Page 92 - Confessioni
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condizione ancora prima che diventassi dispensatore del tuo sacramento. Sopravvivono però nella mia
                  memoria, di cui ho parlato a lungo, le immagini di questi diletti, che vi ha impresso la consuetudine. Vi
                  scorrazzano fievoli mentre sono desto; però durante il sonno non solo suscitano piaceri, ma addirittura
                  consenso e qualcosa di molto simile all’atto stesso. L’illusione di questa immagine nella mia anima è cosi
                  potente sulla mia carne, che false visioni m’inducono nel sonno ad atti, cui non m’induce la realtà nella
                  veglia. In quei momenti, Signore Dio mio, non sono forse più io? Eppure sono molto diverso da me stesso
                  nel tempo in cui passo dalla veglia al sonno e finché torno dal sonno alla veglia. Dov’è allora la ragione,
                  che durante la veglia mi fa resistere a quelle suggestioni e rimanere incrollabile all’assalto della stessa
                  realtà? Si rinserra con gli occhi, si assopisce con i sensi del corpo? Ma allora da dove nasce la resistenza
                  che  spesso  opponiamo  anche  nel  sonno,  quando,  memori  del  nostro  proposito,  vi  rimaniamo
                  immacolatamente fedeli e non accordiamo l’assenso ad alcuna di tali seduzioni? In verità sono due stati
                  tanto diversi, che anche nel primo caso la nostra coscienza al risveglio torna in pace, e la stessa distanza
                  fra i due stati ci fa riconoscere che non abbiamo compiuto noi quanto in noi si è compiuto comunque, con
                  nostro rammarico.

                  30. 42. La tua mano, Dio onnipotente, è forse impotente a guarire tutte le debolezze della mia anima, a
                  estinguere  con  un  fiotto  più  abbondante  di  grazia  i  miei  moti  lascivi  anche  nel  sonno?  Moltiplicherai
                  vieppiù, Signore, i tuoi doni in me, affinché la mia anima, sciolta dal vischio della concupiscenza, mi
                  segua  fino  a  te;  affinché  non  si  ribelli  a  se  stessa;  affinché  anche  nel  sonno  non  solo  non  commetta
                  turpitudini così degradanti, ove immaginazioni bestiali scatenano gli umori della carne, ma neppure vi
                  consenta. Far sì che non vi provi alcuna attrazione, o così lieve da poterla comprimere col più lieve cenno
                  della volontà, con la sola intenzione casta con cui ci si mette a letto in questa vita, e per di più a questa
                  età, non è gran cosa per la tua onnipotenza: tu puoi superare quanto chiediamo e comprendiamo. Ora ho
                  esposto al mio buon Signore, con esultanza e insieme apprensione per i tuoi doni, con lacrime per le mie
                  imperfezioni, il punto ove mi trovo tuttora per questo aspetto del mio male. Ma spero che tu perfezionerai
                  in me le tue misericordie, finché io abbia la pace piena, che possederà con te il mio essere interiore ed
                  esteriore quando la morte sarà stata assorbita nella vittoria.

                  b) il gusto;
                  31. 43. Un’altra malizia l’ha il giorno, e volesse il cielo che questa gli bastasse! Noi restauriamo i danni
                  che ogni giornata infligge al corpo, con cibo e bevanda, finché tu distruggerai e cibo e ventre, estinguendo
                  il mio bisogno con una meravigliosa sazietà e rivestendo questo corpo corruttibile di un’incorruttibilità
                  sempiterna. Per ora mi è dolce questa necessità e lotto contro la sua dolcezza per non caderne prigioniero,
                  combatto una guerra quotidiana attraverso digiuni, riducendo di solito il mio corpo in schiavitù, e scaccio
                  i miei dolori col piacere. Infatti la fame e la sete sono anch’esse una sorta di dolore, bruciano e uccidono
                  come la febbre, se non intervenga il rimedio del cibo; e poiché il rimedio è a portata di mano grazie al
                  conforto  dei  tuoi  doni,  in  cui terra, acqua e cielo lavorano per la nostra debolezza, questa sventura si
                  chiama delizia.
                  31. 44. Tu mi hai insegnato ad accostarmi agli alimenti per prenderli come medicamenti. Senonché, nel
                  passare  dalla  molestia  del  bisogno  all’appagamento  della  sazietà,  proprio  al  passaggio  mi  attende,
                  insidioso, il laccio della concupiscenza. Il passaggio stesso è un piacere e non ve n’è altro per passare ove
                  ci costringe a passare il bisogno. Sebbene io mangi e beva per la mia salute, vi si aggiunge come ombra
                  una soddisfazione pericolosa, che il più delle volte cerca di precedere, in modo da farmi compiere per essa
                  ciò che dico e voglio fare per salute. La misura non è la stessa nei due casi: quanto basta per la salute è
                  poco per il piacere, e spesso non si distingue se è la cura indispensabile del corpo, che ancora chiede un
                  soccorso,  o  la  soddisfazione  ingannevole  della  gola,  che,  sotto,  richiede un servizio. La nostra povera
                  anima  esulta  dell’incertezza  e  predispone  in  questa  la  difesa  di  una  scusa,  lieta che non sia manifesto
                  quanto basta a una vita normalmente sana. Così sotto il velo della salute si occultano i traffici del piacere.
                  A queste tentazioni mi sforzo quotidianamente di resistere, invocando l’aiuto della tua mano, e riferisco a
                  te i miei turbamenti, poiché il mio giudizio su questo punto non è ancora sicuro.

                  31. 45. Odo la parola del mio Signore, che mi comanda:  Non lasciate appesantire i vostri cuori nella
                  crapula  e  nell’ubriachezza.  L’ubriachezza  è  lontano  da  me:  la  tua  misericordia  non  le  permetterà  di
                  avvicinarsi. La crapula invece s’insinua talvolta nel tuo servo: la tua misericordia la spingerà lontano da
                  me. Nessuno può essere continente se tu non lo concedi. Molte grazie accordi alle nostre preghiere; anche
                  quelle  che  abbiamo  ricevute  prima  di  pregare  sono un dono tuo, ed anche il riconoscerle dopo averle
                  ricevute è un dono tuo. Io non fui mai dedito al vino, ho però visto persone dedite al vino, divenire sobrie
                  per opera tua. Dunque avvenne per opera tua che alcuni non fossero ciò che mai furono come avvenne per




                  Agostino – Confessioni                                                    pag. 90 di 134
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