà celesti, consegue — se non v’è cattiva
disposizione dell’anima — un sentimento, diverso dal precedente, rivolto alle realtà
cercate e scoperte; tale sentimento è accorto e stabile, lavora con difficoltà e con frutto.
Chiamiamolo per ora devozione o compunzione o orazione: un sentimento pio ed umile
che con forza ed ardore tende ed aspira all’amore della Verità Prima e della Bontà