Page 28 - Del gran mezzo della Preghiera
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Ma  dirà  taluno:  giacché  il  Signore  può  e  vuole  darmi  la  santa  perseveranza,  perché  non  me  la
            concede tutta in una volta, quando gliela domando? Sono molte le ragioni che ne assegnano i santi
            Padri. Iddio non la concede in una volta, e la differisce: primieramente per meglio provare la nostra
            confidenza; inoltre, dice S. Agostino, acciocché maggiormente noi la sospiriamo. Scrive il Santo
            che i doni grandi richiedono gran desiderio giacché i beni presto ricevuti non si tengono poi in quel
            pregio, che si tengono quelli che per lungo tempo sono  stati  desiderati (Serm. 61). Inoltre lo  fa,
            acciocché noi non ci scordiamo di Lui: se noi stessimo sicuri già della perseveranza e della nostra
            salute,  e  non  avessimo  continuo  bisogno  dell’aiuto  di  Dio,  per  conservarci  nella  sua  grazia  e
            salvarci, facilmente ci scorderemmo di Dio. Il bisogno fa che i poveri frequentino le case dei ricchi.
            Onde il Signore per tirarci a sé, come dice S. Giovanni Crisostomo, per vederci spesso ai piedi suoi,
            affinché possa così maggiormente beneficarci, a questo fine si trattiene di darci la grazia compita
            della salute sino al tempo della nostra morte (Hom. XXX in Gen.). Inoltre lo fa, secondo lo stesso
            Crisostomo, affinché noi col proseguire nella preghiera ci stringiamo maggiormente a Lui con dolci
            legami d’amore (In Ps. 4). Quel continuo nostro ricorrere a Dio con le preghiere, e quell’aspettare
            con confidenza da Lui le grazie che desideriamo, oh, che grande incentivo e vincolo d’amore egli è,
            per infiammarci e legarci più strettamente con Dio!
            Ma sino a quando si ha da pregare? Sempre, risponde il medesimo Santo, sino che riceviamo la
            sentenza favorevole della salute eterna, vale a dire sino alla morte: Non cessare (di pregare), finché
            non ottieni (Hom. XXIV in Matth.). E soggiunge che colui il quale dice: Io non lascerò di pregare
            fintanto che non mi salvo, quegli certamente si salverà. Se dirai: se non otterrò, non cesserò (dal
            pregare),  certamente  otterrai.  Scrive  l’Apostolo,  che  molti  corrono  al  pallio,  ma  quell’uomo
            solamente lo riceve, che giunge a prenderlo: Non sapete voi che quelli che corrono nello stadio,
            corrono veramente tutti, ma uno solo riporta la palma? Correte in guisa da far vostro il premio (1
            Cr 9,24). Non basta dunque il pregare per salvarci, bisogna che preghiamo sempre, finché arriviamo
            a ricevere la corona che Dio promette, ma promette solamente a coloro che sono costanti a pregarlo
            sino alla fine.

            Conclusione: che non dobbiamo mai cessare di pregare

            Sicché se vogliamo salvarci, dobbiamo fare come faceva Davide, che teneva sempre gli occhi rivolti
            al Signore, per implorare il suo soccorso, e non restare vinto dai suoi nemici: Gli occhi miei sono
            sempre rivolti al Signore: perché egli trarrà dai lacci i miei piedi (Sal 24,15). Siccome il demonio,
            non lascia di tenderci continue insidie per divorarci, secondo quel che scrive san Pietro (1 Pt 5,8),
            così dobbiamo noi continuamente star con le armi alla mano, per difenderci da un tal nemico, e dire
            col Profeta regale: Io non lascerò mai di combattere, sino a tanto che non vedrò sconfitti i miei
            avversari (Sal 17,37). Ma come potremo noi ottenere questa vittoria, così per noi importante e così
            difficile? Solo con le preghiere, ci risponde sant’Agostino, ma preghiere perseverantissime. E sino a
            quando? Sino che durerà il combattimento. Siccome di continuo dobbiamo combattere, così, dice S.
            Bonaventura, di continuo dobbiamo chiedere a Dio l’aiuto per non essere vinti (De uno conf. Serm.
            5). Guai, dice il Savio, a chi in questa battaglia lascia di pregare! (Ecli 2,16). Noi ci salveremo, ci
            avvisa l’Apostolo, ma con questa condizione: se saremo costanti a pregare sempre con confidenza
            sino alla morte (Eb 3,6).
            Diciamo dunque con lo stesso Apostolo, animati dalla misericordia di Dio, e dalle sue promesse: chi
            avrà da dividerci dall’amore di Gesù Cristo? Forse la tribolazione, il pericolo di perdere i beni di
            questa terra? le persecuzioni dei demoni o degli uomini? i tormenti dei tiranni? (Rm 8,35). No, egli
            diceva, niuna tribolazione, niuna angustia, pericolo, persecuzione o tormento potrà mai separarci
            dall’amore  di  Cristo:  perché  vinceremo  tutto  col  divino  aiuto,  e  combattendo  per  amore  di  quel
            Signore che ha data la vita per noi (Rm 8,37).
            Il P. Ippolito Denazzo in quel giorno in cui risolse di lasciar la prelatura di Roma, e di darsi tutto a
            Dio, con l’entrare nella Compagnia di Gesù, temendo della sua infedeltà per causa della debolezza,
            diceva a Dio: Signore, or che mi sono dato tutto a voi, per pietà non mi abbandonate. Ma sentì dirsi
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