Page 96 - Confessioni
P. 96

caterve  di  vanità,  che spesso interrompono e disturbano le nostre stesse preghiere. Mentre sotto il tuo
                  sguardo tentiamo di far giungere  fino alle tue orecchie la voce del nostro cuore, l’irruzione, chissà da
                  dove, di futili pensieri stronca un atto così grande.

                  Sotto il giogo di Dio
                  36.  58.  Dovrò  considerare  anche  questa  un’inezia?  No,  nulla  mi  riporta  alla  speranza,  oltre  la  tua
                  misericordia. Poiché tu hai avviato la mia conversione e tu sai fino a che punto l’hai condotta. Dapprima
                  mi guarisci dalla voluttà di giustificarmi, per poi divenire generoso anche verso tutti gli altri miei peccati,
                  per  guarire  tutte  le  mie  debolezze,  per  riscattare  dalla  corruzione  la  mia  vita,  per  incoronarmi  di
                  commiserazione e misericordia, per saziare nei beni il mio desiderio. Ispirandomi il tuo timore soffocasti
                  la mia superbia, rendesti mansueta la mia cervice al tuo giogo. Ora lo porto, e mi è lieve, secondo la tua
                  promessa  tradotta  in  realtà.  Era  tale  certamente  anche  prima,  e  non  lo  sapevo,  quando  temevo  di
                  addossarmelo.


                  C) L’orgoglio:
                  a) gli uffici;
                  36.  59.  Ma  davvero,  Signore,  che  sei  il  solo  a  signoreggiare  senza  burbanza,  perché  sei  il  solo  vero
                  Signore senza signori, davvero mi sono liberato anche da questo terzo genere di tentazione, se mai si può
                  esserne liberati in tutta questa vita: ossia dal desiderio di farsi temere e amare dagli uomini senza altro
                  motivo,  se  non  di  trarne  un  godimento  che  non  è  godimento?  Misera  vita,  lurida  iattanza.  Di  qui
                  soprattutto deriva l’assenza di amore e timore innocente per te, e quindi tu resisti ai superbi, mentre agli
                  umili accordi favore; tuoni sulle ambizioni mondane, e tutte tremano le fondamenta delle montagne. Certi
                  impegni del consorzio umano ci costringono a farci amare e temere dagli uomini; quindi l’avversario della
                  nostra vera felicità incalza e dissemina ovunque i lacci dei “Bravo, bravo”, per prenderci a nostra insaputa
                  mentre li raccogliamo con avidità, per staccare la nostra gioia dalla tua verità e attaccarla alla menzogna
                  degli uomini, per farci gustare l’amore e il timore non ottenuti in tuo nome, ma in tua vece, per averci,
                  simili  così  a  se  stesso,  con  sé,  non  concordi  nella  carità,  ma  consorti  nella  pena.  Decise  di  fissare  la
                  propria sede nell’aquilone, affinché gli uomini servissero questo tuo perverso e deforme imitatore in una
                  gelida tenebra. Ma noi, Signore, siamo, ecco, il tuo piccolo gregge. Tienici dunque, stendi le tue ali, e ci
                  rifugeremo sotto di esse. Sii tu la nostra gloria. Ci si ami per te, e in noi sia temuta la tua parola. Chi vuole
                  la lode degli uomini col tuo biasimo, non sarà difeso dagli uomini al tuo giudizio né sottratto alla tua
                  condanna. Quando non si loda un peccatore per le brame della sua anima e non si benedirà un ingiusto,
                  bensì si loda un uomo per qualche dono ricevuto da te, se costui si rallegra della lode più del possesso del
                  dono per cui è lodato, anche costui è lodato con tuo biasimo, ed è migliore chi loda di chi è lodato. Al
                  primo piacque in un uomo il dono di Dio, al secondo piacque maggiormente il dono di un uomo che di
                  Dio.

                  b) le lodi degli uomini;
                  37.  60.  Queste  le  tentazioni  che  ci  tentano  quotidianamente,  Signore,  ci  tentano  senza  tregua.  Un
                  crogiuolo quotidiano è per noi la lingua degli uomini. Tu ci comandi la mortificazione anche a questo
                  proposito. Ebbene, dà ciò che comandi e comanda ciò che vuoi. Conosci i gemiti del mio cuore a questo
                  riguardo, e i fiumi dei miei occhi. Infatti non mi è facile capire fino a che punto io sia ben mondato da
                  questa peste, e ho gran timore delle mie inclinazioni segrete, che i tuoi occhi conoscono, i miei invece no.
                  Nelle altre specie di tentazioni riesco in una certa misura a esplorarmi; in questa quasi nulla. Vedo fino a
                  che punto sia riuscito a contenere i piaceri della carne e le curiosità superflue del mio animo, allorché me
                  ne privo volontariamente, o mi mancano: basta allora che m’interroghi per sapere quanto mi spiaccia non
                  averli. E le ricchezze, che si cercano appunto per soddisfare uno di questi tre desideri o due o tutti, può
                  essere che l’animo, finché le possiede, non riesca ad avvertire se le disprezza o meno; ma si può sempre
                  licenziarle per metterlo alla prova. La lode invece, come privarsene per conoscere la nostra resistenza nei
                  suoi confronti? Dovremmo forse condurre una vita malvagia, così perversa e disumana, che nessuno ci
                  conosca senza detestarci? Si può dire o pensare follia maggiore? Se la lode suole e deve accompagnarsi a
                  una vita onesta e ad opere oneste, non conviene abbandonare né la sua compagnia né la vita onesta. Però,
                  per conoscere se l’assenza di un bene mi lascia indifferente o mi angustia, deve mancarmi.

                  37.  61.  Cosa  confessarti  dunque,  Signore,  per  questa  specie  di  tentazione?  Cos’altro,  se  non  che  mi




                  Agostino – Confessioni                                                    pag. 94 di 134
   91   92   93   94   95   96   97   98   99   100   101