Page 86 - Confessioni
P. 86
di cogere, nell’animo e non altrove.
d) i numeri;
12. 19. La memoria contiene anche i rapporti e le innumerevoli leggi dell’aritmetica e della geometria,
senza che nessun senso corporeo ve ne abbia impressa alcuna, poiché non sono dotate di colore né di voce
né di odore, né si gustano o si palpano. Udii i suoni delle parole che le designano quando se ne discute,
ma altro sono le parole, altro le cose: le prime suonano diversamente in greco e in latino, le seconde non
appartengono né al greco né al latino né ad altra lingua. Vidi le linee sottilissime tracciate dagli artigiani,
simili a fili di ragnatela; ma altro sono le linee geometriche, altro le loro rappresentazioni riferitemi
dall’occhio della carne: ognuno le conosce riconoscendole dentro di sé, senza pensare a un corpo
qualsiasi. Percepii, anche, con tutti i sensi del corpo i numeri che calcoliamo; ma quelli usati per calcolare
sono tutt’altra cosa. Non sono nemmeno le immagini dei primi, e proprio per questo essi sono veramente.
Rida delle mie parole chi non li vede, e io mi dorrò che rida di me.
e) le circostanze della conoscenza;
13. 20. Tutte queste nozioni conservo per mezzo della memoria; e conservo per mezzo della memoria
anche il modo come le ho apprese. Così molti, falsissimi argomenti opposti a queste verità e da me uditi, li
conservo per mezzo della memoria. Sono ben falsi, ma non è falso il fatto che li ricordo. Ricordo persino
la distinzione che stabilii tra quelle verità e queste falsità ad esse opposte; e in modo diverso ora mi vedo
stabilire questa distinzione dall’altro, con cui ricordo di averla stabilita sovente, ogni volta che vi pensavo.
Dunque e ricordo di aver capito assai sovente queste cose, e ciò che ora distinguo e capisco ripongo nella
memoria per ricordarmi poi di aver ora capito. Dunque ricordo anche di aver ricordato, come poi, se mi
sovverrò di aver potuto ricordare adesso, me ne sovverrò certamente con la facoltà della memoria.
f) i sentimenti dello spirito.
14. 21. Anche i sentimenti del mio spirito contiene la stessa memoria, non nella forma in cui li possiede lo
spirito all’atto di provarli, ma molto diversa, adeguata alla facoltà della memoria. Ricordo di essere stato
lieto, senza essere lieto; rievoco le mie passate tristezze, senza essere triste; mi sovvengo senza provare
paura di aver provato talvolta paura, e sono memore di antichi desideri senza avere desideri. Talvolta
ricordo all’opposto con letizia la mia passata tristezza, e con tristezza la letizia. Ciò non deve sorprendere,
trattandosi del corpo, poiché spirito e corpo sono entità diverse. Quindi il felice ricordo di un dolore
passato del corpo non è sorprendente. Ma quest’altro caso? La memoria è anch’essa spirito;
raccomandando ad uno di tenere a mente qualcosa, noi diciamo: “Bada di tenerla presente nel tuo spirito”;
quando dimentichiamo, diciamo: “Non l’ho tenuto presente nel mio spirito”, o: “Mi è sfuggito dallo
spirito”, ove chiamiamo appunto spirito la memoria. Se è così, che è ciò: che nel lieto ricordo di una
tristezza passata il mio spirito ha letizia, la memoria tristezza, e lo spirito è lieto per il fatto che in lui c’è
letizia, la memoria è triste per il fatto che in lei c’è tristezza? Forse che la memoria non è parte dello
spirito? Chi oserebbe affermarlo? In realtà la memoria è, direi, il ventre dello spirito, mentre letizia e
tristezza sono il cibo, ora dolce ora amaro. Quando i due sentimenti vengono affidati alla memoria,
passano in questa specie di ventre e vi si possono depositare, ma non possono avere sapore. È ridicolo
attribuire una somiglianza a due atti tanto diversi; eppure non c’è una dissomiglianza assoluta.
14. 22. Ma dirò di più: se asserisco che quattro sono i turbamenti dello spirito: desiderio, gioia, timore,
tristezza, attingo alla memoria, come tutte le discussioni che potrò impostare su di essi, suddividendoli
ognuno in specie proprie del loro genere e dandone le definizioni. Tutto ciò che ne dico, lo trovo e lo
traggo dalla memoria. Eppure all’atto di rievocarli col ricordo, non mi sento turbare da nessuno di quei
turbamenti; ed anche prima che li richiamassi e discutessi si trovavano nella mia memoria, altrimenti non
potevano essere attinti dal ricordo. Forse avviene come del cibo, che riesce dal ventre mediante la
ruminazione: così le impressioni riescono dalla memoria mediante il ricordo. Ma perché non si
percepiscono nella bocca del pensiero, mentre se ne discute e quindi si ricordano, la dolcezza della letizia
o l’amarezza della tristezza? Sarebbe qui la differenza, visto che la somiglianza delle due operazioni non è
totale? Nessuno infatti parlerebbe volentieri di queste cose, se, ogni qual volta nominiamo la tristezza o il
timore, inevitabilmente li provassimo. Eppure non potremmo parlarne, se non ritrovassimo nella nostra
memoria, oltre ai suoni delle parole, secondo le immagini che vi furono impresse dai sensi del corpo,
anche le notizie delle cose che esprimono e che non ricevemmo per nessuna porta della carne. Lo spirito
medesimo le sentì attraverso l’esperienza delle sue affezioni e le affidò alla memoria, oppure la memoria
le trattenne di sua iniziativa senza che le fossero affidate da altri.
Agostino – Confessioni pag. 84 di 134