Page 18 - Teologia Mistica
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ad altri invece più oscuramente. Nondimeno si offre con lucidità maggiore all’intelletto
                  che  non  alla  ragione,  ed  a  questi  due  più  limpidamente  che  non  alla  sensazione.  Un
                  esempio  concreto  può  aiutare  a  capire  ciò.  Fra  i  raggi  del  sole  e  il  nostro  occhio
                  frapponiamo  in  linea  retta  diversi  specchi  a  diverse  distanze.  Nello  spazio  fra  due
                  qualsiasi di questi specchi la luce del sole ci apparirà diversa che non nello spazio fra
                  due  altri  specchi,  al  punto  che  la  luce  vista  nello  spazio  seguente  ci  sembrerà  come
                  un’ombra  rispetto  alla  luce  vista  nello  spazio  precedente.  Constatiamo  lo  stesso
                  fenomeno  osservando  delle  candele  che,  di  notte,  proiettino  luci  diverse  contro  una
                  parete: se frapponiamo degli schermi fra quelle luci per impedire che si fondano, la luce
                  di una candela piccola, paragonata a quella di un’altra candela più grande, ci sembrerà
                  un’ombra. È facile dedurre altri parallelismi del genere dal modo di reagire dei colori,
                  che varia a seconda del diverso punto di osservazione.



                                              [CONSIDERAZIONE XVIII]

                                    La diciottesima considerazione mostra la capacità
                                   [passiva] delle sei potenze e spiega cosa si è pensato
                                     al riguardo, adducendo molte opinioni di teologi,
                                                  di medici e di filosofi.

                     Queste sei potenze non solo sono, per così dire, dei lumi: essendo capaci di ricevere
                  illuminazioni, possiamo ragionevolmente assimilarle a degli specchi.  Occorre dunque
                  mostrare  in  qual  modo  queste  sei  potenze  siano  capaci  di  ricevere  illuminazioni.  Lo
                  faremo dapprima in forma narrativa, esponendo come altri hanno visto la cosa.
                     Alcuni  hanno affermato che Dio, che è «la luce vera» [Gv 1,9], illumina la nostra
                  anima di per se stesso, senza mediazione, non solo attivamente ed efficacemente, ma
                  anche formaliter o quasi. Infatti — dicono — se può fare ciò una conoscenza creata [ =
                  la conoscenza angelica], perché non può farlo la Conoscenza Increata? Del resto questa
                  tesi non costringe affatto a porre in Dio una qualche imperfezione per il fatto che si
                  metterebbe al servizio di ciò che è da lui dipendente, oppure per il fatto che verrebbe in
                  contatto con ciò che è composto di materia, giacché qui egli produrrebbe nella creatura
                  una  modificazione  vitale  del  genere  della  causa  formale,  non  del  genere  della  causa
                  efficiente.  Di  conseguenza  —  essi  affermano  —  Dio  potrebbe  essere  la  conoscenza,
                  anzi la volizione, l’amore e la giustizia dell’anima razionale, non però in forza della sua
                  immensità,  bensì  soltanto  grazie  a  una  certa  capacità  attiva  o  vitalmente  elevabile
                  dell’anima  razionale  stessa.  Contro  questa  fantasticheria  c’è  un  articolo  parigino,  ma
                  sembra che Avicenna ed Algazel l’avessero già insegnata relativamente alla beatitudine
                  delle intelligenze [angeliche].
                     Altri  hanno  affermato  l’esistenza  di  certi  lumi  creati  diversi  dalla  sostanza
                  dell’anima:  si  tratterebbe di  habitus  innati  nell’anima  stessa ed inseparabili  dalla sua
                  essenza e quasi profluenti o sgorganti e germoglianti da essa. Nessuno si meraviglierà
                  se qualcuno ha sostenuto questa tesi, dato che esiste l’antica celebre opinione secondo
                  cui  le  potenze  intellettiva  e  volitiva  dell’anima  sono  accidenti  radicati  nell’essenza
                  dell’anima ma distinti da essa. Inoltre è nota l’opinione comune che pone negli angeli le
                  species create di tutte le cose, per salvare il fatto che essi non ricevono ogni volta una
                  conoscenza nuova e mutevole dalle cose.
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