Page 97 - Confessioni
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compiaccio delle lodi? Però più della verità che delle lodi. Richiesto di scegliere fra uno stato di follia e di
errori d’ogni genere, con la lode di tutti gli uomini, oppure di equilibrio e sicuro possesso della verità, con
il biasimo di tutti, so quale scelta farei; però vorrei che l’approvazione di una bocca estranea non
accrescesse neppure di poco il godimento che ogni bene mi procura. Invece, lo confesso, non solo
l’approvazione lo accresce, ma il biasimo lo diminuisce. E mentre mi sento turbare da tanta miseria,
s’insinua nella mia mente una giustificazione che tu sai, Dio, quanto vale; me, infatti, rende incerto. Tu ci
hai comandato non solo la continenza, ossia di trattenerci dall’amore di alcune cose, ma anche la giustizia,
ossia di concentrarlo su altre; e hai voluto che non amassimo soltanto te, ma anche il prossimo. Ora,
sovente mi pare di rallegrarmi per i progressi o le buone speranze che rivela il mio prossimo, quando mi
rallegro di una lode intelligente; di rattristarmi viceversa per il suo errore, quando lo sento biasimare ciò
che ignora o è un bene. Talvolta infatti mi rattristo, anche, delle lodi che mi vengono tributate, quando si
loda in me una cosa che spiace a me stesso, oppure si stimano più del dovuto certi beni secondari e futili.
Ma anche qui, come posso sapere se questo sentimento non nasce dalla mia contrarietà, perché chi mi loda
ha di me stesso un’opinione diversa dalla mia, e quindi se mi scuoto per il suo bene, anziché per il piacere
maggiore che mi dànno le mie virtù se gradite, oltre che a me stesso, anche ad altri? In un certo senso non
sono io lodato, quando la lode non corrisponde all’opinione che ho di me stesso, poiché allora si lodano
cose che a me dispiacciono, o si lodano troppo cose che a me piacciono poco. Sono dunque incerto su me
stesso per questo punto?
37. 62. Ma ecco che in te, Verità, vedo come le lodi che mi si tributano non debbano scuotermi per me
stesso, ma per il bene del prossimo. Se io sia già da tanto, non lo so. Qui conosco me stesso meno di come
conosco te. Ti scongiuro, Dio mio, di rivelarmi anche il mio animo, affinché possa confessare ai miei
fratelli, da cui aspetto preghiere, le ferite che vi scoprirò. M’interrogherò di nuovo, con maggiore
diligenza: se nelle lodi che mi vengono tributate è l’interesse del prossimo a scuotermi, perché mi scuote
meno un biasimo ingiusto rivolto ad altri, che a me? perché sono più sensibile al morso dell’offesa
scagliata contro di me, che contro altri, e ugualmente a torto, davanti a me? Ignoro anche questo? Non
rimane che una risposta: io m’inganno da solo e non rispetto la verità davanti a te nel mio cuore e con la
mia lingua. Allontana da me una simile follia, Signore, affinché la mia bocca non sia per me l’olio del
peccatore per ungere il mio capo.
c) la vanagloria;
38. 63. Indigente e povero io sono; qualcosa di meglio, quando in un gemito segreto, disgustato di me
stesso, cerco la tua misericordia. E così fino a quando io sia rifatto nei miei difetti e perfetto per la pace
che l’occhio del presuntuoso ignora. Ma le parole che escono dalla nostra bocca, e le azioni che la gente
viene a conoscere costituiscono una tentazione pericolosissima ad opera dell’amore di lodi, che, per
ottenere una misera eccellenza personale, raccoglie consensi mendicati. È una tentazione che sussiste
anche quando la disapprovo dentro di me, e proprio nell’atto di disappprovarla. Spesso per colmo di
vanità ci si gloria del disprezzo stesso in cui si tiene la vanagloria: allora non ci si gloria più del disprezzo
per la gloria, perché non la si disprezza, gloriandosi.
d) il compiacimento di se stesso.
39. 64. Dentro di noi, sì, dentro di noi sta un’altra tentazione maligna della stessa specie: quella che rende
vani quanti si compiacciono di se medesimi, anche se non piacciono, o dispiacciono e non si preoccupano
di piacere agli altri. Ma, per quanto piacciano a se medesimi, dispiacciono molto a te, non solo prendendo
come bene ciò che non è bene, ma anche prendendo il bene tuo come loro; o, se anche come tuo, ottenuto
però dai meriti loro; o, se anche come ottenuto dalla tua generosità, non però godendone in comunione
con gli altri, ma tenendolo anzi gelosamente per sé. Fra tutti questi e altri simili pericoli e travagli vedi
come trepida il mio cuore. Mi sembra più facile farmi guarire subito da te le mie ferite, che non
infliggermele.
Conclusione
La dolce ricerca di Dio
40. 65. O Verità, dove non mi accompagnasti nel cammino, insegnandomi le cose da evitare e quelle da
cercare, mentre ti esponevo per quanto potevo le mie modeste vedute e ti chiede-vo consiglio? Percorsi
con i sensi fin dove potei il mondo fuori di me, esaminai la vita mia, del mio corpo, e gli stessi miei sensi.
Di lì entrai nei recessi della mia memoria, vastità molteplici colme in modi mirabili d’innumerevoli
Agostino – Confessioni pag. 95 di 134