Page 20 - Del gran mezzo della Preghiera
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negò con giuramento, dicendo di non averlo mai conosciuto (Ibid. 72). Se Pietro si fosse umiliato, e
            avesse domandata al Signore la grazia della costanza, non lo avrebbe negato.
            Dobbiamo tutti persuaderci, che noi stiamo come sulla cima di un monte sospesi sull’abisso di tutti i
            peccati, e sostenuti dal solo filo della grazia; se questo filo ci lascia, noi certamente cadiamo in tale
            abisso, e commetteremo le scelleratezze più orrende: Se Dio non mi avesse soccorso, sarei caduto
            in  mille  peccati,  ed  ora  starei  nell’inferno  (Sal  93,17);  così  diceva il Salmista, e così  deve dire
            ognuno  di  noi.  Questo  intendeva  ancora  san  Francesco  di  Assisi,  quando  diceva,  ch’esso  era  il
            peggiore peccatore del mondo. Ma, padre mio, gli disse il compagno, questo che dite, non è vero; vi
            sono  molti  nel  mondo che certamente sono  peggiori  di  voi.  Sì  che  è  troppo vero  quel  che dico,
            rispose il Santo, perché se Dio non mi tenesse le mani sopra, io commetterei tutti i peccati.
            E’ di fede che senza l’aiuto della grazia non possiamo noi fare alcuna opera buona, e neppure avere
            un buon pensiero. Gli uomini, dice S. Agostino, senza la grazia, nulla possono fare di bene o col
            pensare, o con l’operare (De correct. et grat. c. II). Come l’occhio non può vedere senza la luce,
            così  diceva  il  Santo,  l’uomo  non  può  fare  alcun  bene  senza  la  grazia.  E  prima  già  lo  disse
            l’Apostolo: Non perché noi siamo idonei a pensare alcuna cosa da noi come da noi, ma la nostra
            idoneità è da Dio (2 Cr 3,5). E prima dell’Apostolo lo disse già Davide: Se il Signore non edifica
            egli la casa, invano si affaticano quelli che la edificano (Sal 126,1). Indarno si affatica l’uomo a
            farsi  santo,  se Dio non vi  mette la sua mano:  Se il Signore non sarà  egli il custode della città,
            indarno vigila colui che la custodisce (Ibid.). Se Dio non custodisce l’anima dai peccati, invano
            attenderà ella a custodirsi con le sue forze. E perciò si protestava poi il santo Profeta: Dunque non
            voglio sperare nelle mie armi ma solo in Dio che può salvarmi (Sal 42,7).
            Onde chi ritrovasi fatta qualche cosa di bene, o non si trova caduto in maggiori peccati di quelli che
            ha commessi, dica con san Paolo: Per la grazia del Signore, sono quel che sono (1 Cr 15,10). E per
            la stessa ragione non deve lasciar di tremare e temere di cadere in ogni occasione: Per la qual cosa
            chi si crede di stare in piedi, badi di non cadere (1 Cr 10,12). E con ciò il santo Apostolo vuole
            avvertirci,  che  sta  in  gran  pericolo  di  caduta,  chi  si  tiene  sicuro  di  non  cadere.  E  ne  assegna  la
            ragione in altro luogo dove dice: Imperocché se alcuno si tiene di esser qualche cosa, mentre non è
            nulla, questi seduce se stesso (Gal 6,3). Onde scrisse saggiamente sant’Ambrogio che in molti la
            presunzione di esser fermi è di ostacolo alla loro fermezza; nessuno certamente sarà fermo, se non
            chi si crede infermo (Serm. 76, n. 6. E. Bn.). Se taluno dice di non aver timore, è segno che costui
            fida in se stesso, e nei suoi propositi fatti; ma questi con tal confidenza perniciosa da sé medesimo
            viene  sedotto,  perché  fidando  nelle  proprie  forze,  lascia  di  temere,  e  non  temendo,  lascia  di
            raccomandarsi a Dio ed allora certamente cadrà. E così parimenti bisogna che ciascuno si guardi di
            ammirarsi con qualche vanagloria dei peccati degli altri; deve allora più presto tenersi in quanto a
            sé, per peggiore degli altri e dire: Signore, se voi non mi aveste aiutato avrei fatto peggio. Altrimenti
            permetterà  il  Signore,  in  castigo  della  sua  superbia,  che  cada  in  colpe  maggiori  e  più  orrende.
            Pertanto ci avvisa l’Apostolo a procurarci l’eterna salute; ma come? sempre temendo e tremando
            (Fil 2,12). Sì, perché quegli che molto teme di cadere, diffida delle sue forze, perciò riponendo la
            sua confidenza in Dio, a Lui ricorrerà nei pericoli; Dio lo soccorrerà, e così vincerà le tentazioni, e
            si salverà.
            S.  Filippo  Neri,  camminando  un  giorno  per  Roma,  andava  dicendo:  Sono  disperato.  Un  certo
            religioso lo corresse: ma il Santo allora disse: Padre mio, sono disperato di me, ma confido in Dio.
            Così bisogna che facciamo noi, se vogliamo salvarci; bisogna che viviamo sempre disperati delle
            nostre  forze;  poiché  così  facendo,  imiteremo  S.  Filippo,  il  quale,  dal  primo  momento  in  cui  si
            svegliava la mattina, diceva a Dio: Signore, tenete oggi le mani sopra Filippo, perché se no, Filippo
            vi tradisce.
            Questa  dunque  per  concludere,  è  tutta  la  grande  scienza  di  un  cristiano,  dice  sant’Agostino,  il
            conoscere che niente egli è, niente può (In Ps. 70). Perciò così non cesserà di procurarsi da Dio con
            le preghiere quella forza che non ha, e che gli bisogna per resistere alle tentazioni e per fare il bene,
            ed allora farà tutto col soccorso di quel Signore, che non sa negare niente a chi lo prega con umiltà.
            La preghiera di un’anima umile penetra i cieli, e presentandosi al trono divino, di là non parte
            senza che Dio la guardi e l’esaudisca (Ecli 35). E siasi quest’anima resa rea di quanti peccati si
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