Page 6 - Il lavoro dei monaci
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dovutogli e col procurarsi il vitto di ogni giorno mediante il lavoro dava segno d’una più completa
dedizione di sé al bene della Chiesa. Era stato detto infatti a quell’albergatore al momento d’accogliere il
ferito di cui il vangelo: Che se poi avrai speso di più, io te ne compenserò al ritorno. Pertanto, da soldato
stipendiato da se stesso – come egli afferma – l’Apostolo si prodigava oltre i limiti di quanto strettamente
doveroso. Racconta il Vangelo: In seguito egli si pose in cammino e predicava per città e villaggi ed
annunziava il vangelo del regno di Dio. Con lui c’erano i Dodici e alcune donne che egli aveva liberate
da spiriti maligni e da malattie: Maria detta la Maddalena da cui erano usciti sette demoni, Giovanna
moglie di Cusa procuratore di Erode, Susanna e molte altre. Costoro provvedevano al sostentamento di
lui e dei suoi con i propri averi. Ecco l’esempio del Signore a cui si conformavano gli apostoli quando
accettavano d’essere provvisti del cibo loro dovuto. Ne parla espressamente il Signore quando dice:
Andate a predicare. Annunziate che il Regno dei cieli è vicino. Guarite i malati, risuscitate i morti,
mondate i lebbrosi, scacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non prendete
né oro né argento né monete nelle vostre cinture; non la bisaccia da viaggio né due tuniche, non le
scarpe né il bastone. Poiché chi lavora merita d’essere nutrito. Ecco passi in cui il Signore insegna quel
che riferisce l’Apostolo. Non per altro motivo infatti diceva il Signore di non portare niente nei viaggi, se
non perché in caso di necessità avrebbero potuto ricevere [il necessario] da coloro ai quali annunziavano
il regno di Dio.
Concessioni non imposizioni.
6. 7. Tale concessione non era un privilegio esclusivo dei Dodici. Si può ricavare da quanto racconta
Luca: In seguito il Signore ne prescelse altri settantadue e a coppie li mandò avanti a sé nelle città e in
ogni luogo dove egli sarebbe passato. E diceva loro: La messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate
dunque il Padrone della messe affinché mandi dei lavoratori nella sua messe. Andate! Ecco io vi mando
come agnelli fra i lupi. Non portate con voi né borsa né bisaccia né calzari. Per strada non fermatevi a
salutare nessuno. E quando entrate in qualche casa, prima di tutto dite: Sia pace a questa casa! E se lì si
troverà un amante della pace, la vostra pace si poserà su di lui, altrimenti essa ritornerà da voi. In tale
casa poi vi fermerete e mangerete e berrete ciò che vi si trova. Poiché chi lavora merita il compenso. Da
questo brano si può concludere che si trattava non di obblighi ma di concessioni. Per cui, se uno avesse
voluto approfittarne, non avrebbe oltrepassato i limiti di ciò che, sulla base dell’insegnamento del Signore,
gli era consentito; chi invece non l’avesse voluto fare non sarebbe andato contro un comando, ma avrebbe
rinunziato a un diritto. Ricusandone anche gli emolumenti consentiti, la sua condotta sarebbe risultata più
caritatevole e generosa nei riguardi del Vangelo. Se così non fosse stato, avrebbe trasgredito il comando
divino l’Apostolo stesso, il quale, dopo aver dimostrato come la cosa gli fosse lecita, subito aggiunge: Io
però di tale facoltà non mi sono mai servito.
Paolo rinunzia al diritto di essere mantenuto.
7. 8. Riprendiamo il filo del discorso e scrutiamo con attenzione tutt’intero il passo dell’epistola. Dice:
Non ci è dunque stata data facoltà di mangiare e di bere? Non abbiamo forse l’autorizzazione di
condurre con noi una donna di fra le sorelle? Si riferisce evidentemente alla facoltà concessa dal Signore
a coloro che mandava a predicare il Regno dei cieli quando diceva: Mangiate le cose da loro fornite,
poiché chi lavora merita la sua ricompensa, e così pure all’esempio che nell’uso di tale facoltà aveva
offerto il medesimo nostro Signore, al cui necessario provvedevano con i loro averi certe pie donne a lui
molto affezionate. Ma l’apostolo Paolo fece ancora di più, per quanto nella condotta dei suoi colleghi di
apostolato trovasse un argomento per dimostrare che tale facoltà era stata effettivamente concessa dal
Signore. Non è infatti in tono di rimprovero che soggiunge: Come usano fare gli altri apostoli e i fratelli
del Signore, Cefa compreso. Quanto a sé, egli nota che, sebbene si trattasse di cose lecite e praticate dai
suoi colleghi di apostolato, non volle mai ricevere niente da nessuno. Forse che a me soltanto e a
Barnaba è stata negata la facoltà di esimerci dal lavoro? Testo chiarissimo, che toglie qualsiasi dubbio
anche ai più testoni e manifesta di che sorta di lavoro egli parli. Che significato infatti potrebbe avere la
frase: Ma che davvero io solo e Barnaba non abbiamo il diritto di esimerci dal lavoro?, se non si riferisse
al diritto concesso dal Signore agli evangelizzatori e agli addetti al ministero della parola di fare a meno
del lavoro manuale e di vivere del vangelo che annunziavano? La loro attività sarebbe dovuta essere
esclusivamente spirituale: predicare il Regno dei cieli e instaurare la pace cristiana. Né venga qualcuno a
dirmi che le parole dell’Apostolo: Ma che forse io solo e Barnaba non abbiamo il diritto di esimerci dal
lavoro? si riferiscano al lavoro spirituale. Si tratta infatti d’un diritto posseduto da tutti gli apostoli; per
cui, se avessero ragione quei tali che tanto s’adoperano per falsare e stravolgere il comando dell’Apostolo
portandolo a significare quel che loro pensano, ne verrebbe la conseguenza che tutti gli evangelizzatori
Agostino – Il lavoro dei monaci pag. 4 di 23