Page 102 - Confessioni
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Parola umana e Verbo divino

                  6.  8.  Ma  come  parlasti?  Forse  così,  come  uscì  la  voce  dalla  nube  e  disse:  “Questo  è  il  Figlio  mio
                  diletto”?  Fu,  quella,  una  voce  che  si  produsse  e  svanì,  ebbe  un  principio  e  una  fine;  le  sue  sillabe
                  risuonarono e trapassarono, la seconda dopo la prima, la terza dopo la seconda e così via, ordinatamente,
                  fino all’ultima dopo tutte le altre, e al silenzio dopo l’ultima. Ne risulta chiaramente che venne prodotta
                  dal  moto  di  una  cosa  creata,  ministra  temporale  della  tua  verità  eterna;  e  queste  tue  parole  formate
                  temporaneamente  furono  trasmesse  dall’orecchio  esteriore  alla  ragione  intelligente,  il  cui  orecchio
                  interiore è accostato alla tua parola eterna. Ma la ragione, confrontando queste parole risuonate nel tempo,
                  con la tua parola silenziosa nell’eternità, disse: “È cosa assai diversa, assai diversa. Queste parole sono
                  assai più in basso di me, anzi neppure sono, poiché fuggono e passano.  La parola del mio Dio invece
                  permane sopra di me eternamente “. Se dunque con parole sonore e passeggere ti esprimesti per creare il
                  cielo e la terra, e così creasti il  cielo e la terra, esisteva già prima del cielo e della terra una creatura
                  corporea, i cui movimenti, avvenendo nel tempo, trasmettevano temporaneamente quella voce. Ma prima
                  del cielo e della terra non esisteva alcun corpo, o, se esisteva, l’avevi creato certamente senza una voce
                  passeggera, per trarne una voce passeggera con cui dire che fossero creati il cielo e la terra. Qualunque
                  fosse l’elemento necessario a formare una tale voce, non sarebbe affatto esistito fuori dalla tua creazione;
                  ma per creare il corpo necessario a tali parole, con quali parole avresti parlato?

                  Eternità del Verbo

                  7. 9. Così ci chiami a comprendere il Verbo, Dio presso te Dio, proclamato per tutta l’eternità e con cui
                  tutte le cose sono proclamate per tutta l’eternità. In esso non finiscono i suoni pronunciati, né altri se ne
                  pronunciano perché tutti possano essere pronunciati, ma tutti insieme ed eternamente sono pronunciati. In
                  caso diverso vi si troverebbe già il tempo, e mutamenti, e non vi sarebbe vera eternità né vera immortalità.
                  Lo so, Dio mio, e ti ringrazio; lo so, te lo confesso, Signore, e lo sa con me, e ti benedice, chiunque non è
                  ingrato verso la verità sicura. Noi sappiamo, Signore, sì, sappiamo che una cosa muore e nasce in quanto
                  cessa di essere ciò che era, e comincia a essere ciò che non era. Nulla dunque nella tua parola scompare o
                  appare, poiché davvero è immortale ed eterna. Con questa parola coeterna con te enunci tutto assieme e
                  per tutta l’eternità ciò che dici, e si crea tutto ciò di cui enunci la creazione. Non in altro modo, se non con
                  la parola, tu crei; ma non per questo si creano tutte assieme e per tutta l’eternità le cose che con la parola
                  crei.

                  Il Verbo nel tempo

                  8. 10. Perché ciò, di grazia, Signore Dio mio? Lo vedo in qualche modo, ma come esprimerlo non so.
                  Forse così: ogni essere che comincia e finisce, comincia e finisce quando la tua ragione eterna riconosce
                  che doveva cominciare o finire, la tua ragione, ove nulla comincia né finisce. Questa ragione appunto è il
                  tuo Verbo, che è anche il principio, perché anche ci parla. Parlò nel Vangelo mediante la carne e risuonò
                  esteriormente alle orecchie degli uomini, affinché credessero in lui e lo cercassero in sé e lo trovassero
                  nella  verità  eterna,  ove  il  buono  e  unico  Maestro  istruisce  tutti  i  suoi  discepoli.  Ivi  odo  la  tua  voce,
                  Signore, la quale mi dice che chi ci parla ci istruisce, chi non ci istruisce, per quanto parli, non ci parla.
                  Ora, chi ci istruisce, se non la verità immutabile? Anche quando siamo ammoniti da una creatura mutabile,
                  siamo condotti alla verità immutabile, ove davvero impariamo, ascoltando immoti. Ci prende la gioia alla
                  voce dello sposo, che ci restituisce a Colui da cui veniamo. Perciò è il principio. Se non fosse stabile,
                  mentre  noi  erriamo,  non  avremmo  dove  ritornare.  Invece  quando  torniamo  dai  nostri  errori,  torniamo
                  appunto perché conosciamo, e conosciamo perché lui ci insegna, in quanto è il Principio e ci parla.


                  Il lume della Sapienza

                  9. 11. In questo principio, o Dio, creasti il cielo e la terra: cioè nel tuo Verbo, nel tuo figlio, nella tua
                  virtù, nella tua sapienza, nella tua verità, con una parola straordinaria compiendo un atto straordinario.
                  Chi  potrà  comprenderlo?  chi  descriverlo?  Cos’è,  che  traspare  fino  a  me  e  mi  colpisce  il  cuore  senza
                  ferirlo? Timore e ardore mi scuotono: timore, per quanto ne sono dissimile; ardore, per quanto ne sono
                  simile.  La  Sapienza,  la  vera  Sapienza  traspare  fino  a  me,  squarciando  le  mie  nubi,  che  mi  ricoprono,
                  quando nuovamente mi allontano da lei, entro l’alta foschia del mio castigo. Il mio vigore si è indebolito




                  Agostino – Confessioni                                                   pag. 100 di 134
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