Page 87 - Confessioni
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Ricordo e immagine
15. 23. L’operazione avviene per immagini o no? Difficile dirlo. Pronuncio ad esempio il nome della
pietra o del sole, mentre gli oggetti non sono presenti in sé ai miei sensi: nella memoria però sono
certamente disponibili le loro immagini. Pronuncio il nome del dolore fisico, quando neppure esso mi è
presente, poiché non provo alcun dolore: ma se non avessi presente nella memoria la sua immagine, non
saprei cosa mi dico, e nel discutere non saprei distinguerlo dal piacere. Pronuncio ora il nome della salute
fisica, mentre sono fisicamente sano. La cosa in sé mi è presente, tuttavia non potrei affatto ricordare il
significato del suono di questo nome, se non si trovasse anche la sua rappresentazione nella mia memoria;
e gli ammalati, sentendo nominare la salute, non la riconoscerebbero, se la facoltà della loro memoria non
conservasse la medesima rappresentazione anche quando la cosa in sé è assente dal corpo. Pronuncio il
nome dei numeri usati per calcolare, ed ecco che stanno nella mia memoria non già in immagine, ma in sé.
Pronuncio il nome di immagine del sole, ed essa è presente nella mia memoria: rievoco infatti non già
un’immagine d’immagine del sole, ma l’immagine in sé, ed essa è disponibile in sé al mio ricordo.
Pronuncio il nome della memoria, e riconosco ciò che nomino. Dove lo riconosco, se non nella memoria
stessa? E proprio la memoria sarebbe presente a sé con la sua immagine, invece che in se stessa?
g) l’oblio.
16. 24. Ma allora, quando nomino l’oblio, riconoscendo contemporaneamente ciò che nomino, lo
riconoscerei, se non lo ricordassi? Non parlo del semplice suono di questa parola, ma della cosa che
indica, dimenticata la quale, non varrei certamente a riconoscere cosa vale quel suono. Dunque, quando
ricordo la memoria, proprio la memoria è in sé presente a se stessa; allorché invece ricordo l’oblio, sono
presenti e la memoria e l’oblio: la memoria, con cui ricordo; l’oblio, che ricordo. Ma cos’è l’oblio, se non
privazione di memoria? Come dunque può essere presente, affinché lo ricordi, se la sua presenza mi rende
impossibile ricordare? Eppure, se è vero che conserviamo nella memoria quanto ricordiamo e che, privi
del ricordo dell’oblio, non potremmo assolutamente riconoscere la cosa udendo pronunciare il nome, la
memoria conserva l’oblio. Così abbiamo presente, per non dimenticare, ciò che con la sua presenza ci fa
dimenticare. Dovremo quindi intendere che non si trova nella memoria proprio l’oblio in sé, quando lo
ricordiamo, bensì la sua immagine, poiché la presenza diretta dell’oblio ci farebbe non già ricordare, ma
obliare? Chi potrà mai indagare questo fatto? chi comprendere come stanno le cose?
16. 25. Io, Signore, certamente mi arrovello su questo fatto, ossia mi arrovello su me stesso. Sono
diventato per me un terreno aspro, che mi fa sudare abbondantemente. Non stiamo scrutando le regioni
celesti, né misurando le distanze degli astri o cercando la ragione dell’equilibrio terrestre. Chi ricorda
sono io, io lo spirito. Non è così strano che sia lungi da me tutto ciò che non sono io; ma c’è nulla più
vicino a me di me stesso? Ed ecco che invece non posso comprendere la natura della mia memoria mentre
senza di quella non potrei nominare neppure me stesso. Cosa dovrei dire, infatti, quando sono certo di
ricordare l’oblio? Dovrei dire che ciò che rammento non sta nella mia memoria, oppure che l’oblio sta
nella mia memoria allo scopo di farmi obliare? Ipotesi entrambe assurdissime. E questa terza: potrei dire
che la mia memoria afferra l’immagine dell’oblio, non l’oblio in sé, quando me ne rammento? Potrei
dirlo, mentre per imprimere l’immagine di qualsiasi cosa nella memoria occorre prima la presenza reale
della cosa, da cui parte l’immagine per imprimersi nella memoria? Così ricordo Cartagine, tutti i luoghi
ove vissi, la fisionomia delle persone che incontrai; così le cose che mi hanno riferito anche gli altri sensi,
così la stessa salute o la sofferenza fisica. Quando erano presenti tutte queste cose, la memoria ne colse le
immagini, rendendomi possibile di contemplarle come ancora presenti e riconsiderarle con lo spirito,
ricordandole anche assenti. Se dunque la memoria conserva non proprio l’oblio in sé, ma la sua immagine,
l’oblio fu pure presente, affinché si potesse coglierne l’immagine. Ma se era presente, come iscriveva la
sua immagine nella memoria, quando con la sua presenza cancella tutto ciò che vi trova già impresso,
l’oblio? Eppure in qualche modo, in modo sia pure incomprensibile e inesplicabile, sono certo di
ricordare anche l’oblio stesso, affossatore di ogni nostro ricordo.
Ricerca di Dio oltre la memoria
17. 26. La facoltà della memoria è grandiosa. Ispira quasi un senso di terrore, Dio mio, la sua infinita e
profonda complessità. E ciò è lo spirito, e ciò sono io stesso. Cosa sono dunque, Dio mio? Qual è la mia
natura? Una vita varia, multiforme, di un’immensità poderosa. Ecco, nei campi e negli antri, nelle caverne
incalcolabili della memoria, incalcolabilmente popolate da specie incalcolabili di cose, talune presenti per
Agostino – Confessioni pag. 85 di 134