Page 25 - Del gran mezzo della Preghiera
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darglieli per la ragione che quegli è un suo amico, si leverà almeno a motivo della sua importunità,
            e gliene darà quanti gliene bisogna (Lc 11,8). Sicché la preghiera perseverante ottiene da Dio la
            misericordia anche a coloro che non sono suoi amici. Quel che non si ottiene per l’amicizia, dice il
            Crisostomo,  si  ottiene  per  la  preghiera.  Anzi  dice  lo  stesso  Santo  che  vale  più  appresso  a  Dio
            l’orazione, che l’amicizia; e che l’orazione compie ciò che l’amicizia non aveva compiuta (Hom.
            Non esse desp.). E S. Basilio non dubita, che anche i peccatori ottengono quel che chiedono, se
            sono perseveranti in pregare (Const. Monast. c. i.). Lo stesso dice S. Gregorio: Alzi le grida anche
            il peccatore, e la sua orazione giungerà a Dio (In Ps. 6, Paenitent.). Lo stesso scrive san Girolamo,
            dicendo che anche il peccatore può chiamare Iddio suo Padre, se lo prega ad accettarlo di nuovo per
            figlio, con l’esempio del figlio prodigo, che lo chiamava padre. Padre, ho peccato, ancorché non
            fosse stato ancora perdonato (Epist. ad Damas. De filio prod.). Se Dio non esaudisse i peccatori,
            disse  sant’Agostino,  invano  il  Pubblicano  avrebbe  domandato  il  perdono  (In  Io.  tract.).  Ma  ci
            attesta il Vangelo, che il Pubblicano col pregare, ben ottenne il perdono (Lc 18,15).
            Ma sopra tutti esamina più a minuto questo punto il Dottore Angelico (2, 2.ae, q. 83, c. 16), e non
            dubita di asserire, che anche il peccatore è esaudito, se prega; dicendo, che sebbene la sua orazione
            non  è  meritoria,  ha  nondimeno  la  forza  d’impetrare;  poiché  l’impetrazione  non  si  appoggia  alla
            giustizia, ma alla divina bontà. Così appunto pregava Daniele: Porgi, Dìo mio, il tuo  orecchio  e
            ascolta... poiché sulla fidanza non della nostra giustizia, ma delle molte tue misericordie, queste
            preci umiliamo davanti alla tua faccia (Dn 9,18). Allorché dunque preghiamo, dice S. Tommaso,
            non è necessario l’essere amici di Dio, per impetrarne le grazie che cerchiamo; la stessa preghiera ci
            rende suoi amici (Comp. Theol. p. 2, c. 2). Inoltre aggiunge S. Bernardo una bella ragione, dicendo
            che tal preghiera del peccatore di uscire dal peccato, nasce dal desiderio di tornare in grazia di Dio;
            or questo desiderio è un dono che, certamente non gli viene dato da altri, che da Dio medesimo. A
            che dunque, dice poi il Santo, darebbe Iddio al peccatore un tal desiderio, se non volesse esaudirlo?
            E ben di ciò ve ne sono tanti esempi nelle stesse divine Scritture, di peccatori che pregando sono
            stati liberati dal peccato. Così fu liberato il re Acab (1 Re 21). Così il re Manasse (1 Sam 33). Così
            il re Nabucco (Dn 6). Così il buon ladrone. Gran cosa e gran valore della preghiera! Due peccatori
            muoiono sul Calvario accanto a Gesù Cristo, uno perché prega (ricordati di me) (Lc 23,42), si salva;
            l’altro perché non prega, si danna!
            Insomma dice il Crisostomo (Hom. De Moyse): Nessun peccatore pentito ha pregato il Signore e
            non  ha  ottenuto  quanto  ha  desiderato.  Ma  che  servono  più  autorità  e  ragioni  a  ciò  dimostrare,
            mentre Gesù medesimo dice: Venite a me tutti voi che siete affaticati e aggravati, e io vi ristorerò’?
            (Mt 11,28). Per aggravati, s’intendono comunemente, secondo S. Gìrolamo, S. Agostino ed altri, i
            peccatori che gemono sotto il peso delle loro colpe, i quali ricorrendo a Dio ben saranno da lui,
            giusta  tal  promessa,  ristorati  e  salvati  colla  sua  grazia.  Ah!  che non tanto noi,  dice S. Giovanni
            Crisostomo, desideriamo d’esser perdonati, quanto anela Dio di perdonarci! (In act., Hom. 36). Non
            vi è grazia, soggiunge il Santo, che non si ottenga colla preghiera, ancorché questa si faccia da un
            peccatore il più perduto che sia, se ella è perseverante (Hom. 33 in Matth.). E notiamo quel che dice
            San Giacomo: Se alcuno è bisognoso di sapienza, la chieda a Dio, che dà a tutti abbondantemente,
            e nol rimprovera (Gc 1,5). Tutti coloro adunque che ricorrono coll’orazione a Dio, egli non lascia
            d’esaudirli e di colmarli di grazie: dà a tutti abbondantemente. Ma si faccia special riflessione alla
            parola  che  segue:  e  nol  rimprovera.  Ciò  significa  che  non  fa  Iddio  come  fanno  gli  uomini,  che
            quando viene a domandare loro qualche favore, taluno, che prima in qualche occasione li ha offesi,
            subito gli rimproverano l’oltraggio da lui ricevuto. Non fa così il Signore con chi lo prega, fosse
            anche  il  maggior  peccatore  del  mondo,  quando  gli  domanda  qualche  grazia  utile  alla  sua  eterna
            salute, non gli rimprovera già i disgusti che ha dati, ma come se non l’avesse mai offeso, subito
            l’accoglie, lo consola, l’esaudisce, e abbondantemente l’arricchisce dei suoi doni. Sopra tutto per
            animarci  a  pregare,  il  Redentore  dice:  In  verità,  in  verità  vi  dico,  che  qualunque  cosa  voi
            domandiate al Padre nel nome mio, ve la concederà (Gv 16,23). Come dicesse: Orsù peccatori, non
            vi disanimate, non fate che i vostri peccati vi trattengano di ricorrere al mio Padre, e di sperare da
            esso la vostra salute, se la desiderate. Voi non avete già i meriti di ottenere le grazie che chiedete,
            ma solo avete demeriti per ricevere castighi; fate così, andate al Padre in nome mio, per i meriti miei
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