Page 19 - Del gran mezzo della Preghiera
P. 19
essere difetto il chiedere a Dio le cose necessarie alla vita presente, per quanto convengono alla
salute eterna, come lo chiedeva il Savio, dicendo: Concedimi quel che è necessario al mio vivere
(Pro 30,8). Né è -difetto, dice S. Tommaso (2.a, 2.ae, q. 83. a. XVI) l’avere per tali beni una
sollecitudine ordinata. Il difetto sta nel desiderare e cercare questi beni temporali, e l’aver per essi
una sollecitudine disordinata; come in essi consistesse tutto il nostro bene. Perciò quando noi
domandiamo a Dio queste grazie temporali, dobbiamo domandarle sempre con rassegnazione, e
colla condizione se sono per giovarci all’anima. E quando vediamo che il Signore non ce le
concede, teniamo per certo ch’egli ce le nega per l’amore che ci porta, e perché vede che ci
sarebbero dannose alla salute spirituale.
Molte volte noi chiediamo a Dio che ci liberi da qualche tentazione pericolosa, e Dio neppure ci
esaudisce, e permette che la tentazione seguiti a molestarci. Intendiamo che allora Dio ciò permette
anche per nostro maggior bene. Non sono le tentazioni ed i mali pensieri, che ci allontanano da Dio,
ma i mali consensi. Quando l’anima nella tentazione si raccomanda a Dio, e col suo aiuto resiste,
oh, come avanza allora nella perfezione, e viene a stringersi di più con Dio! e perciò il Signore non
l’esaudisce. Pregava san Paolo istantemente per essere liberato dalle tentazioni d’impurità: Mi è
stato dato lo stimolo della carne, un angelo di Satana che mi schiaffeggia. Sopra di che tre volte
pregai il Signore, che me ne fosse tolto (2Cr 12,7-8). Ma il Signore gli rispose: Basta a te la mia
grazia. Sicché anche nelle tentazioni dobbiamo pregare Dio con rassegnazione, dicendo: Signore,
liberatemi da questa molestia, se è espediente il liberarmene: e se no, almeno datemi l’aiuto per
resistere. E qui fa quel che dice S. Bernardo, che quando noi cerchiamo a Dio qualche grazia, Egli o
ci dona quella, o qualche cosa più utile di quella. Dio molte volte ci lascia a patire nella tempesta, al
fine di provare la nostra fedeltà, e per nostro maggior profitto. Sembra, che allora Egli sia sordo alle
nostre preghiere; ma no, stiamo sicuri, che Dio allora ben ci sente e ci aiuta di nascosto,
fortificandoci con la sua grazia a resistere ad ogni insulto dei nemici. Ecco come Egli stesso ce ne
assicura per bocca del Salmista: M’invocasti nella tribolazione, ed io ti liberai: ti esaudii nella cupa
tempesta: feci prova di te alle acque di contraddizione (Sal 80,7).
Le altre condizioni finalmente, che assegna S. Tommaso alla preghiera, sono che si preghi
devotamente, e con perseveranza. Devotamente, s’intende con umiltà e confidenza; con
perseveranza, senza lasciar di pregare sino al la morte. Or di queste condizioni, cioè dell’umiltà,
confidenza e perseveranza, che sono le più necessarie alla preghiera, bisogna qui di ciascuna
distintamente parlare.
III. - PREGARE CON UMILTÀ.
Quanto l’umiltà sia necessaria alla preghiera.
Il Signore ben guarda le preghiere dei suoi servi, ma dei servi umili (Sal 101,18). Altrimenti non le
riguarda, ma le ributta. Dio resiste ai superbi, e agli umili dà la grazia (Gc 6,6). Dio non sente le
orazioni dei superbi, che confidano nelle loro forze, e perciò li lascia nella loro propria miseria; ed
in tale stato essi, privi del divino soccorso senza dubbio si perderanno. Ciò piangeva Davide: Io,
diceva, ho peccato, perché non sono stato umile (Sal 118,67). E lo stesso avvenne a S. Pietro, il
quale quantunque fosse stato avvisato da Gesù Cristo, che in quella notte tutti essi discepoli
dovevano abbandonarlo: Tutti voi patirete scandalo per me in questa notte (Mt 26,31), egli
nondimeno invece di conoscere la sua debolezza, e di domandare aiuto al Signore per non essergli
infedele, troppo fidando nelle sue forze, disse, che se tutti l’avessero abbandonato, egli non
l’avrebbe mai lasciato: Quando anche tutti fossero per patire scandalo per te, non sarà mai che io
sia scandalizzato (Mt 26,33). E ancorché il Redentore nuovamente gli predicesse, che in quella
notte prima di cantare il gallo l’avrebbe negato tre volte, pure fidando nel suo animo si vantò
dicendo:
Quand’anche dovessi morire teco, non ti negherò (Ibid. 35). Ma che avvenne? Appena il miserabile
entrò nella casa del Pontefice e fu rimproverato per discepolo di Gesù Cristo, egli tre volte infatti lo