Page 18 - Il lavoro dei monaci
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proteggere  dai  guardiani  dei  campi  questi  suoi  servi,  si  degnasse  di  fornirli  anche  di  ali!  Sorpresi  nel
                  campo altrui, eviterebbero d’essere acciuffati come ladruncoli e sarebbero soltanto messi in fuga come un
                  branco  di  storni...  Nel  qual  caso,  ciascuno  di  essi  imiterebbe  davvero,  e  assai  da  vicino,  la  sorte
                  dell’uccello che il cacciatore non è riuscito ad acchiappare! Voglio ancora ipotizzare il caso che il popolo
                  cristiano tutto intero si accordi nel permettere ai servi di Dio che facciano a loro talento delle sortite nel
                  campo privato di ciascuno e che, una volta sazi, se ne ripartano senza essere molestati. Anche al popolo
                  d’Israele, del resto, era stato prescritto dalla legge di non fermare il ladro sorpreso nel campo, a meno che
                  questi non avesse preteso di portarsi via della roba: il ladro che non aveva preso altro se non quanto s’era
                  mangiato  doveva  essere  lasciato  libero  e  impunito:  prescrizione  per  la  quale  ai  discepoli  del  Signore,
                  sorpresi  a  troncare  delle  spighe,  i  giudei  rimproverarono  non  il  furto  commesso  ma  la  violazione  del
                  riposo  sabatico.  Quando  però  arrivano  le  stagioni  in  cui  nei  campi  non  ci  sono  cibi  che  si  possano
                  prendere e subito cacciare in bocca, che succederà? Uno che avesse tentato di portarsi in casa qualche
                  cibaria  per  cuocersela  e  consumarla,  dal  vangelo  inteso  come  sogliono  costoro  potrebbe  sentirsi  dire:
                  Lascialo stare; gli uccelli non fanno così!

                  I veri anacoreti sono un rimprovero per gli oziosi.
                  23.  29.  Ma  concediamo  ancora  di  più  e  ammettiamo  che  per  tutto  il  corso  dell’anno  si  possa  trovare
                  qualcosa – piante, erbaggi, radici – che si possa mangiare senza bisogno di cuocerla. Ammettiamo ancora
                  che con l’esercizio la vigoria del corpo possa raggiungere un tal grado che, anche mangiando crudi gli
                  alimenti che si sarebbero dovuti cuocere, non se ne abbia a risentire nocumento. E ammettiamo, inoltre,
                  che per tutto l’inverno si possa andare nei campi in cerca di cibo e ci si possa quindi dispensare dal fare
                  provviste, imbandirsi la tavola e mettersi da parte vettovaglie per l’avvenire. Come potranno stare a tale
                  regime coloro che, separandosi per più giorni dal consorzio umano, vivono senza ammettere alcuno alla
                  loro presenza, totalmente isolati e raccolti in una vita d’intensa orazione? È risaputo infatti che coloro che
                  si ritirano negli eremitaggi costumano portarsi nella solitudine quegli alimenti, ordinari e grossolani, che
                  ritengono necessari per il tempo che si prefiggono di trascorrere senza essere visti da alcuno. Ma questa
                  cosa gli uccelli non la fanno! Quanto a me, io non ho critiche da muovere contro questo genere di vita
                  dove si pratica un’austerità davvero sorprendente, non solo, ma son persuaso che tutte le mie parole non
                  siano  sufficienti  ad  esaltarlo  come  si conviene, sempre che la gente che vi si consacra abbia modo di
                  poterlo fare liberamente, e, nell’esempio che con la propria vita dànno al prossimo, siano animati non da
                  orgoglio o vanità ma da desiderio di perfezione e da amore fraterno. Tuttavia, a volerli giudicare dalle
                  parole del vangelo secondo l’interpretazione dei nostri sfaticati, cosa dovremmo dire di questi solitari?
                  Sarebbe mai vero che più crescono in santità e meno rassomigliano agli uccelli del vangelo? Difatti, se
                  non si provvedono di cibo per giorni e giorni, non sono in grado di rimanere in solitudine com’è loro
                  solito. Eppure, sono persone che al par di noi han sentito dal Vangelo: Non prendetevi cura del domani.
                  Riepilogo delle argomentazioni.

                  23.  30. In conclusione –  per riassumere in breve ogni cosa  – i nostri riveriti monaci che da una falsa
                  interpretazione del vangelo pretendono valersi per falsare anche il senso dei comandi quanto mai espliciti
                  dell’apostolo Paolo, debbono o non darsi cura alcuna per il loro domani, come fanno gli uccelli dell’aria,
                  o stare agli ordini dell’Apostolo come si conviene a figli ben amati; o, più esattamente, debbono rispettare
                  e l’uno e l’altro precetto, dato che tutt’e due si armonizzano perfettamente. Non potrebbe infatti Paolo,
                  servo di Gesù Cristo, inculcare una dottrina in contrasto con quella del suo Signore. Ci sia lecito, pertanto,
                  cantarla chiara ai nostri amici. Se voi vi appellate agli uccelli dell’aria di cui parla il vangelo e li prendete
                  a modello per sottrarvi al lavoro manuale da cui ricavare vitto e vestito, non dovete nemmeno far delle
                  provviste per il domani, come fanno gli uccelli che non ammucchiano nulla per il loro domani. Che se poi
                  il  mettere  da  parte  e  provvedersi  per  l’avvenire  non  è  in  contrasto  con  il  Vangelo,  ove  s’ingiunge  di
                  guardare  gli  uccelli  dell’aria  e  come  essi  non  seminino  né  mietano  né  riempiano  i  magazzini, dovete
                  anche  ammettere  che,  almeno  in  linea  di  possibile,  non  è  in  contrasto  con  il  vangelo  né  disdice  con
                  l’immagine che esso presenta degli uccelli del cielo procurarsi mediante il lavoro il sostentamento per la
                  vita terrena soggetta alle esigenze della materia.

                  Il Vangelo non proibisce d’essere previdenti.

                  24. 31. Prendendo argomento dal vangelo si potrebbe mettere alle strette i nostri traviati e convincerli che
                  non  debbono  mettersi  da  parte  alcunché  per  l’avvenire.  Li  sentiresti  subito  rispondere  e,  con  ragione
                  questa  volta:  Ma  allora  per  qual  motivo  il  Signore  volle  lui  stesso  esser  provvisto  d’una  borsa  in  cui
                  riporre il denaro che riceveva? Perché mai tanta premura nell’inviare in anticipo le vettovaglie ai santi




                  Agostino – Il lavoro dei monaci                                            pag. 16 di 23
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