Page 9 - Del gran mezzo della Preghiera
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Si controverte poi, se giovi il raccomandarsi alle anime del Purgatorio. Alcuni dicono che le anime
            purganti non possono pregare per noi, indotti dell’autorità di S. Tommaso, il quale dice che quelle
            anime stando a purgarsi tra le pene, sono a noi inferiori, e perciò, non sono in stato di pregare, ma
            bensì che si preghi per esse (2, 2.ae, q. 83, a. 2). Ma molti altri Dottori, come il Bellarmino, Silvio,
            il  Cardinale  Gotti  ecc.,  molto  probabilmente  l’affermano,  dovendosi  piamente  credere,  che  Dio
            manifesta loro le nostre orazioni, affinché quelle sante anime preghino per noi, e così tra noi e loro
            si conservi questo bel commercio di carità, cioè che noi preghiamo per esse, ed esse per noi. Né
            osta, come dicono Silvio e Gotti, quel che ha detto l’Angelico, di non essere le anime purganti in
            stato di pregare: perché altro è il non essere in stato di pregare, altro il non poter pregare. E’ vero,
            che quelle anime sante non sono in stato di pregare, perché, come dice S. Tommaso, stando a patire
            sono  inferiori  a  noi,  e  più  presto  bisognose  delle  nostre  orazioni;  nulladimeno  in  tale  stato  ben
            possono pregare, perché sono anime amiche di Dio. Se mai un padre ama teneramente un figlio, ma
            lo tiene carcerato, affine di punirlo di qualche difetto commesso, il figlio allora non è in stato di
            pregare  per  sé,  ma  perché  egli  non  può  pregare  per  gli  altri?  E  non  sperare  di  ottenere  ciò  che
            chiede, sapendo l’affetto che gli porta il padre? Così essendo le anime del Purgatorio molto amate
            da Dio, e confermate in grazia, non v’è impedimento che possa loro vietare di pregarlo per noi. La
            Chiesa per altro non suole invocarle, ed implorare la loro intercessione, perché ordinariamente esse
            non conoscono le nostre orazioni. Ma piamente si crede, come si è detto, che il Signore faccia loro
            note le nostre preghiere, ed allora esse che sono piene di carità, non lasciano certamente di pregare
            per  noi.  Santa  Caterina  di  Bologna,  quando  desiderava  qualche  grazia,  ricorreva  alle  anime  del
            Purgatorio, e ben presto si vedeva esaudita. Anzi attestava, che molte grazie che non aveva ottenute
            per intercessione dei Santi, le aveva poi conseguite per mezzo delle anime del Purgatorio.

            Dell’obbligo di pregare per le anime del Purgatorio

            Ma qui mi si permetta di fare una digressione a beneficio di quelle sante anime! Se vogliamo noi il
            soccorso delle loro orazioni, è bene che ancora noi attendiamo a soccorrerle con le nostre orazioni
            ed opere. Dissi, è bene, ma anche deve dirsi essere questo uno dei doveri cristiani, poiché richiede la
            carità, che noi sovveniamo il prossimo quando il prossimo sta in necessità del nostro aiuto, e noi
            possiamo aiutarlo senza grave incomodo. Or è certo che i nostri prossimi sono ancora le anime del
            Purgatorio, le quali benché non siano più in questa vita, nulladimeno non lasciano d’essere nella
            comunione  dei  Santi,  dice  S.  Agostino.  E  più  distintamente  lo  dichiara  S.  Tommaso  a  nostro
            proposito, dicendo che la carità dovuta verso i defunti, i quali sono passati all’altra vita in grazia, è
            un’estensione di quella stessa carità, che dobbiamo verso i nostri prossimi viventi (In Ps. 37). Ond’è
            che  noi  dobbiamo  soccorrere  secondo  possiamo  quelle  sante  anime  come  nostri  prossimi.  Ed
            essendo  le  loro  necessità  maggiori  di  quelle  degli  altri  prossimi,  maggiore  ancora  per  questo
            riguardo par che sia il nostro dovere di sovvenirle.
            Ora in quali necessità si ritrovano quelle sante prigioniere? E’ certo, che le loro pene sono immense.
            Il fuoco che le cruccia, dice S. Agostino, è più tormentoso di qualunque pena, che possa affliggere
            l’uomo in questa vita (In 4 Sent. d. 45, q. 2, s. 2). E lo stesso stima S. Tommaso, aggiungendo essere
            quello il medesimo fuoco dell’inferno. E ciò è in quanto alla pena del senso, ma assai più grande è
            poi la pena del danno, cioè la privazione di Dio, che affligge quelle sue sante spose; mentre quelle
            anime, non solo dal naturale, ma anche dal soprannaturale amore, di cui ardono verso Dio, sono
            tirate con tal impeto ad unirsi col loro Bene, che vedendosi poi impedite dalle loro colpe, provano
            una  pena  sì  acerba  che  se  esse  fossero  capaci  di  morte,  morirebbero  in  ogni  momento.  Sicché,
            secondo dice il Crisostomo, questa pena della privazione di Dio tormenta immensamente più che la
            pena del senso. Ond’è che quelle sante spose vorrebbero patire tutte le altre  pene, anziché esser
            private d’un sol momento di quella sospirata unione con Dio. Dice pertanto il maestro Angelico, che
            la  pena  del  Purgatorio  eccede  ogni  dolore  che  può  patirsi  in  questa  vita.  E  riferisce  Dionisio
            Cartusiano, che un certo defunto, poi  risorto  per intercessione di  S. Girolamo,  disse a S. Cirillo
            Gerosolimitano, che tutti i tormenti di questa terra sono sollievi e delizie a rispetto della minor pena,
            che v’è nel Purgatorio. E soggiunse, che se un uomo avesse provato quelle pene, vorrebbe più presto
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