Page 19 - Il lavoro dei monaci
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della  Chiesa  primitiva  minacciati  da  carestia?  Perché  mai  gli  apostoli  si  diedero  tanto  da  fare  per
                  raccogliere il necessario ai fratelli che erano nelle strettezze, sicché nulla mancasse loro anche in tempo
                  avvenire? Come attesta san Paolo nella lettera ai Corinzi, in cui scrive: Per quanto concerne la colletta a
                  pro dei santi, lo stesso che ho stabilito nelle chiese di Galazia fate anche voi: ogni domenica ciascuno
                  metta da parte qualcosa, risparmiando quel che gli sembrerà opportuno, sicché la raccolta non abbia ad
                  eseguirsi  quando  io  sarò  già  arrivato.  Al  mio  arrivo,  quelli  che  voi  abbiate  approvati  io  li  invierò,
                  accompagnati  da  lettera,  a  portare  il  vostro  dono  caritatevole  a  Gerusalemme.  Che  se  poi  sarà
                  conveniente che pure io parta, verranno insieme con me. Sono testi che essi citano molto a proposito,
                  anzi, molti e molti altri. E allora noi replichiamo: Va bene! voi, sebbene conosciate le parole del Signore
                  ove si prescrive di non preoccuparsi del domani, non vi sentite obbligati ad escludere, a tenore di questo
                  precetto, ogni misura di previdenza per l’avvenire. Come fate allora a trovare nelle stesse parole la prova
                  per  schivare  la  fatica?  Con  che  coraggio  pretendete  che  gli  uccelli  dell’aria,  dai  quali  non  prendete
                  l’esempio per evitare di rifornire le vostre dispense, abbiano ad esservi d’esempio per starvene in ozio?
                  Dignità dei lavoro eseguito dal servo di Dio.

                  25. 32. Qualcheduno potrebbe obiettare: Ecco un servo di Dio che si ritira dalle attività cui si dedicava
                  prima quando era nel mondo e si consacra alla vita di perfezione dando il nome a questa milizia spirituale.
                  Cosa gliene viene se egli deve ancora occuparsi di faccende e di lavori come un comune operaio? Dare
                  una  risposta  esauriente  a  questa  obiezione  non  è cosa semplice: come non  è cosa semplice spiegare a
                  fondo  quali  e  quanto  grandi  siano  i  vantaggi  del  suggerimento  dato  dal  Signore  al  ricco  che  andò  a
                  chiedergli un consiglio per avere la vita eterna. Al quale Egli diede la risposta che, se avesse voluto essere
                  perfetto,  andasse  a  vendere  quel  che  possedeva, ne distribuisse il ricavato a vantaggio dei poveri e lo
                  seguisse. Peraltro, chi mai seguì il Signore con passo più spedito di colui che ebbe a scrivere: Non ho
                  corso invano né invano ho faticato? Eppure, costui comandò il lavoro manuale e lo eseguì egli stesso.
                  Istruiti ed educati alla scuola di così autorevoli maestri, dovrebbero i loro esempi bastare per convincerci
                  a lasciare le proprietà e i possedimenti di un tempo e ad adattarci al lavoro manuale. Non solo, ma con
                  l’aiuto del Signore penso che anche a noi sia dato scorgere – almeno parzialmente – quali siano i vantaggi
                  che  provengono  ai  servi  di  Dio  dall’avere  abbandonato  gli  affari  e  le  attività  del  secolo,  anche  se  in
                  seguito debbono ancora lavorare di braccia. Ponete il caso di uno che si decida ad abbracciare questo
                  nostro genere di vita provenendo da una condizione agiata. Se non impedito da infermità corporali costui,
                  dopo essersi distaccato da quelle superfluità per le quali antecedentemente il suo animo ardeva d’un fuoco
                  mortale, si adatta ancora umilmente a lavori manuali per ovviare alle piccole necessità materiali della vita
                  d’ogni giorno, possibile che siamo tanto ottusi nel gustare le cose di Cristo da non capire quanto ciò giovi
                  a guarire la boria della superbia di prima? Un altro entra nella nostra famiglia provenendo da condizione
                  povera. Se a costui tocca ancora lavorare, non creda che il suo lavoro sia identico a quello di prima. Egli
                  infatti all’amore egoistico per i beni privati, per quanto esigui, è passato all’amore soprannaturale verso la
                  vita comune e, non più sollecito delle cose private ma di quelle di Gesù Cristo, vive nella santa famiglia di
                  coloro  che  hanno  un’anima  sola  e  un  sol  cuore  in  Dio,  per  cui  nessuno  osa  chiamare  alcunché  sua
                  proprietà  privata  ma  tutto  è  fra  loro  comune.  Anche  certi  personaggi  ragguardevoli  di  questo  nostro
                  Impero vennero celebrati con fulgide lodi da parte dei loro panegiristi per aver preposto il bene comune
                  dello Stato e di tutti i cittadini agli interessi loro privati: come nel caso di colui che, insignito degli onori
                  del trionfo per la conquista dell’Africa, non aveva poi di che dotare la sua figlia che andava a nozze e vi si
                  dovette  provvedere  a  spese  dello  Stato  in  forza  di  un  particolare  decreto  del  Senato.  Di  fronte  a  tali
                  esempi, quali dovranno essere le disposizioni d’animo del  cittadino della città eterna, la Gerusalemme
                  celeste, nei riguardi di questa patria immortale, se non mettere in comune col fratello quello che ricava dal
                  lavoro delle sue mani e, se qualcosa gli manca, riceverlo dai beni della comunità? Così avrà modo di
                  affermare con colui del quale segue le prescrizioni e gli esempi: Noi siamo come chi non possiede nulla
                  ma è ricco di tutto.

                  Le occupazioni debbono essere proporzionate alle capacità di ciascuno.
                  25. 33. Una parola anche per coloro che, abbandonate ed erogate le loro possessioni – tanto se cospicue
                  quanto se di più modeste proporzioni – con un gesto di umiltà santa e meritoria han deliberato di farsi
                  annoverare fra i poveri di Cristo. Se, non impediti da malferma salute e liberi  da impegni di ministero
                  sacro, si dedicano a lavori manuali, con questa loro condotta fanno un’opera di misericordia molto più
                  eccellente che non quando elargirono le proprie sostanze ai bisognosi. Fu certo ben considerevole l’atto di
                  generosità che essi compirono quando consegnarono alla comunità, ordinariamente bisognosa, i beni che
                  possedevano  –  fossero  stati  considerevoli  o  comunque  di  entità  non  trascurabile  –,  tanto  che





                  Agostino – Il lavoro dei monaci                                            pag. 17 di 23
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