Page 9 - Il lavoro dei monaci
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vangelo ai convertiti ne vadano delle spese, né voglio dar loro motivo di pensare che in tanto lo si predica
in quanto il predicatore vi esercita una specie di commercio. E, purtuttavia, ama tornare di bel nuovo a
presentarci quel che, a norma delle facoltà accordate da Cristo, gli sarebbe stato consentito di esigere e
che egli si rifiuta di esigere per non usare in misura indebita – come egli si esprime – del diritto che pur
possiede nei confronti del vangelo.
Condiscendenza di Paolo verso i deboli: a) Sotto la legge, con la legge, senza legge; b) Paolo non è
opportunista né simulatore.
11. 12. Ascoltiamo il brano seguente da cui si ricava che la condotta di Paolo era suggerita da
compassione per le persone più deboli nella fede. Pur essendo libero nei riguardi di tutti, mi son voluto
rendere servo di tutti per portare molta gente a salvezza. Per chi era soggetto alla legge mi son reso
come un uomo obbligato alla legge –sebbene io non fossi stretto da tale obbligo –, pur di salvare i
sottoposti alla legge. Per quelli che non hanno la legge mi son reso come un uomo privo di legge –
sebbene un senza legge io non lo sia ma abbia la legge di Cristo –, pur di salvare quelli che sono fuori
della legge. Si regolava in tal modo non per furberia o voglia di fingere ma perché animato da
compassione e carità. Non fu per apparire giudeo – come certuni hanno ritenuto –, che ad esempio, in
Gerusalemme si assoggettò alle osservanze legali dell’Antico Testamento. Lo fece, anzi, per conformarsi
alla sua teoria, adottata liberamente e chiaramente formulata là dove dice: Se uno al momento della
chiamata al cristianesimo è circonciso, non faccia scomparire questo segno. Non dovrà, cioè, costui
menare un tenore di vita quasi che fosse ridiventato pagano incirconciso, nascondendo a tal fine ciò che
aveva messo allo scoperto. Come in un altro passo dice: La tua circoncisione è divenuta prepuzio. In
conformità dunque col suo principio che “ chi è chiamato dal giudaismo non deve occultare la sua
circoncisione e chi è chiamato di tra i pagani non deve farsi circoncidere “, Paolo adottò comportamenti
che agli occhi di gente ignara o sbadata poterono sembrare simulazioni. Bisogna però sapere che egli era
un giudeo e ricevette la chiamata al cristianesimo quand’era circonciso. Pertanto, egli si rifiutò di
ridiventare incirconciso, cioè di vivere come vivevano i cristiani provenienti dal paganesimo, sebbene una
tale linea di condotta egli fosse libero di adottarla. Egli non era soggetto alla legge mosaica come
l’intendevano quelli che ne volevano un’osservanza servile, ma era sotto la legge di Cristo e di Dio, con la
quale la legge di Mosè si identificava. Poiché non erano due leggi diverse, come affermano quegli
scellerati dei manichei. Se dunque Paolo nell’adattarsi alle osservanze dei giudei lo fece per finta, si
dovrebbe dire che, sia pure per finta, egli si fece pagano e offrì sacrifici agli idoli, poiché dice che, nei
riguardi di quelli che erano al di fuori della legge, si comportò come un uomo senza la legge. Con la quale
espressione egli vuol indicare evidentemente i gentili, cioè coloro che noi siamo soliti chiamare pagani.
Bisogna ricordare a questo proposito che una cosa è essere sotto la legge, un’altra essere con la legge, una
terza essere senza la legge. Sotto la legge è la condizione dei giudei non rinati alla grazia; con la legge è la
condizione di coloro che, giudei o cristiani che siano, son mossi dallo spirito. Per cui, se giudei, seguitano
a regolarsi secondo le costumanze dei loro antenati, ma non impongono ai convertiti dal paganesimo pesi
ai quali costoro non sono assuefatti e quindi son loro soli che seguitano a circoncidersi. Senza la legge è la
condizione dei pagani che ancora non hanno conosciuto né abbracciato la fede: alle cui esigenze
l’Apostolo dice di essersi adattato: non per opportunismo o voglia di simulare, ma per misericordiosa
compassione, perché si sentiva in dovere d’andare incontro ai bisogni di quanti fra i giudei o i pagani
fossero stati ancora uomini carnali, con quella compassionevole carità con cui egli stesso avrebbe
desiderato d’essere trattato se si fosse trovato nelle loro condizioni. Si poneva sulle proprie spalle la loro
debolezza abbassandosi caritatevolmente al loro livello, non ingannandoli con una simulazione bugiarda.
Come egli spiega subito appresso: Mi sono reso debole con i deboli, per portare i deboli a salute. Tali i
motivi che lo spingevano a dire anche le cose riportate più sopra. Quindi, come non era una fandonia
l’essersi fatto debole con i deboli, allo stesso modo non lo erano gli altri atteggiamenti descritti prima.
Resta da vedere cosa sia stata quella che egli chiama debolezza sua verso i più deboli. Non fu forse il
riguardo che egli, mosso da carità, volle avere per loro, rifiutandosi d’accettare quello che a rigor di diritto
divino gli sarebbe spettato? La qual cosa egli fece per non dar l’impressione d’essere un venditore del
vangelo e per non ostacolare così il diffondersi della parola di Dio suscitando sospetti presso della gente
ancora impreparata. Se egli, il suo compenso lo avesse preteso, non avrebbe agito da imbroglione, poiché
era un diritto che realmente gli spettava. Non accettandolo fu ugualmente leale e sincero. Non disse infatti
che non gli spettava, ma che, pur trattandosi d’un suo diritto, ci rinunziava e intendeva rinunziarci in
modo assoluto. Con ciò, vale a dire col non esigere quanto a lui dovuto, si rendeva debole: si rivestiva di
quel sentimento di compassione che gli faceva pensare come avrebbe desiderato si agisse con lui nel caso
che si fosse trovato nella stessa condizione di spirito tanto malferma da sospettare del traffico affaristico
sul conto dei predicatori del vangelo vedendoli accettare compensi materiali.
Agostino – Il lavoro dei monaci pag. 7 di 23