Page 17 - Il Maestro
P. 17

stesso? Questo nome infatti non può esser posto fra i significati di cui è
                  segno.
Ad. - D'accordo.
Ag. - Proprio quanto è stato detto, che il nome è
                  segno di se stesso e degli oggetti di cui è segno. Ti è possibile estendere
                  da  solo  il  concetto  anche  al  vocabolo.
Ad.  -  Ormai  è  facile.  Ma  ora  mi
                  viene  in  mente  che  il  nome  è  inteso  in  senso  specifico  e  generico.  Al
                  contrario il vocabolo non è inserito fra le otto parti del discorso. Ritengo
                  perciò  che,  oltre  al  suono,  differiscono  alquanto  anche  in  questo.
Ag.  -
                  Ma, a tuo avviso, nome e  differiscono anche in altro, oltre il suono, per
                  cui del resto si differenziano la lingua latina e greca?
Ad. - Nel caso non
                  vedo altra differenza.
Ag. - Siamo arrivati dunque a quei segni che sono
                  segni  di  se  stessi  e  reciprocamente  l'uno  dell'altro  e  che  significano  la
                  medesima cosa e differiscono soltanto nel suono diverso. Questo quarto
                  principio l'abbiamo accertato ora. I tre precedenti si applicano al nome e

                  alla parola.
Ad. - Ci siamo proprio arrivati.


                  Adeodato riassume su linguaggio e segni....


                  7. 19. Ag. - Compendia, per piacere, i risultati dell'indagine.
Ad. - Lo farò
                  nei miei limiti. Ricordo che prima di tutto abbiamo esaminato per un po'
                  le ragioni per cui si parla. È stato accertato che si parla per insegnare o
                  per  far  rievocare  poiché  anche  nel  dialogo  s'intende  soltanto  che  chi  è
                  richiesto apprenda la risposta che intendiamo udire. Quando si canta, ciò
                  che sembra si faccia per diletto non è di competenza del linguaggio. Nel
                  pregare  Dio,  di  cui  è  impossibile  pensare  che  apprenda  o  rievochi,  le
                  parole hanno la funzione di esortare noi stessi ovvero di esortare o anche
                  insegnare agli altri. In seguito fu sufficientemente accertato che le parole
                  sono  segni  e  che  è  impossibile  sia  segno  ciò  che  non  significa  qualche
                  cosa. Hai allora proposto un verso perché io mi adoperassi a manifestare

                  il significato delle singole parole. Era il seguente:
Si nihil ex tanta superis
                  placet  urbe  relinqui  12.
Non  riuscivamo  a  definire  il  significato  della
                  seconda parola, sebbene assai comune e comprensibile. A me sembrava
                  che non invano si usasse nel linguaggio, ma perché s'intende insegnare a
                  chi ascolta. Tu hai precisato che con la parola si indica una disposizione
                  della coscienza quando scopre o pensa di avere scoperto che la cosa che
                  cerca non esiste. Ma poi, eludendo con una battuta di spirito non saprei
                  quale profondità del problema, ne hai differito l'esame ad altro tempo. E
                  non  pensare  che  abbia  dimenticato  la  tua  promessa.  Passai  quindi  ad
                  esaminare  la  terza  parola  del  verso.  Mi  hai  stimolato  ad  indagare  non
                  un'altra parola di medesimo significato, ma piuttosto l'oggetto significato
                  dalla parola. Ho risposto che ci era impossibile mentre discutevamo. Si
   12   13   14   15   16   17   18   19   20   21   22