Page 93 - Confessioni
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opera tua che altri non fossero sempre ciò che furono, e ancora per opera tua che i primi come i secondi
sapessero chi operava in loro. Ho udito un’altra tua parola: Non correre dietro alle tue brame e non
concederti ciò che ti dà piacere. E anche questa ho udito per tua bontà, che molto mi è cara: Né il
mangiare ci darà abbondanza, né il non mangiare scarsità, ossia né l’uno mi renderà ricchissimo, né
l’altro poverissimo. Ne ho udito un’altra ancora: Imparai infatti a bastarmi con ciò che ho, e appresi a
vivere nell’abbondanza come appresi a tollerare la penuria. Tutto posso in Colui che mi fortifica. Questo
sì è un soldato della milizia celeste, e non polvere come siamo noi. Ricordati, Signore, che siamo polvere,
e con la polvere hai creato l’uomo, e si era perduto e fu ritrovato. Neppure l’Apostolo trovò in sé il suo
potere, essendo polvere anch’egli, ma il tuo soffio gli ispirò le parole che tanto amo, quando disse: Tutto
posso in colui che mi fortifica. Fortificami, affinché io sia potente; dà ciò che comandi e comanda ciò che
vuoi. Quest’uomo riconosce i doni ricevuti, e, se si gloria, si gloria nel Signore; da un altro udii chiedere
questa grazia: Toglimi la concupiscenza del ventre. Ne risulta, santo Dio mio, che è un dono tuo, se
facciamo ciò che ordini di fare.
31. 46. Tu, Padre buono, mi insegnasti che tutto è puro per i puri, ma fa male un uomo a mangiare con
scandalo degli altri; che ogni tua creatura è buona, e non si deve respingere nulla di ciò che si prende
rendendo grazie; che non è l’alimento a raccomandarci a Dio; che nessuno ci deve giudicare dal cibo o
dalla bevanda che prendiamo, e chi mangia non deve disprezzare chi non mangia, come chi non mangia
non deve giudicare chi mangia. Ora lo so, e ti siano rese grazie e lodi, Dio mio, mio maestro, per aver
bussato alle mie orecchie e illuminato la mia intelligenza. Liberami da ogni tentazione. Io non temo
l’impurità delle vivande, temo l’impurità del desiderio. So che a Noè fu permesso di mangiare ogni genere
di carne commestibile, che Elia si rimise in forza mangiando carne, che Giovanni, pur dotato di
un’austerità meravigliosa, non fu contaminato dagli animali, ossia dalle locuste, impiegati come cibo; ma
so pure che Esaù fu vittima della brama di lenticchie, che Davide si rimproverò di aver desiderato
dell’acqua, e il nostro Re fu tentato non già con carne, ma con pane. Perciò anche il popolo nel deserto
meritò un rimprovero non per aver desiderato della carne, ma perché nel suo desiderio di cibo mormorò
contro il Signore.
31. 47. Assediato da queste tentazioni, lotto ogni giorno contro la concupiscenza del cibo e della bevanda.
Qui non è possibile che decida di troncare tutto una volta per sempre e non tornarvi più in avvenire, come
potei fare per i piaceri venerei. Devo invece tenere sulla mia gola un morso, allentandolo o stringendolo
moderatamente. Ma chi, Signore, non viene trascinato qualche volta oltre il traguardo del necessario? Se
c’è qualcuno, è magnanimo e magnifichi il tuo nome. Certo non sono io, perché sono un uomo peccatore.
Magnifico ugualmente il tuo nome, e intercede presso di te per i miei peccati chi vinse il secolo,
enumerandomi fra le membra inferme del suo corpo. I tuoi occhi videro infatti le sue imperfezioni, e tutti
saranno iscritti nel tuo libro.
c) l’odorato;
32. 48. L’attrazione dei profumi non mi preoccupa troppo. Assenti, non li ricerco; presenti, non li rifiuto,
disposto a farne a meno anche per sempre. Così mi pare; forse sbaglio, poiché sono circondato da queste
tenebre deplorevoli, che mi nascondono le mie reali capacità. Così, quando il mio spirito s’interroga sulle
proprie forze, dubita di potersi fidare di se medesimo, poiché il suo intimo rimane più spesso ignoto, se
non lo rivela l’esperienza, e nessuno deve sentirsi sicuro in questa vita, che fu definita tutta una prova.
Chi poté diventare da peggiore migliore, può anche ridiventare da migliore peggiore. Sola speranza, sola
fiducia, sola promessa salda la tua misericordia.
d) l’udito;
33. 49. I piaceri dell’udito mi hanno impigliato e soggiogato più tenacemente, ma tu me ne hai sciolto e
liberato. Fra le melodie che vivificano le tue parole, quando le canta una voce soave ed educata, ora poso,
lo confesso, un poco, ma non al punto di rimanervi inchiodato, cosicché mi rialzo quando voglio. Tuttavia
per entrare nel mio cuore insieme ai concetti che le animano, vi esigono un posto non indegno, e io
difficilmente offro quello conveniente. Talvolta mi sembra di attribuire ad esse un rispetto eccessivo,
eppure sento che, cantate a quel modo, le stesse parole sante stimolano il nostro animo a un più pio, a un
più ardente fervore di pietà, che se non lo fossero; tutta la scala dei sentimenti della nostra anima trova
nella voce e nel canto il giusto temperamento e direi un’arcana, eccitante corrispondenza. Ma spesso il
piacere dei sensi fisici, cui non bisogna permettere di sfibrare lo spirito, mi seduce: quando la sensazione,
nell’accompagnare il pensiero, non si rassegna a rimanere seconda, ma, pur debitrice a quello di essere
accolta, tenta addirittura di precederlo e guidarlo. Qui pecco senza avvedermene, e poi me ne avvedo.
Agostino – Confessioni pag. 91 di 134