Page 7 - Il lavoro dei monaci
P. 7
avevano ricevuto dal Signore il diritto di non evangelizzare: cosa, evidentemente, fra le più assurde e
stupide che si possano pensare. Ma, allora, perché ostinarsi a non capire una verità così ovvia, e cioè che,
se gli apostoli avevano ricevuto una qualche concessione per cui si ritenevano esentati dal lavoro, questa
riguardava il lavoro manuale con cui avrebbero dovuto procurarsi da vivere? Proprio come si legge: Ogni
lavoratore ha diritto al suo nutrimento e alla sua ricompensa. Era, comunque, una facoltà non esclusiva
di Paolo e Barnaba, ma ne godevano ugualmente tutti gli apostoli; solo che Paolo e Barnaba non se ne
avvalevano, prodigandosi a bene della Chiesa più di quanto era strettamente di dovere, come stimavano
opportuno dover fare per andare incontro alla fragilità della gente nei diversi luoghi dove predicavano il
vangelo. Che non abbia voluto criticare i suoi colleghi di apostolato lo manifesta in quel che soggiunge
immediatamente dopo: Chi mai – dice – si mette a fare il soldato stipendiandosi di propria tasca? Qual è
quel pastore che non trae utile dal latte del suo gregge? Ma che son forse, queste, solo delle chiacchiere
in uso fra gli uomini? O non piuttosto insegna così anche la legge? Nella legge di Mosè si trova infatti
scritto: Non turerai la bocca al bue che trebbia. Forse che il Signore si prende cura dei buoi? O non
piuttosto lo dice di noi? Certamente è detto di noi, poiché chi ara deve arare sorretto dalla speranza e
chi trebbia deve trebbiare nella speranza di partecipare del raccolto. Con queste parole l’apostolo Paolo
dimostra che gli apostoli suoi compagni di lavoro, allorché evitavano di lavorare manualmente per
procurarsi da vivere, non usurpavano nulla che loro non spettasse. Si comportavano come aveva stabilito
il Signore, e vivendo delle loro fatiche evangeliche, mangiavano gratis il pane offerto loro da quelli ai
quali, ugualmente gratis, avevano predicato le ricchezze della grazia. Era una specie di stipendio che,
come soldati, riscuotevano. Dal fruttato della vigna che avevano piantato coglievano liberamente quanto
loro occorreva. Dal gregge che menavano a pascolo mungevano il latte per trarne da bere. Dall’aia dove
trebbiavano prelevavano il cibo.
Preferisce lavorare manualmente.
8. 9. Le parole che aggiunge sono ancora più chiare, tali da dissipare nella forma più assoluta ogni sorta di
dubbio o d’equivoco. Dice: Se noi abbiamo sparso fra voi la semente spirituale, che gran cosa poi è se
veniamo da voi a mietere proventi materiali? Le sementi spirituali sparse dall’Apostolo sono la parola di
Dio, il mistero insondabile del Regno dei cieli. Le “ cose carnali “ che egli si dice autorizzato a “ mietere “
cosa mai dovranno essere, allora, se non i beni materiali che ci sono stati concessi dal Creatore per far
fronte alle necessità della vita temporale? Di tali prestazioni dice apertamente Paolo che, sebbene a lui
dovute, egli non le ha mai né cercate né accettate, perché il suo comportamento non fosse di ostacolo alla
diffusione del vangelo di Cristo. Per cui resta dimostrato che, se egli lavorò per procurarsi di che vivere, il
suo lavoro fu un lavoro manuale, eseguito per davvero con le sue mani di carne e d’ossa. Egli avrebbe
potuto procurarsi vitto e vestito mediante la sua attività spirituale, accettando cioè le cose materiali dai
fedeli per il fatto che lavorava a costruire l’edificio del vangelo. In tal caso, però, egli non avrebbe potuto
soggiungere: Se altri vengono a far valere dei diritti sopra di voi, perché ciò non dovremmo a maggior
ragione far noi? Ma noi di questi diritti non ci siamo serviti, preferendo sottoporci a ogni sorta di
incomodi pur di non creare ostacoli al vangelo di Gesù Cristo. Qual è il diritto che egli dice di non aver
fatto valere se non quello che aveva ricevuto dal Signore di approfittare delle loro sostanze materiali per
tirare avanti la vita quaggiù? Quel diritto di cui si avvalevano anche certi altri banditori del vangelo, i
quali, pur non avendovi predicato il vangelo per primi, vi si erano recati in seguito con lo stesso intento di
predicare Cristo nella loro chiesa. Pertanto, dopo aver detto: Se noi abbiamo sparso fra voi della semente
spirituale, che gran cosa poi è se veniamo da voi a mietere proventi materiali?, soggiunge: Se altri
vengono a far valere del diritto sopra di voi, perché a maggior ragione non dovremmo farlo anche noi?
E quindi, dimostrato cosa egli intenda per suo “ diritto “, conclude: Ma noi al nostro diritto abbiamo
rinunciato, preferendo sottoporci a ogni sorta di incomodi pur di non creare ostacolo al vangelo di
Cristo. Vengano un po’ adesso costoro a spiegarci come mai si possa dire che l’Apostolo traeva di che
vivere dal suo lavoro spirituale quando lui stesso attesta in termini inequivocabili che di questa
prerogativa non ha voluto mai far uso. Che se poi non è dal suo lavoro spirituale, che ricavava il
sostentamento materiale, resta che questo sostentamento se lo procurasse lavorando manualmente. È, del
resto, quanto egli afferma: Non abbiamo mangiato a ufo il pane di nessuno, ma ce lo siamo guadagnato
lavorando notte e giorno. Stenti e fatiche abbiamo sostenuto per non essere di peso ad alcuno. Non che ci
mancasse il potere di farlo, ma volevamo darvi l’esempio e offrirvi un modello da ricopiare. A molestie di
ogni sorta ci sottoponiamo – dice ancora – pur di non frapporre ostacoli al vangelo di Cristo.
Interpretazioni assurde e faziose.
9. 10. Ci ritorna ancora, e in più forme e a più riprese l’Apostolo ricorda ciò che gli sarebbe stato lecito e
Agostino – Il lavoro dei monaci pag. 5 di 23