Page 27 - Del gran mezzo della Preghiera
P. 27

perseveranza, e la vita eterna. Ma dice S. Nilo, non vuol concederla se non a chi perseverantemente
            gliela domanda (De orat., c. XXXII). Molti peccatori con l’aiuto della grazia giungono a convertirsi
            a Dio, ed a ricevere il perdono; ma poi perché lasciano di cercare la perseveranza, tornano a cadere e
            perdono tutto.

            Occorre chiedere di continuo la perseveranza finale

            Né basta, dice il Bellarmino, chieder la grazia della perseveranza una volta o poche volte; dobbiamo
            cercarla sempre, in ogni giorno sino alla morte, se vogliamo ottenerla. Chi la cerca in un giorno, per
            quel giorno l’otterrà; ma se non la cerca nel domani, domani cadrà.
            E ciò è quel che vuole darci ad intendere il Signore nella parabola di quell’amico, che non volle dare
            i pani a colui che glieli domandava, se non dopo molte ed importune richieste, dicendo: Quando
            anche non si levasse a darglieli per la ragione, che quegli è suo amico, si leverà almeno a motivo
            della sua importunità, e gliene darà quanti gliene bisogna (Lc 11,8). Ora se un tale amico, dice S.
            Agostino, solo per liberarsi dell’importunità di lui, gli darebbe anche contro sua voglia i pani che
            chiede; quanto più Dio, ch’essendo bontà infinita ha tanto desiderio di comunicarci i suoi beni, ci
            donerà le sue grazie, quando gliene cerchiamo? (Serm. 61). Tanto più che Egli stesso ci esorta a
            chiederle, e gli dispiace se non le domandiamo. Ben vuole dunque il Signore concederci la salute e
            tutte le grazie per quella, ma vuole che noi  non lasciamo di  continuamente domandargliele sino
            all’importunità.  Dice  Cornelio  a  Lapide  sul  citato  Evangelo:  Dio  vuole  che  perseveriamo
            nell’orazione  sino  a  renderci  importuni.  Gli  uomini  della  terra  non  possono  sopportare  gli
            importuni,  ma  Dio  non  solo  ci  sopporta,  ma  ci  desidera  importuni  in  cercargli  le  grazie,  e
            specialmente la santa perseveranza. Dice S. Gregorio, che Dio vuole che gli si faccia violenza con le
            preghiere, poiché una tal violenza non già lo sdegna, ma lo placa (In Ps. 6, Poenit.).
            Sicché per ottenere la perseveranza, bisogna che ci raccomandiamo  sempre a Dio, la mattina, la
            sera, nella Meditazione, nella Messa e nella Comunione. E specialmente in tempo di tentazione, con
            dire, e replicare: Signore, aiutami, tienimi le mani sopra, non mi abbandonare, abbi pietà di me. Vi è
            cosa più facile di questa, che dire: Signore, aiutami, assistimi? Sulle parole del Salmista: Meco avrò
            l’orazione a Dio, che è mia vita (Sal 41,8), dice la Glossa: Taluno dirà: non posso digiunare. fare
            elemosina. Ove gli si dica, prega; non può similmente rispondere; perché non v’è cosa più facile che
            il pregare. Ma bisogna che non lasciamo mai di pregare, bisogna che continuamente facciamo, per
            così dire, forza a Dio, affinché ci soccorra, ma forza che gli è cara e gradita. Questa violenza è grata
            a Dio (Apol. c. 29), scrisse Tertulliano. E S. Girolamo disse, che le nostre preghiere, quanto sono
            più perseveranti ed importune tanto più sono accette a Dio (Hom. in Matth.).
            Beato  quell’uomo,  dice  Dio,  che  mi  ascolta,  e  vigila  continuamente  alle  porte  della  mia
            misericordia (Pro 7,34). Ed Isaia dice: Beati coloro che sino alla fine aspettano pregando, la loro
            salute dal Signore (Is 30, 18). Perciò nel Vangelo ci esorta Gesù Cristo a pregare, ma in qual modo?
            Chiedete, e vi sarà dato: cercate, e troverete: picchiate, e vi sarà aperto (Lc 11,9). Bastava aver
            detto  chiedete:  che  serviva  aggiungere  quel  cercate,  e  picchiate?  Ma  no,  che  non  fu  superfluo
            l’aggiungerli; con ciò ha voluto il Redentore insinuarci, che noi dobbiamo fare, come fanno i poveri
            che  vanno  mendicando:  questi  se  non  ricevono  l’elemosina  che  chiedono  e  sono  licenziati,  non
            lasciano di domandarla, e di tornarla a chiedere, e se più non comparisse il padrone della casa, si
            mettono a bussare le porte, sino a rendersi molto importuni e molesti. Ciò vuole Dio che facciamo
            ancor noi: che preghiamo, e torniamo a pregare, e non lasciamo mai di pregare che ci assista, che ci
            soccorra, che ci dia luce, ci dia forza, e non permetta che mai abbiamo a perdere la sua grazia.
            Dice il dotto Lessio che non può esser scusato da colpa grave chi non prega stando in peccato, o in
            pericolo di morte; o pure chi per notabile tempo trascura di pregare, cioè (come dice) per uno o due
            mesi. Ma ciò s’intende fuori del tempo di tentazioni; poiché chi si ritrova combattuto da qualche
            grave tentazione egli senza dubbio pecca, gravemente, se non ricorre per resistere a quella, vedendo
            che altrimenti si mette a prossimo, anzi certo pericolo di cadere.

            Motivi per cui Dio differisce di concederci la perseveranza finale
   22   23   24   25   26   27   28   29   30   31   32