Page 16 - Il lavoro dei monaci
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anche a noi dev’essere lasciata libera la scelta di profittare o non profittare di tali facoltà.
Si distinguono le circostanze e si obbedisce all’Apostolo!
20. 24. Potrei sciogliere rapidamente la questione e dire – sarebbe del resto una risposta esatta – che,
comunque, le parole dell’Apostolo debbono sempre essere credute e rispettate. Egli, infatti, sapeva il
motivo per cui nelle Chiese sorte in terra pagana non stava bene recare il vangelo come roba da mercato.
Non voleva con ciò porre sotto accusa i colleghi di apostolato, ma sapeva distinguere le circostanze
particolari esclusive della sua missione. Difatti gli apostoli – per ispirazione divina certamente – s’erano
divisi le province dove annunziare il vangelo: Paolo e Barnaba le terre pagane, gli altri le collettività
giudaiche. Ad ogni modo, che Paolo ordini di lavorare a coloro che non hanno ricevuto alcuna delle
facoltà accordate agli apostoli, è cosa sicura, e i testi sopra esaminati lo provano all’evidenza.
L’attività degli Apostoli e l’oziosità dei monaci.
21. 24. Quanto poi ai nostri fratelli che avanzano il diritto di esentarsi dal lavoro, mi sembra – per quanto
posso giudicare – che essi se l’attribuiscono con troppa faciloneria. Se fossero degli evangelizzatori, va
bene, l’avrebbero certamente. Se fossero sacerdoti e avessero ad attendere all’amministrazione dei
sacramenti, giustissimo!, sarebbe un diritto non usurpato ma più che legittimo.
Normalmente gli oziosi non provengono da ceti nobili...
21. 25. Fossero stati almeno dei benestanti allorché erano nel mondo e mai avessero avuto bisogno di
lavorare per il sostentamento! In tal caso, se dopo che si son dati a Dio e han distribuito ai bisognosi i loro
averi non se la sentono di lavorare, questa esigenza della loro fragilità dev’essere presa in considerazione
e sopportata. Di solito, infatti, questi uomini, educati non meglio (come qualcuno pensa) ma piuttosto con
minore vigoria, non reggono alle fatiche corporali. Di tale rango dovevano essere, almeno in gran parte, i
fedeli di Gerusalemme. Troviamo infatti scritto che avevano venduto i loro possedimenti e depositato ai
piedi degli apostoli la somma ricavata perché fosse ripartita a vantaggio dei singoli in conformità dei
bisogni di ciascuno. E siccome erano stati trovati vicini al Regno di Dio ed erano stati di utilità per i
pagani – i quali furono chiamati che erano lontani, cioè dal culto degli idoli – come sta scritto: Da Sion
uscirà la legge, da Gerusalemme la parola del Signore, l’Apostolo concludeva che i cristiani del
paganesimo erano in debito con quei di Palestina. Sono in debito, diceva, e ne precisava il motivo: I
pagani hanno beneficiato dei loro privilegi spirituali e per questo debbono somministrare ad essi delle
sostanze materiali.
...ma da classi plebee.
22. 25. Ma, tornando a questa gente che si consacra al servizio di Dio e ne fa la professione, la più parte di
essi o provengono di tra gli schiavi o son dei liberti che per motivo religioso hanno ottenuto la libertà o
son lì per ottenerla; ovvero, son dei contadini vissuti nei campi o artigiani che hanno esercitato l’uno o
l’altro mestiere o attività in uso fra i plebei. Gente, quindi, che ha sortito un’educazione vigorosa e per
questo più fortunata di quella degli altri. Gente che, se ci si rifiutasse d’accettare in monastero, si
commetterebbe un grave errore, poiché proprio di tra costoro sono usciti uomini veramente eccellenti e
degni d’essere imitati. Valgono al riguardo le parole: Dio ha scelto quanto nel mondo c’era di debole per
confondere i forti, quanto c’era di stolto per confondere i sapienti, e la gente priva di titoli nobiliari e la
gente che non valeva nulla, come se fosse valsa chi sa che cosa, allo scopo di svuotare chi era qualcosa
nel mondo, affinché nessun mortale avesse a gloriarsi dinanzi a Dio. Il ricordo di tali ammaestramenti,
santi e salutari, fa sì che in monastero vengano ammessi anche coloro che non presentano alcun
documento a comprovare che abbiano cambiato in meglio la loro vita. Né sempre consta con sicurezza se
siano venuti con l’intenzione di servire Dio o non piuttosto perché, fuggendo a tasche vuote una vita
intollerabile e per il lavoro e per la povertà, si son ripromessi di venir mantenuti, vitto e vestito, dalla
comunità. Tanto più che vengono anche a riscuotere onori da parte di coloro da cui non solevano ricevere
se non disprezzo e umiliazioni. Orbene, costoro, non potendosi sottrarre al lavoro con la scusa della salute
malferma (debbono ammetterlo per forza a causa del genere di vita condotto fino allora!), pretendono di
farla franca celandosi all’ombra d’una dottrina erronea: per cui, interpretato falsamente il vangelo,
s’adoperano per stravolgere le norme fissate dall’Apostolo. Uccelli dell’aria per davvero, che si levano in
alto sulle ali della superbia, e insieme gramigna della terra per il loro fin troppo umano sentire.
Oziosi e patrocinatori dell’oziosità.
Agostino – Il lavoro dei monaci pag. 14 di 23