Page 105 - Confessioni
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cento anni non potranno essere tutti presenti. Considera ora se almeno quell’unico che è in corso sia
presente. Se è in corso il primo dei suoi mesi, tutti gli altri sono futuri; se il secondo, il primo è ormai
passato, gli altri non sono ancora. Dunque neppure l’anno in corso è presente tutto, e se non è presente
tutto, un anno non è presente, perché un anno si compone di dodici mesi, e ciascuno di essi, qualunque sia,
è presente quando è in corso, mentre tutti gli altri sono passati o futuri. Ma poi, neppure il mese in corso è
presente: è presente un giorno solo, e se il primo, tutti gli altri sono futuri; se l’ultimo, tutti gli altri sono
passati; se uno qualunque degli intermedi, sta fra giorni passati e futuri.
15. 20. Ecco cos’è il tempo presente, l’unico che trovavamo possibile chiamare lungo: ridotto
stentatamente alla durata di un giorno solo. Ma scrutiamo per bene anche questo giorno, perché neppure
un giorno solo è presente tutto. Le ore della notte e del giorno assommano complessivamente a
ventiquattro. Per la prima di esse tutte le altre sono future, per l’ultima passate, per qualunque delle
intermedie passate le precedenti, future le seguenti. Ma quest’unica ora si svolge essa stessa attraverso
fugaci particelle: quanto ne volò via, è passato; quanto le resta, futuro. Solo se si concepisce un periodo di
tempo che non sia più possibile suddividere in parti anche minutissime di momenti, lo si può dire
presente. Ma esso trapassa così furtivamente dal futuro al passato, che non ha una pur minima durata.
Qualunque durata avesse, diventerebbe divisibile in passato e futuro; ma il presente non ha nessuna
estensione. Dove trovare allora un tempo che possiamo definire lungo? Il futuro? Non diciamo certamente
che è lungo, poiché non è ancora, per poter essere lungo; bensì diciamo che sarà lungo. Quando lo sarà?
Se anche allora sarà ancora futuro, non sarà lungo, non essendovi ancora nulla, che possa essere lungo; se
sarà lungo allora, quando da futuro ancora inesistente sarà già cominciato ad essere e sarà diventato
presente, così da poter essere qualcosa di lungo, con le parole or ora riferite il tempo presente grida di non
poter essere lungo.
La misurazione del tempo
16. 21. Eppure, Signore, noi percepiamo gli intervalli del tempo, li confrontiamo tra loro, definiamo
questi più lunghi, quelli più brevi, misuriamo addirittura quanto l’uno è più lungo o più breve di un altro,
rispondendo che questo è doppio o triplo, quello è semplice, oppure questo è lungo quanto quello. Ma si
fa tale misurazione durante il passaggio del tempo; essa è legata a una nostra percezione. I tempi passati
invece, ormai inesistenti, o i futuri, non ancora esistenti, chi può misurarli? Forse chi osasse dire di poter
misurare l’inesistente. Insomma, il tempo può essere percepito e misurato al suo passare; passato, non
può, perché non è.
L’esistenza del passato e del futuro
17. 22. Io cerco, Padre, non affermo. Dio mio, vigilami e guidami. Chi vorrà dirmi che non sono tre i
tempi, come abbiamo imparato da bambini e insegnato ai bambini, ossia il passato, il presente e il futuro,
ma che vi è solo il presente, poiché gli altri due non sono? O forse anche gli altri due sono, però il
presente esce da un luogo occulto, allorché da futuro diviene presente, così come si ritrae in un luogo
occulto, allorché da presente diviene passato? In verità, chi predisse il futuro, dove lo vide, se il futuro
non è ancora? Non si può vedere ciò che non è. Così chi narra il passato, non narrerebbe certamente il
vero, se non lo vedesse con l’immaginazione. Ma se il passato non fosse affatto, non potrebbe in nessun
modo essere visto. Bisogna concludere che tanto il futuro quanto il passato sono.
Presenza del passato e del futuro
18. 23. Lasciami estendere, o Signore, la mia ricerca, tu, speranza mia. Fa’ che nulla disturbi il mio
sforzo. Se il futuro e passato sono, desidero sapere dove sono. Se ancora non riesco, so tuttavia che,
ovunque siano, là non sono né futuro né passato, ma presente. Futuro anche là, il futuro là non esisterebbe
ancora; passato anche là, il passato là non esisterebbe più. Quindi ovunque sono, comunque sono, non
sono se non presenti. Nel narrare fatti veri del passato, non si estrae già dalla memoria la realtà dei fatti,
che sono passati, ma le parole generate dalle loro immagini, quasi orme da essi impresse nel nostro animo
mediante i sensi al loro passaggio. Così la mia infanzia, che non è più, è in un tempo passato, che non è
più; ma quando la rievoco e ne parlo, vedo la sua immagine nel tempo presente, poiché sussiste ancora
nella mia memoria. Se sia analogo anche il caso dei fatti futuri che vengono predetti, se cioè si presentano
come già esistenti le immagini di cose ancora inesistenti, confesso, Dio mio, di non saperlo. So però
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