Page 12 - Il lavoro dei monaci
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senza spenderci lavoro, come fanno i commercianti, gli appaltatori, gli agenti di borsa e di cambio: i quali
                  si tengon su a forza di tensione e non lavorano soltanto con le mani, per cui debbono avere lo spirito
                  sempre immerso nell’ansia del possedere). A proposito dunque di Timoteo, per sottrarlo a simili attività –
                  dato  che  egli  a  causa  della  sua costituzione fisica malaticcia non poteva sottoporsi a lavori manuali  –
                  Paolo  spesse  volte  torna  ad  esortarlo,  avvertirlo,  consolarlo.  Gli  dice:  Lavora  come  si  conviene  a  un
                  soldato di Cristo Gesù. Nessuno che voglia stare sotto le insegne di Dio ha da immischiarsi in faccende
                  secolaresche, per restare accetto a colui dal quale vuol essere approvato. Difatti chi entra nell’arena per
                  gareggiare non otterrà la corona se non avrà condotto la gara a norma del regolamento. E perché il
                  discepolo non avesse a trovarsi in difficoltà e gli venisse fatto di somigliarsi a quel tale che non era capace
                  di vangare e si vergognava di fare l’accattone, gli soggiunge: Il contadino che fatica deve, egli per primo,
                  raccogliere dal fruttato del suo terreno. È lo stesso pensiero che aveva espresso nella lettera ai Corinzi:
                  Chi fa il militare a sue proprie spese? Chi pianta una vigna e da essa non si prende il necessario? Chi
                  mena a pascolo un gregge e non si nutre col latte delle pecore? In tal modo, liberò dalle angustie il probo
                  evangelista,  che  predicava  il  vangelo  disinteressatamente,  ma  nello  stesso  tempo  non  era  in  grado  di
                  provvedere da sé il necessario per la vita presente. Egli doveva rendersi conto che accettare il necessario
                  da  coloro  per  i  quali  combatteva  non  era  un  accattonaggio  ma  un  diritto.  I  convertiti  erano  nei  suoi
                  riguardi una specie di popolazione di provincia, una vigna che egli coltivava con solerzia, un gregge che
                  egli conduceva al pascolo.
                  San Paolo organizza una colleta per i poveri: esige dei testimoni a scanso di dicerie.

                  16. 17. In vista delle occupazioni a cui si dedicano i servi di Dio e delle malattie che non si riuscirà mai ad
                  eliminare del tutto dalla vita quaggiù, l’Apostolo non soltanto consente che i buoni fedeli contribuiscano
                  ad alleviare la povertà dei santi nella Chiesa, ma li esorta con ragioni quanto mai salutari. Omettiamo di
                  considerare  il  diritto  che  egli,  per  quanto  affermi  che  personalmente  non  se  n’è  mai  servito,  tuttavia
                  impone che debba essere rispettato dai fedeli allorché dice: Colui che riceve l’istruzione faccia partecipe
                  il suo catechista di tutti i beni di cui dispone. Omettiamo di fermarci su questo diritto che l’Apostolo più
                  volte riconosce ai predicatori del Vangelo sulla gente che evangelizzano; e vediamo come egli rivolga
                  ordini ed esortazioni alle Chiese della gentilità affinché facciano delle collette per sovvenire alle necessità
                  dei santi di Gerusalemme: i quali avevano venduto tutte le loro proprietà, se n’erano divisi il ricavato e
                  conducevano una perfetta vita comune, e nessuno chiamava proprio quello che gli apparteneva, ma ogni
                  cosa era fra loro comune, e in Dio godevano di una grande unità di cuore e d’anima. Di tale iniziativa
                  scrive ai Romani: Adesso mi recherò a Gerusalemme per rendere un servigio ai santi. Le comunità di
                  Macedonia e di Acaia infatti han creduto bene di fare un gesto di solidarietà verso i poveri di tra i santi
                  di Gerusalemme. È stato un gesto spontaneo ma era anche un debito che avevano. I pagani infatti sono
                  stati resi partecipi dei beni spirituali un tempo di pertinenza dei giudei, e quindi è per loro un dovere
                  soccorrerli con beni materiali. Pensiero assai affine a quello di prima ai Corinti: Se noi abbiamo sparso
                  fra voi semi spirituali è cosa straordinaria che veniamo a raccogliere frutti materiali? Identico pensiero
                  in seconda ai Corinti: Vogliamo darvi notizia, fratelli, della grazia che Dio ha concessa alle Chiese di
                  Macedonia. Sebbene in mezzo a grandi prove e tribolazioni, la gioia di cui erano ripieni e la povertà che
                  in loro era estrema han dato frutti copiosissimi di generosità in mezzo a loro. Sono stati generosi – posso
                  attestarlo con tutta sincerità – conforme alle loro disponibilità e oltre le loro disponibilità. Ci hanno
                  rivolto numerose suppliche al fine di partecipare alla grazia e alla comunione di servizio  in favore dei
                  santi. E non soltanto nella misura che era lecito aspettarsi ma fino ad offrire volontariamente se stessi
                  prima  a  Dio  e  poi,  per  volere  divino  anche  a  noi:  tanto  che  noi  abbiamo  dovuto  scongiurare  Tito
                  affinché, come ha cominciato, così porti a termine anche fra voi quest’opera di carità. E siccome voi
                  siete soliti primeggiare sempre in tutto  – fede, eloquenza, scienza, premurosità di vario genere e così
                  pure in affezione verso di noi – vi esortiamo a primeggiare anche in quest’opera di generosità. Non è un
                  comando quello che vi do, ma solo per saggiare quale sia il meglio della vostra carità dietro l’impulso
                  dell’emulazione  per  gli  altri.  Conoscete  infatti  quale  sia  stata  la  liberalità  del  nostro  Signore  Gesù
                  Cristo:  il  quale,  essendo  ricco, si è reso povero per voi, allo scopo d’arricchirvi con la sua povertà.
                  Vengo dunque a darvi un consiglio: ciò infatti si addice a voi che già fin dall’anno scorso prendeste
                  l’iniziativa  non  solo  nell’esecuzione  dell’opera  ma  anche  nel  deciderla.  Orbene,  portate  ora  a
                  compimento  l’opera  intrapresa,  di  modo  che,  come  fu  pronto  lo  spirito  nel  volere,  così  lo  sia  anche
                  nell’attuare  il  proposito.  Naturalmente,  secondo  le  disponibilità  di  ciascuno.  In  effetti,  quando  c’è  la
                  prontezza di volontà, essa è gradita se offre secondo quel che ha, non in proporzione di ciò che non ha.
                  Non deve infatti succedere che, mentre si procura il nutrimento agli altri, voi abbiate a trovarvi nella
                  strettezza  ma  si  miri  all’uguaglianza.  Nell’ora  presente  la  vostra  prosperità  si  riversi  sulla  loro
                  indigenza, perché poi il loro benessere si riversi sulla vostra indigenza, e così si ottenga l’uguaglianza,





                  Agostino – Il lavoro dei monaci                                            pag. 10 di 23
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